La non-notizia del passaggio obbligatorio all’auto elettrica

La decisione delle Autorità europee di bloccare la vendita di auto a combustione interna a partire dal 2035 è stata accolta con molte polemiche. Molti non sanno che tra pochi anni le auto elettriche costeranno meno di quelle tradizionali. E allora comprare un’auto elettrica sarà comunque la prima scelta per tutti gli acquirenti.

Salvo future deroghe o spostamenti della data limite, il punto è molto chiaro: “basta con le auto che utilizzano motori a combustione interna (incluse le cosiddette “ibride”) e dal 2035 in poi le auto nuove potranno essere solo elettriche“.

Molti quotidiani hanno presentato questa decisione come una sorta di “fuga in avanti” che avrebbe bruciato i tempi della transizione ecologica, mettendo a rischio l’eccellenza motoristica di alcuni Paesi tra cui l’Italia. A mio avviso si tratta di una non-notizia e vi spiego perché.

I prezzi delle auto elettriche stanno scendendo

Attualmente il costo di acquisto di un’auto nuova elettrica è ancora superiore rispetto a quella di un modello (di analoghe dimensioni) alimentato con un motore a benzina (o diesel). Se non ci fossero forti incentivi statali, solo poche persone particolarmente attente ai temi ambientali acquisterebbero un’auto elettrica, ma le cose sono destinate a cambiare nel giro di pochi anni.

Infatti si prevede che nella seconda metà di questa decade (tra il 2026 ed il 2030) il costo delle auto elettriche (senza più alcun incentivo) scenderà sotto a quello delle auto con motore a combustione interna e continuerà a scendere (al netto dell’inflazione, naturalmente) negli anni successivi.

Costo di una batteria al litio per uso automobilistico con una capacità di accumulo pari a 75 kWh. Il prezzo è espresso in US$ ed è corretto per l’inflazione. Dal 2010 al 2020 il costo è disceso di oltre un fattore 8 ed è destinato a scendere ulteriormente nel corso dei prossimi anni. Elaborato su dati BloombergNEF. Il prezzo mostrato è quello per le batterie che vengono installate su veicoli completamente elettrici (EV). Il prezzo delle batterie che vengono installate sui veicoli ibridi plug-in (PHEV) è decisamente più alto (più del doppio rispetto alle batterie destinate ai veicoli EV) perché hanno caratteristiche tecniche diverse

Questo calo è da attribuire alla discesa del costo delle batterie al litio che, oltre a migliorare dal punto di vista prestazionale, costeranno sempre meno. Il calo dei prezzi sarà legato sia alle cosiddette “economie di scala” che si realizzano quando aumentano i volumi produttivi, sia ai miglioramenti tecnologici che progressivamente arriveranno sul mercato.

Quando nel 2035 scatterà il divieto di vendita di auto nuove dotate di motore a combustione interna il loro mercato sarà già stato ridotto all’osso dalla concorrenza delle auto elettriche. Se volessimo continuare a vendere auto a combustione interna dopo il 2035 dovremmo introdurre incentivi per chi le compra, ma si tratta ovviamente di una ipotesi poco realistica.

Qualcuno sostiene l’idea che si potrebbe continuare a produrre auto con motore a combustione interna sostituendo i carburanti di origine fossile con biocarburanti (ad impatto zero per quanto riguarda le emissione di CO2). Potrebbe essere un’idea per coprire mercati di dimensioni limitate (ad esempio, i mezzi usati in agricoltura). Tuttavia se si pensasse seriamente ad un uso intensivo dei biocarburanti non si può dimenticare che un tale approccio sottrarrebbe alla produzione di cibo una parte consistente delle terre coltivabili. In un mondo nel quale intere popolazioni soffrono la fame, non mi sembra un’idea brillante.

Tutto pronto per il passaggio all’auto elettrica?

Purtroppo le cose sono un po’ più complicate di quanto appaia a prima vista.

Attualmente circolano in Italia circa 40 milioni di autoveicoli (non discuto quello che succederà per i mezzi pesanti come autobus e camion che costituiscono una parte importante dei mezzi in circolazione, ma per i quali valgono considerazioni che si sovrappongono solo in parte rispetto a quelle fatte per le autovetture).

Anche se la sostituzione non sarà immediata (si prevede che un numero significativo – ancorché decrescente – di auto a combustione interna circolerà fino al 2050), il rapido aumento del numero di auto elettriche in circolazione porrà una serie di problemi che – per essere affrontati – richiedono una immediata e seria programmazione.

In particolare, bisognerà installare milioni di colonnine di ricarica, mentre la rete dei distributori di carburante verrà progressivamente smantellata. Per chi possiede un garage privato (o almeno un posto macchina) sarà abbastanza facile installare un punto di ricarica. Tuttavia – soprattutto nelle grandi città – ci sono milioni di automobili che vengono parcheggiate lungo le strade. Se dovessimo installare colonnine di ricarica ovunque dove c’è un parcheggio, i marciapiedi delle nostre città verrebbero stravolti.

Ammettendo di riuscire ad installare tutte le colonnine di ricarica necessarie, dovremo comunque produrre abbastanza energia elettrica per alimentarle. Dovrebbe essere, idealmente, energia prodotta da fonti rinnovabili perché se pensassimo di costruire nuove centrali termoelettriche alimentate a combustibili fossili per alimentare le auto elettriche avremmo semplicemente spostato il problema della emissione di CO2 (e degli scarichi inquinanti) dalle singole auto alle centrali (cosa che potrebbe produrre un certo miglioramento della qualità dell’aria nei centri cittadini, ma non risolverebbe il problema delle emissioni globali).

Può essere interessante domandarci quanta sia l’energia elettrica che dovremmo produrre in più per rispondere alla richiesta legata alla autotrazione con motori elettrici. Non ci sono stime precisissime, ma possiamo calcolare un ordine di grandezza.

La circolazione media annuale di un’auto in Italia è dell’ordine di 10 mila km. Il consumo di un’auto elettrica di dimensioni medie (ad esempio, una Tesla model C) è compreso tipicamente tra 12 e 15 kWh per ogni 100 km. Parlo del valore dichiarato dalla case produttrici, stimato secondo il cosiddetto standard WLPT (Worldwide Harmonised Light Vehicle Test Procedure). Questo standard corrisponde ad un percorso misto, fatto a 2 diverse temperature e descrive abbastanza bene quello che succede nei percorsi cittadini o per piccoli spostamenti al di fuori delle città, a temperature non troppo basse.

Tuttavia se un’auto elettrica viene usata prevalentemente in autostrada i consumi possono salire considerevolmente. Un altro aumento significativo dei consumi si può osservare nei percorsi brevi fatti, alla basse temperature invernali, da auto elettriche che vengono parcheggiate all’aperto (il consumo di energia è maggiore, soprattutto subito dopo l’avvio, perché bisogna scaldare l’auto e la batteria stessa).

Quello del cattivo funzionamento delle batterie quando le temperature scendono verso lo zero è un problema ben noto ed i costruttori stanno cercando di risolverlo. Probabilmente, entro qualche anno, si troveranno soluzioni migliori, ma oggi il problema esiste.

Alla luce di queste considerazioni ha senso assumere un consumo medio superiore al dato WLPT, diciamo 20 kWh per ogni 100 km (parliamo – lo ricordo – di una stima che non pretende di essere troppo accurata).

Se d’incanto tutti i 40 milioni di auto circolanti in Italia fossero trasformati in modelli elettrici, il consumo complessivo di energia elettrica sarebbe dell’ordine di 80 TWh/anno (1 TWh – si legge tera-watt-ora – corrisponde ad un miliardo di kWh, l’unità di misura con cui siamo abituati a contare l’energia nelle nostre bollette elettriche).

Attualmente in Italia consumiamo complessivamente circa 320 TWh/anno, di cui solo il 90% prodotto in Italia (il resto lo importiamo dall’estero).

L’energia elettrica aggiuntiva che sarà necessaria quando la grande maggioranza delle auto sarà a trazione elettrica corrisponde – come ordine di grandezza – al 25% dei consumi attuali.

A meno di ipotizzare improbabili massicce campagne di risparmio energetico che comprimano gli altri consumi, è chiaro che oggi non disponiamo di tutta l’energia elettrica necessaria per alimentare un consistente parco di auto elettriche.

Ovviamente, come ricordato precedentemente, la trasformazione non sarà istantanea e quindi c’è il tempo per adeguarci al cambiamento, ma bisognerà iniziare subito e sarà necessario adeguare sia la nostra capacità produttiva che la rete di distribuzione.

L’impatto sulle aziende italiane

In Italia sono ancora poche le aziende che si sono preparate per cogliere le opportunità che si apriranno con il progressivo passaggio alle auto a trazione elettrica. Ci sono alcuni progetti in fase di partenza, ma il grosso delle nostre aziende legate al settore motoristico è molto ancorata al passato.

I cambiamenti in atto avranno un forte impatto sulle aziende che si occupano delle produzione di componentistica per motori a combustione interna e che riforniscono i costruttori d’auto di tutta Europa. Secondo alcune stime sono a rischio da 30 a 60 mila posti di lavoro.

Alcune di queste aziende sono già in sofferenza a causa delle conseguenze dello scandalo noto come “diesel gate” che ha inciso pesantemente sulla produzione di componentistica per motori diesel, ma ora il sistema rischia un vero e proprio collasso (anche se c’è ancora un certo spazio per chi produce parti di ricambio destinate alla manutenzione dei mezzi circolanti).

Alcune aziende – soprattutto quelle a più alta specializzazione nell’utilizzo di materiali avanzati – avranno maggiori probabilità di trovare mercati alternativi, ma altre dovranno fatalmente chiudere. Un destino – lo ripeto – che non dipende dalle scelte delle Autorità europee che si sono limitate a prendere atto dell’evoluzione del mercato.

Anche qui si tratterà di intervenire per promuovere le necessarie riconversioni industriali e per proteggere i lavoratori che più difficilmente potranno essere ricollocati.

Un altro problema importante riguarderà la rete di distribuzione dei carburanti che annualmente rifornisce gli utenti italiani con circa 33 milioni di tep (1 tep è una unità di misura convenzionale che corrisponde ad una tonnellata equivalente di petrolio). Si tratta di una rete diffusa sul territorio che sarà utilizzata sempre meno, man mano che diminuirà il numero di veicoli circolanti dotati di motori a combustione interna.

Profonde trasformazioni riguarderanno anche le raffinerie dove i carburanti sono prodotti. Il petrolio continuerà ancora per molti anni ad essere la materia prima per un gran numero di lavorazioni chimiche e quindi le raffinerie dovranno attuare un processo di razionalizzazione e riconversione, ma anche in questo settore non mancheranno i problemi.

In conclusione, non sarà una passeggiata e molti settori industriali rischiano di entrare in sofferenza. Ma non sarà un fenomeno improvviso ed inaspettato. Abbiamo il tempo per gestire il cambiamento, programmando adeguatamente i necessari investimenti.

Risposte a “La non-notizia del passaggio obbligatorio all’auto elettrica”

  1. Avatar Lorenzo
    Lorenzo

    Due domande: se il passaggio all’elettrico è nella natura delle cose (e nelle leggi del mercato) che bisogno c’era che l’UE prevedesse la deadline per i motori endotermici nel 2035? Non sarebbe più opportuno si occupasse di adottare, attraverso opportuni provvedimenti, politiche che vadano a mitigare le conseguenze negative dell’inesorabile trasformazione in atto, di cui fa cenno nelle conclusioni del suo intervento?
    Mille grazie per il suo blog, per i suoi articoli e per l’eventuale risposta

    1. Avatar Davide Bassi

      Credo che sia stato comunque importante fissare dei tempi certi, soprattutto se si vuole che le aziende programmino per tempo tutte le azioni necessarie per la loro riconversione.
      Altrimenti c’è il rischio che quando – tra qualche anno – il mercato si chiuderà, ci siano interi settori industriali obsoleti da tenere in vita artificialmente a spese del contribuente (il vecchio modello FIAT per intenderci).
      Il segnale mandato dall’Unione Europea è chiaro: nessuno potrà dire di non essere stato avvisato.

  2. Avatar In California
    In California

    Siamo sicuri di essere davvero pronti per l’auto elettrica?
    Marco Giuliani – Today – 05 settembre 2022

    In California a causa del grande caldo e della maggiore richiesta energetica è stato chiesto ai possessori di vetture elettriche di non ricaricare nelle ore di punta poiché si rischiano blackout e razionamenti.

    L’Unione Europea nei mesi scorsi ha imposto lo stop alla produzione di auto a benzina e diesel dal 2035, un provvedimento al quale si è unita anche la California, che ha recentemente approvato un disegno di legge del tutto simile a quello dell’UE.

    Ad ogni modo, proprio dal “Golden State”, arriva una notizia che ci porta a chiederci se siamo davvero pronti per l’avvento di massa delle auto elettriche.

    Nei giorni scorsi il California Indipendent System Operator, compagnia che gestisce la rete elettrica statale, ha chiesto ai proprietari di veicoli elettrici di limitare la finestra temporale in cui ricaricano la propria vettura.

    La richiesta fatta ai californiani è dovuta alle alte temperature che in questi giorni stanno investendo gli Stati Uniti, in particolare nelle zone più calde. Stretti nella morsa del calore, gli americani fanno un massiccio ricorso all’aria condizionata e la domanda di energia si fa sempre più alta.

    Non è la prima volta che il caldo estremo colpisce i guidatori di veicoli elettrici. Durante un’ondata di caldo che ha colpito il Texas a giugno, Tesla ha chiesto ai suoi clienti di evitare di caricare le auto nelle ore di punta.

    Gli alert della California sono stati ridicolizzati dai media più conservatori, dai repubblicani e dai difensori delle industrie del gas e del carbone, i quali si oppongono fermamente agli sforzi per ridurre l’impronta carbonica responsabile del cambiamento climatico a livello globale, anche perché nessun auto con motore endortermico ha mai avuto problemi di rifornimento dovuti al caldo.

    “Questa richiesta viene dallo stesso stato che costringerà tutti ad acquistare auto elettriche entro il 2035″, ha dichiarato su Twitter il deputato della Louisiana Steve Scalise, “questo succede con i democratici al potere, e pensare che vogliono obbligare a fare lo stesso tutta la nazione. Che idiozia!”.

    Il governo californiano si difende: “Non abbiamo detto di non ricaricare le auto” ha precisato Erin Mellon, portavoce del governatore Gavin Newsom “abbiamo solo chiesto di non caricarle dalle 16 alle 21”. Ma a detta di Elaine Borseth, presidente dell’Electric Vehicle Association “quasi nessuno carica l’auto in quella fascia oraria perché costa di più”.

    1. Avatar Davide Bassi

      Il problema vero, come ho più volte sottolineato nei miei post è quello di riuscire a produrre tutta l’energia elettrica necessaria, nel momento in cui viene richiesta.

      Passando dalla California all’Italia, se tutti gli italiano passassero improvvisamente all’auto elettrica, vedremmo aumentare i consumi di energia elettrica del 25% rispetto ai livelli attuali. Ricordando che già oggi produciamo solo il 90% dell’energia elettrica che consumiamo (il resto lo importiamo dall’estero), è facile renderci conto delle difficoltà da affrontare per tenere testa ad un così rilevante aumento dei consumi. Anche perché – aldilà dell’auto elettrica – i consumi di energia elettrica sono destinati a crescere per numerosi altri motivi (ad esempio, a causa delle progressiva sostituzione delle centraline a gas per il riscaldamento domestico con pompe di calore elettriche).

      Quindi possiamo tranquillamente affermare che – almeno per il momento – NON SIAMO AFFATTO PRONTI a gestire la transizione energetica.

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