Le pompe di calore sono una tecnologia molto interessante per la climatizzazione degli edifici, sia d’estate che d’inverno. Possono produrre consistenti risparmi dei consumi energetici, utili sia per il clima che per il portafoglio. Ma ci sono dei limiti ben precisi per il loro utilizzo.
Se avete letto il mio post sui consumi energetici italiani, forse vi sarete sorpresi scoprendo che le pompe di calore precedono (dati 2019) il solare fotovoltaico e l’eolico per la quantità di energia rinnovabile prodotta annualmente. Il dato delle pompe di calore corrisponde ad oltre la metà dell’energia prodotta dagli impianti idroelettrici. Si tratta di numeri di tutto rispetto, suscettibili di un ulteriore aumento.
Se qualche mio vecchio studente di ingegneria o di fisica sta leggendo questo post forse ricorderà che una domanda sulle pompe di calore era altamente probabile quando facevo gli esami orali di Fisica generale I. Era una domanda facile perché una pompa di calore non è altro che “un frigorifero utilizzato in un modo diverso dal solito“.
Una pompa di calore (analogamente a quanto fa un frigorifero) preleva calore (raffredda) da un corpo a temperatura più bassa e lo cede (riscalda) ad un corpo a temperatura più elevata. Mentre in un comune frigorifero siamo interessati all’effetto del raffreddamento e ci disinteressiamo del calore diffuso dalla serpentina che si trova localizzata sul retro dell’elettrodomestico, nel caso di una pompa di calore usiamo esattamente la parte che equivale alla serpentina del frigorifero per scaldarci.
Il grande vantaggio delle pompe di calore è quello di fornire (in condizioni ottimali) una quantità di calore che può arrivare fino a 4-5 volte la quantità di energia elettrica consumata. In altre parole, se al posto di una pompa di calore mettessimo una stufetta elettrica, alla fine i costi in bolletta sarebbero, a parità di calore fornito, 4 o 5 volte superiori.
AI fini climatici, dobbiamo ricordare che se l’energia elettrica che alimenta la pompa di calore non proviene da fonti rinnovabili va messa nel conto la CO2 che viene rilasciata dalle centrali termoelettriche dove l’energia viene prodotta.
Tuttavia è facile verificare che, a parità di calore fornito, le emissioni di gas serra di una pompa di calore sono relativamente basse anche se la pompa non è alimentata con energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Tali emissioni sono decisamente inferiori rispetto a quelle di una caldaia a gas.
Tra i vantaggi delle pompe di calore va annoverato il fatto che molti modelli sono reversibili, ovvero possono essere utilizzati – previa inversione del ciclo – per il raffrescamento estivo degli edifici.
A questo punto vi domanderete come mai ci siano ancora tante persone che si ostinano a non installare le pompe di calore nelle loro abitazioni. La risposta è, in parte, economica (alti costi dell’investimento iniziale), ma bisogna tenere conto anche dei limiti termodinamici che condizionano l’efficienza energetica degli impianti.
Oltre ai costi di costruzione e di installazione che sono più alti rispetto ad una caldaia a gas, le pompe di calore sono piuttosto rumorose, caratteristica che rende consigliabile la loro installazione in un locale ben separato rispetto al resto dell’abitazione.
I limiti termodinamici sono legati al fatto che la pompa di calore deve raffreddare un ambiente esterno (tipicamente aria, acqua o terreno), trasferendo il calore così recuperato all’interno dell’abitazione. Il rendimento della pompa di calore (rapporto tra calore ceduto ed energia elettrica assorbita) è – aldilà dei limiti legati alle irreversibilità presenti nei dispositivi reali – tanto più alto quanto minore è la differenza di temperatura tra l’abitazione che viene riscaldata e l’ambiente esterno da cui si preleva il calore. In pratica, se pensate di scaldare casa prelevando calore dall’aria quando la temperatura esterna scende sotto -10 °C vi accorgerete che la vostra pompa di calore andrà in affanno.
La situazione è assai meno critica se potete accedere ad un pozzo in modo che il vostro impianto recuperi calore dall’acqua di falda. Poiché la temperatura dell’acqua di falda cambia poco nel corso dell’anno, la pompa di calore opererà sempre in condizioni prossime ai valori ottimali.
Un discorso analogo si può fare per gli impianti dotati di sonde geotermiche. Una pompa di calore accoppiata ad una sonda del diametro di alcuni centimetri che arriva alla profondità di circa 100 metri (dove la temperatura è stabile durante tutto l’anno ed è pari a 10-15 °C) fornisce l’energia necessaria per riscaldare una abitazione mono-famigliare.
Ovviamente quando si preleva calore dall’acqua o dal terreno i costi di installazione aumentano significativamente. Inoltre tali impianti non possono essere realizzati ovunque e possono essere sottoposti ad autorizzazione preventiva da parte delle Autorità locali.
Le pompe di calore sono ottime per lavorare con impianti di riscaldamento a pavimento radiante, ma non funzionano bene con i normali termosifoni che hanno bisogno di acqua riscaldata a temperatura molto più elevata. Di conseguenza, ha senso installare una pompa di calore solo se l’abitazione è nuova o è completamente ristrutturata, mentre sarebbe addirittura dannoso inserirla al posto di una caldaia a gas quando si utilizza un vecchio impianto di riscaldamento dotato di termosifoni.
Il recente aumento dei costi energetici ha reso ancora più attuali le prospettive di una accelerazione nella diffusione delle pompe di calore. I diversi piani energetici elaborati a livello nazionale ed europeo prevedono di incentivare (obbligare) l’installazione di pannelli solari, sistemi di accumulo dell’energia elettrica e pompe di calore per aumentare il numero di abitazioni che siano classificabili “ad emissioni zero“.
Va da sé che, poiché parliamo del controllo della temperatura interna degli edifici, un ruolo determinante è giocato dai sistemi di isolamento termico, in assenza dei quali avrebbe poco senso discutere del rendimento termico degli impianti di riscaldamento (o di raffrescamento estivo).
Lascia un commento