Covid, RSA e risparmio energetico

Risparmio energetico e rispetto delle norme sanitarie relative alla qualità dell’aria non vanno d’accordo, soprattutto se le strutture più a rischio non si dotano di adeguati impianti tecnologici. A quasi 3 anni dall’inizio della pandemia non sono stati ancora fatti gli investimenti necessari e si procede ancora secondo una logica emergenziale.

Le residenze per anziani sono notoriamente uno dei posti “a rischio elevato” per i possibili danni provocati dalla pandemia. L’alta concentrazione di “grandi anziani”, spesso affetti da una o più gravi patologie, rende questi luoghi particolarmente vulnerabili. Quando il virus incomincia a girare, i contagi si propagano a macchia d’olio. L’arrivo dei vaccini ha decisamente migliorato la situazione, riducendo sensibilmente la mortalità indotta dalla Covid-19, ma sappiamo che i vaccini non sempre funzionano al meglio quando vengono somministrati a persone in età avanzata.

Rimane quindi essenziale cercare di ridurre al minimo il numero dei contagi, obiettivo oggettivamente non facile, soprattutto nei momenti caratterizzati da una elevata circolazione virale.

Un lettore mi segnala l’intervista rilasciata dalla Direttrice di una Residenza per anziani del Trentino che, a proposito del caldo torrido delle ultime settimane e delle lamentele ricevute per il caldo patito dagli anziani ospiti, dichiara:

La nostra struttura è dotata di un sistema di ricambio dell’aria con raffrescamento, potenziato nelle aree comuni dai condizionatori. In questo momento l’impianto di raffrescamento non è così performante perché, a causa delle misure Covid, è necessario prendere l’aria dall’esterno visto che non è permesso riciclare quella, già più fresca, all’interno della struttura”.

Non ho dubbi che la Direttrice abbia seguito scrupolosamente le indicazioni ricevute dalle Autorità politiche e sanitarie del Trentino, ma è fin troppo banale osservare che questa è la terza estate con il Covid-19 e la stiamo affrontando con una approccio di emergenza simile a quello dell’estate 2020. Senza dimenticare che un problema simile si porrà anche quest’inverno quando, al posto dell’aria condizionata, dovremo attivare il riscaldamento.

Cambiare completamente aria invece di riciclarne almeno una parte è una soluzione che funziona dal punto di vista sanitario, ma produce un enorme spreco energetico.

A parte le ricadute ambientali, il recente forte aumento dei costi energetici produrrà un extra-costo che andrà ad incidere pesantemente sui bilanci – già abbastanza problematici – delle Residenze per anziani. Analoghi ragionamenti si possono fare per gli edifici adibiti a Scuole o Uffici pubblici e a tutte quelle altre strutture i cui costi di gestione vanno a gravare – direttamente o indirettamente – sul bilancio pubblico.

Eppure le soluzioni tecniche per ridurre questi sprechi esistono e sono ben collaudate. Si possono dotare gli impianti di ricircolo dell’aria di sistemi di sanificazione che abbattono virus e batteri, oppure si possono introdurre degli scambiatori di calore che consentono di trasferire energia tra l’aria che viene scaricata verso l’esterno e l’aria entrante. In tal modo si riducono drasticamente gli sprechi energetici.

Sono passati 2 anni e mezzo dall’inizio della pandemia ed è stato fatto molto poco per migliorare la situazione. Operiamo con le norme di emergenza attivate all’inizio della pandemia e non sono stati programmati per tempo gli interventi tecnici che – aldilà del rischio Covid – avrebbero comunque migliorato la sicurezza sanitaria delle strutture, riducendo anche i costi di gestione.

Grazie ai prezzi dell’energia alle stelle, finalmente anche i nostri burocrati si dovrebbero accorgere che non ha più senso affrontare la Covid-19 secondo una logica emergenziale, ma che sarebbe più opportuno lavorare per trovare soluzioni strutturali.

Come si dice: “sperem!”.

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