EMA estende l’utilizzo di Evusheld per il trattamento precoce della Covid-19

Evusheld è la combinazione di 2 anticorpi monoclonali (tixagevimab e cilgavimab) prodotti da AstraZeneca. Il farmaco era già stato autorizzato per la prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 in individui ad alto rischio che necessitano di una protezione aggiuntiva rispetto a quella generata dai vaccini. L’autorizzazione è stata estesa al trattamento precoce (entro 7 giorni dal primo tampone positivo) di contagiati in condizioni non gravi che presentino una elevata probabilità di sviluppare gravi complicanze. Il farmaco ha dimostrato di ridurre di circa la metà la probabilità che si verifichino casi gravi o decessi.

Evusheld non è una novità tra i farmaci anti-Covid ed è già disponibile in Italia. Fino ad oggi era stato autorizzato come trattamento preventivo per rafforzare le difese immunitarie di persone ad alto rischio (ad esempio immunodepressi) che non fossero sufficientemente protette dalla vaccinazione. Il trattamento con Evusheld ha dimostrato di aumentare le difese immunitarie per un periodo di almeno 6 mesi, funzionando anche contro le più recenti varianti virali appartenenti alla “famiglia” Omicron.

EMA ha fatto un passo in più, autorizzando l’uso di Evusheld (con un dosaggio doppio rispetto a quello utilizzato per l’uso preventivo) per il trattamento di persone virologicamente positive che non presentino ancora sintomi gravi (non abbiano bisogno della somministrazione di ossigeno), ma siano ad alto rischio di contrarre gravi complicanze. La terapia può essere utile per anziani o anche per persone più giovani che siano affette da alcune gravi patologie e può essere somministrata in alternativa ai farmaci antivirali, soprattutto quando questi ultimi possono presentare gravi controindicazioni.

Il farmaco può essere somministrato (adottando opportune precauzioni) anche fuori dall’ambiente ospedaliero, tramite 2 iniezioni intramuscolari fatte in sequenza. Ovviamente, come per tutti i farmaci, anche per l’Evusheld ci sono delle controindicazioni e la scelta di somministrare il farmaco deve essere fatta da un medico che valuti attentatamene le condizioni del paziente.

Così come per tutti i trattamenti delle persone già contagiate, è essenziale che Evusheld sia somministrato nel più breve tempo possibile, subito dopo l’evidenza della positività. Il termine massimo previsto è pari a 7 giorni dopo il primo tampone positivo. Uno studio di fase 3 recentemente pubblicato da The Lancet Respiratory Medicine ha dimostrato che il trattamento con Evusheld dimezza l’insorgenza di casi gravi e decessi rispetto ai pazienti trattati con placebo.

Con la nuova autorizzazione di EMA si amplia ulteriormente la disponibilità di farmaci utili per trattare persone contagiate che per età o per la presenza di altre patologie presentino una elevata probabilità di sviluppare gravi complicanze.

Rimane – almeno in Italia – il grosso problema legato alle procedure utilizzate per scegliere i pazienti da sottoporre a trattamento. Il numero di pazienti trattati è ancora relativamente basso e questo non dipende dalla disponibilità dei farmaci. C’è il rischio concreto che molti farmaci non vengano utilizzati e scadano nei magazzini, mentre molti pazienti a rischio sono privati di un trattamento salva-vita. Si tratta di un problema organizzativo che vede spesso un rimpallo di responsabilità tra diversi operatori del sistema sanitario nazionale. Purtroppo, sembra che i numerosi appelli che chiedono di migliorare le cure precoci dei contagiati più a rischio siano destinati a cadere sistematicamente nel vuoto.

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