Aggiornamento sulla pandemia: 8 luglio 2022

I dati delle ultime 2 settimane hanno definitivamente confermato che l’agognata “tregua estiva” è stata solo un fugace miraggio. Attualmente tutti gli indicatori pandemici mostrano un netto peggioramento

C’è anche chi se la prende con “quei lavativi seriali, positivi al test COVID19, che non lavorano per settimane, sebbene asintomatici“, ma si tratta – a mio avviso – solo di un maldestro tentativo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal vero problema: gli ospedali italiani si stanno nuovamente riempiendo di pazienti Covid, sia nei reparti ordinari che in rianimazione

Abbiamo ricominciato a discutere del fatto che – a causa della vasta circolazione virale – molti dei pazienti Covid sono stati ricoverati per altri motivi e solo al momento dell’entrata in ospedale sono stati trovati positivi. Facendo alcune stime grossolane basate sul numero complessivo di persone ricoverate negli ospedali italiani e sulla circolazione virale media si ricava che, attualmente, circa la metà dei pazienti Covid ricoverati nei reparti ordinari appartiene alla categoria dei “positivi a loro insaputa“. 

Va comunque ricordato che i pazienti che – oltre a soffrire di altre patologie – risultano positivi non possono essere mescolati con i pazienti non Covid e questo incomincia a generare grossi problemi organizzativi negli ospedali italiani, già alle prese con la corsa per recuperare i forti arretrati e le assenze di personale dovute al periodo estivo.

Per coloro che sono ricoverati in rianimazione il discorso si fa più complicato: sono tutti pazienti in condizioni severe e quindi sono particolarmente sensibili alle eventuali complicanze che il contagio Covid può generare.

Insomma, non siamo arrivati al momento dell’allarme rosso, ma la situazione, specialmente in alcune realtà regionali, potrebbe diventare piuttosto critica entro la fine di questo mese di luglio.

Vediamo ora i dati, partendo da quello che – a mio avviso – è più significativo perché è quello più difficilmente manipolabile. Mi riferisco, in particolare, ai nuovi ricoveri nei reparti Covid di terapia intensiva, normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti:

Risulta abbastanza chiaro che il dato dei nuovi ricoveri in terapia intensiva è in forte salita. L’andamento ricorda quello registrato nello scorso mese di novembre (anche se c’è ancora speranza che la crescita venga bloccata prima che raggiunga i valori di fine 2021).

Non è un caso se, oltre a sollecitare le persone ultra 80enni a fare la quarta dose, le Autorità sanitarie stiano valutando la possibilità di estendere il richiamo a tutti coloro che hanno più di 60 anni.

Nuovi ricoveri settimanali nei reparti Covid di terapia intensiva degli ospedali italiani. L’ellisse rossa indica la forte salita che è stata registrata nel corso dell’ultimo mese. Elaborato su dati della Protezione Civile Nazionale

Anche i dati sul numero assoluto di persone ricoverate mostra una forte tendenza alla crescita. Ricordo però che questo dato può essere facilmente “abbellito” trasferendo una parte dei pazienti Covid non critici presso cliniche private e facendoli di fatto sparire dalle statistiche ufficiali. Ricordo inoltre che è prassi comune sottoporre a tampone con grande frequenza i pazienti Covid in modo da farli uscire dalle statistiche appena tornano negativi, anche se devono ancora restare in ospedale per curare le conseguenze della malattia.

Per questi motivi il numero complessivo dei pazienti Covid ricoverati negli ospedali italiani è un indicatore molto meno preciso rispetto al numero dei nuovi ricoveri nei reparti Covid di terapia intensiva.

La variazione percentuale registrata nel corso di una settimana del numero di posti letto occupati nei reparti Covid degli ospedali italiani mostra – nel corso delle ultime 2 settimane – una forte crescita, del tutto analoga (in termini percentuali, lo ricordo) rispetto a quella che era stata osservata tra la fine del 2021 e l’inizio dell’anno corrente.

Variazione percentuale, stimata su base settimanale, del numero di posti letto occupati nei reparti Covid (somma di tutti i reparti) degli ospedali italiani. Elaborato su dati della Protezione Civile Nazionale

Il dato sul numero dei contagi è ancora meno affidabile del dato relativo ai posti letto occupati. Attualmente molti positivi usano il cosiddetto “tampone fai-da-te” e si guardano bene dal denunciare la loro positività. Così evitano la quarantena e possono godersi l’estate e le agognate vacanze senza alcun intoppo. Secondo alcune fonti giornalistiche il numero dei positivi attuali potrebbe essere pari a circa 3 volte il numero dei positivi “ufficiali” (ad oggi circa 1,25 milioni). Si tratta di stime che potremmo definire “spannometriche“, difficilmente verificabili. 

Numero di contagi giornalieri in Italia. I valori sono mediati su base settimanale. Elaborato su dati della Protezione Civile Nazionale

Vi mostro infine il dato sui decessi che – come ben sappiamo – riflette l’andamento dei contagi con un certo ritardo temporale (tipicamente 2-3 settimane). Anche in questo caso si nota una risalita:

Decessi Covid settimanali normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti. Elaborato su dati della Protezione Civile Nazionale

Prima di concludere vorrei tornare al tema dei “positivi in libera circolazione“. Non sappiamo quanti siano, ma il loro numero è  certamente altissimo e non si tratta sempre di “ignari asintomatici“. Non credo neppure che siano molti gli stakanovisti che non si rassegnano a rinunciare al lavoro, a costo di contagiare i colleghi.

Questo fenomeno, accanto alla sostanziale abolizione dell’uso delle mascherine e di qualsiasi altra precauzione atta a contrastare il contagio, ha certamente favorito l’aumento della circolazione virale. 

Questi atteggiamenti sono in qualche modo giustificati dal “mantra” che sentiamo ripetere dalle Autorità politiche e dai mezzi di informazione secondo cui la pandemia sarebbe ormai una storia del passato.

Comprensibilmente le persone sono stanche, preoccupate dalla guerra e dalle criticità di natura economica e vorrebbe vivere “come se SARS-CoV-2 non ci fosse più“. Purtroppo il virus è vivo e vegeto e le nuove sub-varianti di Omicron (BA.4 e BA.5) sono anche particolarmente contagiose.

Quello che sta succedendo oggi potrebbe essere solo un piccolo anticipo di quanto potrebbe succedere durante il prossimo inverno. Il grande caldo del mese di giugno ha favorito lo spostamento di molte attività dal chiuso all’aperto. Anche la chiusura delle Scuole ha contribuito a ridurre le occasioni di contagio. Quando, in inverno, ci ritroveremo tutti in luoghi chiusi e affollati rischieremo di precipitare in una situazione sanitaria veramente critica. 

Questo discorso non vuole assolutamente dire che nel nostro futuro ci possano essere provvedimenti di stampo “cinese” con rigidi lockdown, tamponi di massa e severi limiti agli spostamenti delle persone. Possiamo continuare a “convivere con il virus“, ma dovremo fare di più per proteggere i più fragili. 

In questo momento si discute molto di un richiamo autunnale da fare con una versione aggiornata del vaccino. In realtà i vaccini che saranno disponibili in autunno saranno probabilmente aggiornati a Omicron BA.1 (la versione che circolava all’inizio di quest’anno) e non dovrebbero essere particolarmente efficaci (almeno per quanto riguarda la protezione da qualsiasi forma di contagio) rispetto al virus attuale (Omicron BA.4 e BA.5). Tra l’altro – da oggi fino a dicembre – c’è tutto il tempo affinché Omicron BA.4 e BA.5 siano sostituiti da altri ceppi virali. 

In altre parole, la corsa tra il vaccino e le mutazioni virali è una corsa in cui il virus ha le più alte probabilità di vittoria

Un discorso diverso riguarda la protezione che il vaccino garantisce rispetto ai contagi più gravi. Oggi ancora non sappiamo se un richiamo fatto con un vaccino aggiornato ad Omicron BA.1 offra una protezione contro i contagi più gravi più alta rispetto al vaccino “tradizionale” (quello usato fino ad oggi che è stato sviluppato usando il ceppo originale di Wuhan). Non ci sono ancora dati affidabili e gli esperti hanno fin qui manifestato opinioni diverse. Nei prossimi mesi la questione sarà probabilmente chiarita.

In attesa di capire quale sia la migliore strategia da adottare a livello vaccinale, c’è qualcosa che potremmo già fare e che – purtroppo – spesso non viene fatto a causa della lentezza delle burocrazie sanitarie. Mi riferisco, in particolare, alla somministrazione precoce a tutti i soggetti positivi a rischio (anziani o persone affette da particolari patologie) dei costosi antivirali che il Governo italiano ha acquistato e che possono ridurre sensibilmente l’insorgenza di gravi complicanze, tali da comportare un ricovero ospedaliero o addirittura il decesso.

A causa dei ritardi e dello scarso coordinamento tra ospedali e medici di famiglia rischiamo che molti pazienti si aggravino mentre i farmaci che avrebbero potuto salvarli rimangono inutilizzati nei magazzini.

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