Si può distinguere l’anidride carbonica emessa dai combustibili fossili rispetto a quella di altra origine?

Alcuni mettono in dubbio che l’innalzamento del livello di CO2 nell’atmosfera (mai così alto come adesso durante gli ultimi 800mila anni) sia stato causato dall’uso intensivo dei combustibili fossili. Analizzando la composizione isotopica della CO2 atmosferica si possono fare scoperte interessanti.

I dati mostrati in figura evidenziano l’esistenza di una correlazione tra l’aumento di anidride carbonica presente nell’atmosfera e le emissioni di CO2 dovute all’utilizzo di combustibili fossili (circa 36 miliardi di tonnellate nel 2021 che si aggiungono ai circa 3.000 miliardi di tonnellate già presenti nell’atmosfera).

Emissioni di CO2 di origine fossile (linea blu, con scala verticale a destra) e concentrazione di CO2 nell’atmosfera (linea magenta, con scala verticale a sinistra) a partire dal 1750 fino ad oggi. (Crediti: NOAA climate.gov)

Si stima che, annualmente, circa metà delle emissioni di CO2 di origine antropica (uso di combustibili fossili e deforestazione) siano compensate da un incremento della quantità di anidride carbonica assorbita dagli ecosistemi terrestri e dagli oceani, mentre l’altra metà vada ad aumentare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera.

Le emissioni di CO2 provocate dall’utilizzo dei combustibili fossili sono responsabili del fenomeno del riscaldamento globale provocato dal cosiddetto “effetto serra“. A seconda di quello che verrà fatto per limitare le emissioni originate dai combustibili fossili, si possono prevedere diversi scenari da oggi fino al 2100:

Emissioni annuali di carbonio di origine fossile (espresse in miliardi di tonnellate). La curva nera corrisponde ai dati storici mentre le curve colorate corrispondono alle previsioni da oggi fino a fine secolo basate sui diversi scenari ipotizzati dall’IPCC. La linea rossa mostra lo scenario “business as usual” ovvero nessuna limitazione all’uso dei combustibili fossili (almeno finché non si esauriranno!). Si noti che il dato si riferisce al solo contenuto di carbonio. Per trasformarlo nelle emissioni di CO2 il valore va moltiplicato per 3,67. La figura più piccola inserita all’interno di quella grande mostra l’andamento della CO2 presente nell’atmosfera terrestre

Per renderci conto della rapidità con cui la concentrazione della CO2 atmosferica sta aumentando basta vedere come è cambiato il dato durante gli ultimi 800mila anni:

Andamento della concentrazione della CO2 atmosferica durante gli ultimi 800mila anni. In questa scala l’aumento registrato dal 1850 in poi appare come una retta quasi verticale, evidenziata in colore rosso.

Coloro che negano l’origine antropica del riscaldamento globale pensano che la correlazione tra l’uso dei combustibili fossili e il rapido e inusuale aumento del livello di anidride carbonica nell’atmosfera sia del tutto casuale.

Secondo questi negazionisti il recente aumento della CO2 atmosferica potrebbe essere stato causato da un qualche fenomeno naturale che avrebbe alterato il ciclo che governa l’interscambio di CO2 tra i 3 grandi serbatoi terrestri (atmosfera, eco-sistemi terrestri e oceani):

Rappresentazione schematica dei flussi annuali che avvengono tra i 3 grandi serbatoi dell’anidride carbonica: atmosfera, ecosistemi terrestri ed oceani. I dati sono espressi in miliardi di tonnellate di carbonio. Per trasformarli nei flussi di CO2 il valore va moltiplicato per 3,67. I numeri neri corrispondono alle stime relative al periodo pre-industriale (anno 1750), mentre i dati rossi mostrano la variazione che è intervenuta dal 1750 in poi

Chi sostiene tali posizioni non spiega quali potrebbero essere le cause naturali che avrebbero determinato il fenomeno, ma ne ipotizza solo l’esistenza. Se si trattasse di una disputa tra scienziati all’interno di un laboratorio potremmo pensare di ripetere l’esperimento fino a che tutti non si saranno convinti della bontà delle spiegazioni fornite per descriverlo. Ma nel caso del riscaldamento globale noi e nostri figli facciamo parte dell’esperimento e se le cose dovessero andare secondo i peggiori scenari ipotizzati dalla grande maggioranza dei climatologi, la stessa esistenza dell’umanità potrebbe essere messa in pericolo. L’esperimento sarebbe uno solo ed avrebbe esiti infausti.

Partendo da considerazioni di questo tipo, molti ricercatori si sono posti la domanda se sia possibile distinguere la CO2 prodotta dalla combustione dei combustibili fossili rispetto a quella emessa dagli ecosistemi terrestri e dagli oceani. La risposta è – almeno parzialmente – sì.

Il metodo sviluppato per identificare l’anidride carbonica generata dai combustibili di origine fossile si basa sull’analisi della composizione isotopica del carbonio presente nelle molecole della CO2 atmosferica. La misura senz’altro più delicata è quella che riguarda la concentrazione relativa delle molecole che contengono il raro isotopo 14C. Il metodo è una estensione del sistema di datazione basato sul carbonio, ben noto per le sue applicazioni in archeologia.

Il 14C (si legge carbonio quattordici) è un raro isotopo radioattivo del carbonio (presente in natura con altri 2 isotopi stabili 13C e 12C) con un tempo di dimezzamento pari a circa 5.730 anni. Il 14C viene continuamente formato dall’interazione che avviene nell’alta atmosfera tra l’azoto ed i raggi cosmici. Il 14C è presente nell’atmosfera principalmente sotto forma di 14CO2, con una concentrazione relativa pari a circa 1 atomo di 14C per ogni mille miliardi di atomi di 12C.

Dopo che la 14CO2 viene assorbita dalle piante o dal fitoplancton marino, il 14C entra nella catena alimentare e viene trasferito a tutti gli altri esseri viventi. La morte blocca l’assorbimento di nuovo 14C e la concentrazione relativa di 14C nella materia organica inerte incomincia a calare in funzione del tempo a causa del decadimento radioattivo.

A differenza delle bio-masse che hanno una concentrazione relativa di 14C simile a quella dell’atmosfera (il valore è più basso per gli organismi marini), i combustibili fossili sono completamente privi di 14C perché derivano da vegetali morti ormai da milioni di anni. Quindi, quando bruciano, non emettono in atmosfera 14CO2.

La quantità che viene riportata come risultato della misura viene indicata con l’espressione Δ14C ed indica lo spostamento relativo (espresso in parti per mille) del rapporto 14C / 12C atmosferico attuale rispetto al rapporto r0 = 1,35 x 10-12 che – convenzionalmente – rappresenta il valore di 14C / 12C che si sarebbe potuto ottenere analizzando la CO2 atmosferica in epoca pre-industriale:

Δ14C = 1000 * [(14C / 12C ) / r0 – 1]

Si noti che quando l’isotopo 14C è completamente assente, otteniamo Δ14C = -1000 ‰, mentre nel caso in cui il rapporto isotopico 14C / 12C diventi doppio rispetto a quello che si aveva in epoca pre-industriale avremmo Δ14C = 1000 ‰.

A proposito di r0 ho usato l’espressione “convenzionalmente” perché – ovviamente – non abbiamo misure dirette fatte più di 200 anni fa. Il valore assegnato ad r0 è stato dedotto dall’analisi di materiali botanici risalenti alla metà del ‘700. Va quindi inteso come un riferimento utile per normalizzare i dati, ma è solo indicativo del valore del rapporto isotopico esistente nell’atmosfera prima che l’umanità iniziasse a fare un uso intensivo dei combustibili fossili (anche perché tale rapporto isotopico fluttua nel tempo a causa di diversi fenomeni fisici che discuterò qui di seguito).

Ci sono molti eventi che possono produrre una variazione di Δ14C. In particolare:

  1. Per un breve periodo nel corso degli anni ’50 del secolo scorso la concentrazione atmosferica dell’isotopo 14C è quasi raddoppiata a causa della sperimentazione di nuovi ordigni nucleari en plein air. Questo ha portato il valore del Δ14C atmosferico a sfiorare quota 1000 ‰.
  2. Poiché l’isotopo 14C è formato dai raggi cosmici, il livello di Δ14C dipende dall’attività solare e dall’andamento del campo magnetico terrestre. Questi fenomeni possono dare luogo a variazioni significative di Δ14C, ma non abbiamo evidenza che processi di questo tipo abbiano prodotto effetti particolarmente rilevanti nel corso degli ultimi decenni.
  3. La CO2 emessa dagli oceani ha un Δ14C più basso rispetto a quello dell’atmosfera perché in parte contiene anidride carbonica che gli oceani avevano assorbito molte centinaia o migliaia di anni prima e quindi ha subito un certo decadimento radioattivo. Il valore del Δ14C atmosferico potrebbe scendere se si attivasse un meccanismo che provochi, da parte degli oceani, un enorme aumento dell’interscambio di CO2 con l’atmosfera (aumentando il tasso di scambio tra la CO2 atmosferica ad alto Δ14C con quella di origine marina caratterizzata da un Δ14C più basso). Come vedremo più avanti, questa ipotesi può essere scartata se si va a vedere come è cambiato nel tempo un altro rapporto isotopico della CO2 atmosferica, quello tra i 2 isotopi stabili del carbonio 13C / 12C.
  4. Le emissioni di origine vulcanica (largamente inferiori rispetto ad 1 miliardo di tonnellate di CO2 all’anno e quindi troppo basse per poter spiegare l’aumento della CO2 atmosferica) contengono carbonio privo dell’isotopo 14C. Tuttavia nel corso degli ultimi decenni non è stata osservata una variazione delle emissioni di origine vulcanica tale da poter provocare una significativa variazione del Δ14C atmosferico.
Le esplosioni atomiche nell’atmosfera fatte poco dopo la metà del secolo scorso hanno profondamente alterato il valore del Δ14C atmosferico

Dopo l’approvazione del trattato che vietava i test nucleari nell’atmosfera (1963), l’eccesso di 14CO2 presente nell’atmosfera a causa delle esplosioni nucleari ha incominciato a diminuire grazie alla dispersione dell’anidride carbonica atmosferica negli oceani e nella biosfera terrestre. Tuttavia, nel corso degli ultimi 4 decenni, il declino del Δ14C atmosferico è stato più rapido di quanto si potesse aspettare a causa del solo effetto di diluizione.

La misura dell’andamento di Δ14C è uno strumento prezioso per monitorare l’andamento delle emissioni provocate dall’uso di combustibili fossili. Infatti, maggiore è la presenza nell’atmosfera di CO2 prodotta da sorgenti fossili, più basso sarà il valore di Δ14C perché – lo ricordo – il carbonio delle sorgenti fossili è completamente privo dell’isotopo 14 (la CO2 di origine fossile ha un Δ14C = -1000 ‰).

Si calcola che il valore di Δ14C della CO2 atmosferica scenda di un importo pari a circa il 3 ‰ per ogni ppm di anidride carbonica di origine fossile che viene dispersa nell’atmosfera.

Le figure seguenti riportano alcuni esempi dell’andamento del Δ14C atmosferico in diversi periodi storici e includono una proiezione sul possibile andamento da oggi fino alla fine del secolo:

Andamento del Δ14C atmosferico tra l’inizio dell’800 ed il momento in cui è iniziata la sperimentazione di armi nucleari nell’atmosfera. Durante la prima metà del ‘900 si nota un calo significativo, interrotto negli anni ’50 dalle esplosioni nucleari che hanno provocato la dispersione nell’atmosfera di un’imponente quantità di isotopi radioattivi
Andamento del valore del Δ14C atmosferico in una zona lontana da insediamenti industriali nelle Montagne Rocciose durante i primi anni di questo secolo. Si nota, in meno di un decennio, un calo superiore rispetto a quello avvenuto (vedi sopra) nella prima metà del ‘900. Il calo osservato non dipende da emissioni localizzate nelle vicinanze del punto di misura, ma è dovuto al rimescolamento dell’atmosfera che porta, anche in zone lontane dagli insediamenti industriali, la CO2 di origine fossile
Proiezioni dell’andamento del Δ14C atmosferico a seconda dei diversi scenari elaborati da IPCC. Si nota che attualmente il valore del Δ14C è tornato vicino a 0, più o meno in linea con i valori di inizio ‘800. Il picco legato alle esplosioni nucleari nell’atmosfera risalenti a circa mezzo secolo fa è stato riassorbito, mentre continua la discesa legata alle emissioni di origine fossile

Per completare il quadro, andiamo a vedere come è cambiato nel tempo il rapporto isotopico della CO2 atmosferica se consideriamo i 2 isotopi stabili 13C e 12C. Analogamente a quanto fatto per il 14C, si può definire un indicatore (δ13C) corrispondente alla variazione espressa in ‰ del rapporto 13C / 12C della CO2 atmosferica rispetto al valore che si ottiene analizzando un materiale standard assunto come riferimento (a differenza di quanto si fa per il Δ14C il riferimento non ha a nulla che fare con il rapporto isotopico esistente prima della rivoluzione industriale ed infatti a metà del ‘700 δ13C era uguale a circa -6,5 ‰).

Il processo di sintesi clorofilliana delle piante è più efficiente quando avviene con 12CO2 piuttosto che con 13CO2 a causa di una mera questione legata alla massa dei reagenti. Per questo motivo i materiali di origine vegetale hanno un valore di δ13C inferiore rispetto a quello della anidride carbonica atmosferica. Questo valore inferiore rimane inalterato anche dopo la morte delle piante perché i 2 isotopi 13C e 12C sono ambedue stabili. Questo fenomeno è noto come “13C Suess effect“.

Attualmente la CO2 atmosferica ha un valore di δ13C pari a circa -8,5 ‰ abbastanza simile rispetto alla anidride carbonica emessa dagli oceani (δ13C pari a circa -10 ‰). Le emissioni che provengono dall’ecosistema terrestre hanno un valore di δ13C pari a circa -26 ‰, nettamente più basso rispetto a quello della CO2 atmosferica a causa dell’arricchimento di 12C provocato dal processo di fotosintesi. Un valore simile (-28 ‰) si ritrova nei combustibili fossili che sono comunque costituiti da materiale di origine vegetale.

Se andiamo a vedere come è variato il valore medio di δ13C della CO2 atmosferica nel corso degli ultimi secoli, si nota una evidente discesa in corrispondenza con l’aumento dell’utilizzo dei combustibili fossili:

Discesa del valore del δ13C della CO2 atmosferica da metà ‘700 ad oggi

Adesso abbiamo tutti gli elementi necessari per comporre il puzzle:

  1. L’aumento della concentrazione della CO2 atmosferica è compatibile con la quantità di anidride carbonica emessa a causa della combustione di materiali fossili.
  2. La discesa del valore del δ13C ci dice che l’aumento della CO2 atmosferica è stato provocato da CO2 proveniente da materiali di origine vegetale. Si può escludere che ci sia un rilevante contributo della CO2 rilasciata negli oceani perché il suo δ13C è poco più basso rispetto a quello della CO2 atmosferica.
  3. La discesa del Δ14C ci dice che i materiali che hanno generato l’aumento della CO2 atmosferica sono di origine fossile.

In conclusione, l’aumento di CO2 atmosferica (con relativo impatto sulla temperatura a causa dell’effetto serra) si può spiegare assumendo che sia stato causato da materiali fossili di origine vegetale: carbone, petrolio e gas naturale!

Concludo, ricordando che la misura del Δ14C atmosferico può servire anche come strumento di verifica del rispetto degli accordi internazionali in tema climatico.

Uno dei punti più controversi del recente accordo di Parigi riguarda infatti l’effettivo rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni da parte di alcuni Paesi. Poiché i calcoli delle emissioni sono elaborati sulla base dei consumi di combustibili fossili dichiarati da ciascun Paese, potrebbe succedere che qualcuno continui a bruciarne grandi quantità pur dichiarando il contrario. Una mappatura del valore del Δ14C atmosferico può aiutarci a stabilire quale sia il livello reale delle emissioni originate dai combustibili fossili.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.