Anche il cemento potrebbe diventare “carbon-neutral”

La produzione mondiale del cemento (poco più di 4 miliardi di tonnellate) è responsabile di circa il 7% delle emissioni globali di CO2, circa il doppio delle emissioni legate al trasporto aereo. I produttori di cemento stanno cercando di ridurre il loro impatto climatico, ma c’è un passaggio su cui è molto difficile fare progressi.

Mi riferisco, in particolare, al trattamento del calcare (carbonato di calcio) che, dopo essere stato estratto dalle cave, viene scaldato ad alta temperatura liberando anidride carbonica che viene rilasciata nell’atmosfera. Se invece di usare il calcare di cava si potesse utilizzare un calcare di origine biologica il problema sarebbe in gran parte risolto perché l’anidride carbonica emessa verrebbe successivamente riassorbita dal processo biologico che produce nuovo calcare. In altri termini, potremmo parlare di una forma di calcare “rinnovabile“.

Recentemente presso l’Università di Boulder (Colorado, USA) sono stati fatti passi significativi nella produzione di calcare utilizzando coccolitofori, alghe monocellulari marine (ma vivono anche in acqua dolce) che, sotto l’azione del sole, riescono a fissare anidride carbonica sotto forma di carbonato di calcio (utilizzato per la costruzione del loro esoscheletro). Sono gli stessi organismi che talvolta sono responsabili di intense “fioriture algali” che sono visibili anche da satellite.

Scansione al microscopio elettronico dell’esoscheletro di una specie di coccolitofori denominata Emiliania huxleyi. (Crediti: Wikimedia Commons / Alison R. Taylor, University of North Carolina Wilmington Microscopy Facility)

La velocità di produzione del calcare da parte dei coccolitofori è la più alta osservata in natura (più veloce dei coralli) e da qui è venuta l’idea di selezionare queste alghe e di coltivarle al fine di produrre calcare di origine biologica.

I risultati ottenuti presso l’Università di Boulder sono stati molto incoraggianti ed attualmente si sta valutando l’opportunità di passare alla produzione di bio-calcare su scala industriale.

Pur essendo ancora troppo presto per capire quale potrebbe essere l’impatto reale di questa nuova tecnologia sulla produzione del cemento, ci sono ragionevoli speranze che metodi di tipo biologico possano contribuire a ridurre significativamente le emissioni di anidride carbonica anche in questo settore (senza contare che tali approcci ridurrebbero anche le estrazioni da cava che, come ben sappiamo, hanno un pesante impatto paesaggistico).

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