Dopo l’approvazione del Quinto aggiornamento del Piano provinciale dei rifiuti e l’incendio della discarica di Ischia Podetti, la Provincia autonoma di Trento si appresta a prendere posizione sullo scottante tema dello smaltimento della frazione indifferenziata dei rifiuti urbani. Le discariche sono ormai esaurite ed il modello basato sull’esportazione delle ecoballe diventa sempre più costoso e di difficile gestione.
Entro la fine del corrente anno la Provincia autonoma di Trento ha promesso di prendere finalmente posizione sullo scottante tema dello smaltimento della frazione indifferenziata dei rifiuti urbani. Si tratta di una decisione a lungo rimandata, ma ormai indifferibile.
Il comunicato con cui la Provincia autonoma di Trento annuncia l’approvazione del Quinto aggiornamento del Piano provinciale dei rifiuti è un vero capolavoro di prudenza comunicativa. Si dice il meno possibile, con grande attenzione a non scontentare nessuno (l’appuntamento elettorale è ormai alle porte e non bisogna perdere neanche un voto). In particolare, vengono ribaditi i numeri ufficiali relativi alla raccolta dei rifiuti in Trentino, dimenticando di evidenziare le notevoli differenze esistenti tra numeri “ufficiali” e numeri “reali“.
A pag. 34 del documento elaborato dall’APPA (Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente) si legge che il Trentino ha prodotto nel 2020 circa 269mila tonnellate di rifiuti urbani, di cui circa 204mila tonnellate erano costituite da raccolta differenziata.
Il piano aggiornato dei rifiuti pone tra gli obiettivi dei prossimi 6 anni la “individuazione del sistema impiantistico più idoneo per il territorio provinciale“. In parole chiare si dice che la Provincia intende definire il tipo e la localizzazione di un impianto per l’incenerimento della quota non differenziata dei rifiuti urbani. Dati alla mano, si tratterebbe di circa 65mila tonnellate di rifiuti indifferenziati che vengono prodotti ogni anno. Attualmente questi rifiuti vengono conferiti in discarica oppure sono inviati ad inceneritori posti al di fuori del territorio provinciale.
Rispetto al Quinto aggiornamento del piano provinciale dei rifiuti, ho 2 osservazioni principali:
- Il documento presente nel sito della Provincia dove si discute delle varie ipotesi per lo smaltimento dei rifiuti urbani del Trentino non fa alcun cenno alle procedure da adottare per la gestione delle ceneri prodotte da un futuro inceneritore (termovalorizzatore) o gassificatore. La quantità di ceneri è notevole perché corrisponde tipicamente al 20% in peso del materiale incenerito. Il 90% di queste ceneri sono classificate come rifiuti speciali, mentre il restante 10% è classificato come rifiuto speciale pericoloso. La parte classificata come pericolosa è quella estratta dai filtri che – grazie anche a speciali trattamenti di natura chimica – puliscono i gas di combustione prima del loro rilascio in atmosfera. Le ceneri non pericolose possono essere successivamente trattate per estrarre metalli (principalmente ferro ed alluminio) e materiale che può essere usato nei cementifici. Resta il fatto che la parte residua e la quota classificata come rifiuto speciale pericoloso devono essere smaltite in apposita discarica.
- I numeri veri dei rifiuti urbani indifferenziati che il Trentino attualmente conferisce in discarica o esporta al di fuori del territorio provinciale sono senz’altro più alti rispetto al livello di 65mila tonnellate all’anno indicato dalla Provincia Autonoma di Trento. A questi valori dobbiamo aggiungere gli scarti dei materiali differenziati raccolti in Trentino che vengono trattati fuori Provincia.
A pag. 40 del documento che raccoglie le osservazioni al piano aggiornato per la gestione dei rifiuti urbani l’Agenzia provinciale per le opere pubbliche (APOP) segnala che ogni anno circa 22mila tonnellate di rifiuti vengono ufficialmente conteggiati tra la quota differenziata, ma vengono smaltiti in discarica. La stima di APOP non comprende i materiali che, dopo essere stati scartati nei processi di cernita che avvengono in Provincia, vengono mandati ad inceneritori posti fuori dal territorio provinciale, né gli scarti dei materiali differenziati che il Trentino esporta fuori Provincia.
Nel documento provinciale il tema della qualità della raccolta differenziata viene discusso dettagliatamente e, dati alla mano, si mostra che la qualità è decisamente più scarsa nelle zone dove la raccolta è effettuata con cassonetti per utenze multiple. Uno degli elementi di novità del piano aggiornato è la proposta di istituire un indice di qualità della raccolta differenziata. La stima di questo indice è, almeno per il momento, solo semi-quantitativa perché una parte significativa del lavoro di selezione dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata avviene fuori Provincia. Grazie a questo fatto, molti scarti dei processi di selezione non appaiono nelle statistiche del Trentino che – per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti – appare più virtuoso di quanto non sia. Il documento provinciale a pag. 56 afferma:
“Calcolando detto indice di qualità sul rifiuto trattato nel 2019, se ne ricava un valore pari al 69,88%. Questo dato è notevolmente sottodimensionato poiché, senza dati a disposizione, è stato calcolato considerando come scarti solo il rifiuto andato a smaltimento nella discarica provinciale da impianti di trattamento provinciale. Non è stato conteggiato quindi lo scarto andato a recupero energetico dagli impianti provinciali né lo scarto, in generale, di tutti gli altri impianti di trattamento della nostra raccolta differenziata ubicati fuori dal territorio provinciale. Si ritiene verosimile che detto valore possa essere pari a circa il 60%.”
Un valore dell’indice di qualità pari al 60% significa che il 40% dei materiali ufficialmente raccolti come rifiuti differenziati sono in realtà rifiuto residuo da smaltire in una discarica o da mandare ad un inceneritore.
C’è da aggiungere che la stima dell’indice di qualità della raccolta differenziata è un dato medio, calcolato sull’insieme dei diversi tipi di materiali raccolti. Per alcuni materiali come, ad esempio, l’umido compostabile la presenza di scarti è dell’ordine del 10%, mentre può superare il 70% per i cosiddetti “imballaggi leggeri“.
Tenuto conto che il Trentino raccoglie ogni anno poco più di 200mila tonnellate di rifiuti differenziati, un valore medio degli scarti pari al 40% significa che ogni anno finiscono nella raccolta differenziata circa 80mila tonnellate di rifiuto residuo. Tolte le 22mila tonnellate stimate da APOP (vedi sopra) se ne deduce che gli scarti prodotti dai processi di cernita che finiscono fuori Provincia potrebbero essere pari a circa 60mila tonnellate all’anno. Se la mia valutazione fosse corretta, vorrebbe dire che il Trentino produce complessivamente circa 120mila tonnellate di residuo urbano all’anno, per oltre la metà gettato dai cittadini mescolandolo ai rifiuti differenziati e raccolto come tale.
Abbiamo puntato ad aumentare la quota “ufficiale” della raccolta differenziata senza preoccuparci a sufficienza della qualità dei materiali raccolti. Se il materiale raccolto come “differenziato” viene successivamente scartato durante i processi di cernita e finisce in un inceneritore fuori Provincia, le statistiche del Trentino non ne risentono, ma c’è comunque un grosso problema legato sia ai costi che all’impatto ambientale e climatico del mancato riciclo.
Se il Trentino volesse effettivamente chiudere il ciclo dei rifiuti urbani in sede provinciale, la quantità di residuo da incenerire sarebbe decisamente superiore rispetto alle stime ufficiali. Se invece continueremo a esportare fuori Provincia materiali differenziati di scarsa qualità, scaricheremo su altri territori il compito di smaltire una parte consistente dei nostri residui urbani e aumenteremo i costi del servizio perché il materiale raccolto con la raccolta differenziata avrà uno scarso valore commerciale.
Uno scenario virtuoso che riuscisse ad implementare sia un aumento che – soprattutto – un sostanziale miglioramento della qualità della raccolta differenziata potrebbe portare ad una sensibile riduzione del materiale da incenerire. Sarebbe un sostanziale miglioramento dal punto di vista sia dei costi sia dell’impatto climatico dei nostri rifiuti urbani, ma saremmo comunque molto distanti dall’obiettivo “rifiuti zero” proposto dagli integralisti dell’Ambientalismo.
A questo punto, il Trentino dovrebbe porsi chiaramente il problema di definire cosa vuol fare con i suoi rifiuti. Può continuare a fare una raccolta differenziata di scarsa qualità e di fatto continuare ad esportare una parte significativa dei suoi rifiuti verso altri territori, oppure migliorare la qualità della raccolta differenziata, facendo emergere la vera quantità di residuo che il Trentino produce.
Valutare realisticamente quale sia il livello (e la composizione tipica) dei rifiuti da incenerire è un elemento fondamentale per la corretta progettazione del futuro impianto di cui il Trentino si dovrà dotare.
Non avrebbe senso progettare un impianto con una capacità troppo bassa perché non risolverebbe i problemi del Trentino e non ha neppure senso progettarne uno troppo grande perché, se non venisse alimentato a sufficienza, risulterebbe poco efficiente e troppo costoso da gestire.
Inoltre – come sottolineato più volte da numerosi osservatori – un eventuale sovra-dimensionamento del progetto potrebbe scoraggiare qualsiasi futuro miglioramento della raccolta differenziata. L’obiezione è valida e va tenuta in attenta considerazione.
Lascia un commento