I rigassificatori servono subito!

L’importazione di gas naturale via mare avviene tramite apposite navi che lo trasportano in forma liquida. Al momento dell’arrivo, il metano deve essere riportato alla forma gassosa prima di essere immesso nei metanodotti. Gli impianti che svolgono questa funzione sono chiamati “rigassificatori“. L’Italia non ha un numero di rigassificatori adeguato per importare da fonti alternative tutto il gas che non arriva più dalla Russia. Questo è un grave limite per il Paese ed il Governo Draghi ha fatto tutto il possibile per superarlo. Ma ci sono ancora numerosi ostacoli da affrontare.

Le forti limitazioni (che presto potrebbero trasformarsi in un blocco totale) delle esportazioni di gas naturale dalla Russia stanno mettendo in crisi molti Paesi europei, a cominciare da Italia e Germania che, fino allo scorso anno, contavano sulle forniture russe per soddisfare una quota consistente dei loro fabbisogni energetici.

Che la cosa sarebbe potuta finire così era noto da tempo. I documenti resi pubblici nel 2010 da WikiLeaks contengono le prove che nel primo decennio di questo secolo gli americani tentarono inutilmente di mettere in guardia il Governo italiano rispetto al pericolo rappresentato da legami energetici troppo stretti con la Russia di Putin. Cosa sia successo esattamente non lo sappiamo. C’è chi sostiene che il Governo italiano dell’epoca fosse pienamente consapevole dei rischi, ma li abbia volutamente ignorati. Anzi in qualche modo decise di “tagliarsi i ponti alle spalle“, smantellando la capacità estrattiva a livello nazionale e non investendo nei rigassificatori che ci avrebbero consentito di scegliere il Paese da cui importare il gas.

Di fronte ai problemi attuali, le possibili strade che ci troviamo davanti sono solo 2: a) seguire il “modello Orban“, ovvero voltare le spalle ai nostri alleati occidentali e accodarci alla corte di Putin oppure b) trovare gas da fonti alternative.

Il paradosso di questa situazione è che nel mondo c’è un sacco di gas naturale e non è neanche vero che la Cina se lo stia accaparrando facendo man bassa. I consumi di metano in Cina sono ancora relativamente bassi e le continue chiusure di massa legate alla pandemia non stimolano certamente un aumento delle sue importazioni. Se guardiamo i dati del 2022, molti carichi di gas naturale originariamente destinati alla Cina sono stati dirottati verso l’Europa dove hanno spuntato un prezzo migliore.

Tuttavia c’è un problema. Per importare il metano da un Paese estero non collegato all’Italia tramite un metanodotto, l’unica alternativa è quella di lavorare via mare, utilizzando le cosiddette “navi metaniere“. Queste navi contengono enormi cisterne che trasportano il metano sotto forma liquida, a bassa temperatura (-162 °C).

Al momento dell’arrivo nel porto di destinazione il metano deve essere riscaldato per riportarlo in forma gassosa e successivamente viene distribuito usando i normali metanodotti. Per realizzare questo passaggio servono impianti che vengono chiamati rigassificatori.

Il concetto di rigassificatore è semplice, anche se c’è chi li scambia con le trivelle

Gli impianti più moderni sono installati a bordo di navi che possono essere spostate con una relativa facilità. In realtà le navi rigassificatrici devono essere collegate alla rete dei metanodotti e quindi necessitano di una connessione fisica che ha determinati tempi di realizzo. Diciamo che se i metanodotti non sono troppo distanti rispetto al punto di attracco delle navi servono da 3 a 6 mesi per completare le infrastrutture.

La nave LNG Toscana, riconvertita a rigassificatore che opera ancorata al largo della costa tra Livorno e Pisa (Crediti: immagine Offshore LNG Toscana)

Il Governo Draghi è riuscito ad acquisire 2 nuovi impianti rigassificatori che, se aggiunti a quelli già esistenti, potrebbero permettere all’Italia di affrancarsi dalle forniture russe.

A questo punto incominciano i guai perché appena si discute della posizione in cui collocare le nuove navi rigassificatrici scatta la sindrome Nimby, con la conseguente ondata di proteste. Un caso emblematico è quello di Piombino, dove la protesta vede una strana alleanza tra FdI (partito che amministra la città), alcuni movimenti ambientalisti (incuranti di rimanere al freddo pur di ridurre “senza se e senza ma” le emissioni di CO2) e portuali nostalgici dell’Unione Sovietica, pronti a fare da “quinta colonna” per il “compagno” Putin.

Ovviamente l’installazione di un rigassificatore deve soddisfare rigorose condizioni di sicurezza, ma non si possono strumentalizzare queste questioni per mettere i bastoni fra le ruote al Governo che ha cercato disperatamente di mettere riparo agli errori del passato.

L’alternativa all’importazione via mare del metano è rappresentata da un ricorso massiccio al carbone, il combustibile fossile più impattante sia dal punto di vista ambientale che climatico. Oppure possiamo decidere di chiudere uffici e fabbriche, mettendo a repentaglio centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Le azioni da fare a breve (entro la fine del 2023) devono essere svincolate dalle azioni di medio e lungo termine a cui non possiamo rinunciare. Dobbiamo agire con la necessaria determinazione nello sviluppo coerente di sorgenti energetiche rinnovabili (soprattutto solare ed eolico che sono le sorgenti con le migliori prospettive di crescita), così come dobbiamo mettere al centro di ogni nostra progettazione il concetto del risparmio energetico che è la prima e più affidabile tra le “energie rinnovabili“. Ma per fare questo serve tempo e le azioni di medio-lungo termine non ci aiuteranno a risolvere i problemi che dovremo affrontare durante i prossimi 2 anni.

In questa logica, i nuovi rigassificatori rappresentano la risposta necessaria per rispondere allo shock energetico causato dal sostanziale blocco del gas russo. Potrebbe essere anche uno shock salutare se ci costringesse ad accelerare i nostri piani per la transizione energetica, ma senza i rigassificatori rischiamo di piombare nel caos.

Risposte a “I rigassificatori servono subito!”

  1. Avatar Da Askanews
    Da Askanews

    Snam: attivare rigassificatore Piombino costerà 72 milioni
    Tra allacciamento, lavori in banchina e altre voci di spesa

    Firenze, 1 settembre (askanews) – E’ di 72 milioni di euro il costo preventivato da Snam per far entrare in funzione il rigassificatore, una volta che la nave Golar Tundra sarà ormeggiata nel porto di Piombino.

    Per quanto riguarda il tratto di allacciamento, si stima una spesa di 23 milioni, più 8 milioni per i lavori in banchina. Le opere complementari di cantieristica, scavi, movimentazione materiali e logistica, tramite subappalti locali, incidono per 21 milioni. La direzione dei lavori altri 4 milioni, 11 milioni per i materiali e 5 milioni in progettazione e studi specialistici.

    Il cronoprogramma dell’investimento è ripartito in 37 milioni per il 2022 e 35 per il 2023. Complessivamente, Snam immagina una ricaduta positiva per l’indotto in 978 unità lavorative annue.

    L’obiettivo è far diventare OPERATIVO il rigassificatore AD APRILE 2023, “a patto – sottolinea Snam – che vengano ultimati i processi autorizzativi e completati gli interventi di realizzazione dell’investimento”. La nave rimarrà nel porto fino a marzo 2026 “per poi essere collocata altrove”.

    https://www.askanews.it/economia/2022/09/01/snam-attivare-rigassificatore-piombino-coster%c3%a0-72-milioni-pn_20220901_00015/

  2. Avatar Da Il Post
    Da Il Post

    Ci sono anche altri progetti di rigassificatori:
    oltre a Piombino e Ravenna sono in programma anche in Sardegna, Sicilia e Calabria, alcuni fermi da anni e molto contestati

    1 settembre 2022

    Fino allo scorso anno erano probabilmente in pochi a sapere cosa fosse un rigassificatore, una parola diventata poi centrale nel dibattito politico per via della crisi energetica aggravata in seguito all’invasione russa in Ucraina.

    I due progetti di impianti per riportare allo stato gassoso il gas naturale liquefatto più citati sono quelli di Piombino (Livorno) e di Ravenna: entrambi sono stati autorizzati con una procedura d’emergenza dal Governo, che ha nominato due commissari per farli installare il prima possibile con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dal gas russo.

    Nonostante siano gli unici citati nel dibattito politico e sui mezzi di informazione, Piombino e Ravenna non sono i due soli due rigassificatori che le società energetiche vorrebbero installare nei porti italiani. Ce ne sono almeno altri tre di cui si discute nei rispettivi territori:

    – a Portoscuso, nel sud della Sardegna,
    – a Porto Empedocle, in Sicilia,
    – a Gioia Tauro, in Calabria.

    Tutti questi progetti potrebbero contribuire ad aumentare le forniture di GNL, gas liquefatto proveniente da Paesi non collegati all’Italia da gasdotti, come gli Stati Uniti o il Qatar.

    Il GNL occupa un volume circa 600 volte inferiore rispetto alla forma gassosa, cosa che permette di trasportarne molto di più sulle navi metaniere.

    Continua su:
    https://www.ilpost.it/2022/09/01/rigassificatori-contestati/?homepagePosition=4

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