Quanto accaduto nella discarica di Ischia Podetti è solo uno dei tanti episodi di combustione incontrollata dei rifiuti che accadono in Italia. L’incidente ha contribuito a riaprire il dibattito – a lungo sopito – sulla gestione della frazione indifferenziata dei rifiuti urbani in Trentino.
L’incendio ha provocato un’alta colonna di fumo carico di inquinanti che il vento ha scaricato sulle zone poste a nord dell’impianto, ricche di vigneti e di meleti. Per fortuna il pronto intervento dei vigili del fuoco ha consentito di limitare i danni.
Subito dopo la Provincia Autonoma di Trento si è preoccupata di rassicurarci garantendo che non ci sarà alcun effetto negativo sull’ormai imminente vendemmia perché “Il fogliame delle viti ha riparato i grappoli” aggiungendo che “per le mele non ci sono problemi perché (a differenza dell’uva da vino) vengono lavate dopo la raccolta“. A me suona un po’ strano e ricorda i comunicati del dopo Chernobyl quando si sconsigliava di mangiare le verdure a foglia larga, lasciando intendere che le verdure a foglia stretta non fossero contaminate (misteri della botanica!).
L’incendio di Ischia Podetti ha contribuito a riaprire la discussione sul ciclo dei rifiuti adottato dal Trentino. Fino ad oggi, chiunque abbia tentato di affrontare questo tema si è scontrato con la pavidità dei politici locali che si barcamenano accontentandosi di un instabile status quo. Il Trentino, come tanti altri territori italiani, è un esportatore di ecoballe, anche perché la discarica di Ischia Podetti (così come le altre discariche minori presenti sul territorio provinciale) è ormai praticamente satura.
Oggi il Presidente pro-tempore della Provincia Autonoma di Trento lancia un flebile segnale dichiarandosi favorevole alla costruzione di un termovalorizzatore (nuovo nome “politicamente corretto” dei vecchi inceneritori), ma si guarda bene dal dire dove e quando farlo (tra poco più di un mese ci sono le elezioni, meglio non rischiare di perdere qualche voto). A ottobre, archiviate le elezioni, forse sapremo qualcosa di più sulle scelte che la Provincia intende adottare.
La localizzazione di un futuro eventuale impianto non sarà banale, non solo per il ben noto effetto Nimby che scatta non appena si incomincia a discutere di questi argomenti.
Il territorio trentino ha una orografia complessa e non è facile trovare una collocazione ottimale per un inceneritore che ha bisogno di un camino alto decine di metri. Aldilà dei problemi legati alla circolazione dei fumi, qualsiasi soluzione sarebbe fortemente impattante dal punto di vista paesaggistico.
A questo va aggiunto che l’economicità di un inceneritore è garantita solo se, oltre a produrre elettricità, si recupera anche una parte significativa del calore residuo. Ciò avviene quando l’impianto è integrato all’interno di una rete di teleriscaldamento urbano (cosa di cui si discuteva già più di 10 anni fa quando si iniziò a parlare dell’installazione di un inceneritore in Trentino). Oltre a recuperare calore, l’uso del teleriscaldamento produce un ulteriore vantaggio ambientale e climatico perché elimina le emissioni che sarebbero state generate dai singoli impianti di riscaldamento domestico. Ovviamente se l’inceneritore viene localizzato lontano da una zona densamente popolata questa opportunità svanisce.
Qualche tempo fa era circolata, più o meno informalmente, l’idea di distribuire sul territorio una serie di piccoli impianti di gassificazione dei rifiuti da utilizzare in alternativa ad un unico inceneritore. Mi sembra più che altro una furbata pensata per “spezzettare” il problema, cercando di attenuare l’ostilità dei cittadini (pronto ovviamente a ricredermi se qualcuno mi dimostrerà il contrario).
A nessuno fa piacere avere il camino di un grande inceneritore davanti a casa (anche se ci fosse la certezza che le sue emissioni sono accuratamente filtrate e tenute rigorosamente sotto controllo). Un impianto più piccolo che non necessita di un grosso camino potrebbe diventare più accettabile (almeno così spera chi lo propone) anche se non è affatto detto che la qualità dell’aria nelle sue vicinanze sia migliore rispetto a quella che si trova nei pressi di un inceneritore gestito “a regola d’arte“.
Ricordo infine che pensare di risolvere la questione dei rifiuti urbani contando solo sul (necessario) miglioramento del sistema di raccolta differenziata è una proposta velleitaria che rischia di diventare un comodo paravento per chi è interessato a continuare a fare quello che facciamo oggi (esportare ecoballe con il conseguente aumento delle emissioni di anidride carbonica e gli ingenti costi che ricadono sulle bollette pagate dagli utenti).
Poi, se le ecoballe si incendiano anzitempo, scopriamo che i problemi ci sono e vanno ad incidere sul portafoglio dei cittadini, sulla qualità dell’ambiente e sul clima.
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