Di fronte al problema del riscaldamento globale, alcuni propongono di disperdere ad alta quota prodotti chimici in grado di generare aerosol che aumentino l’albedo, contribuendo ad abbassare la temperatura del pianeta. Più che di un “antibiotico” per la cura del clima dovremmo parlare di una “aspirina“: ridurrebbe temporaneamente le temperature medie, senza intaccare la cause del riscaldamento globale. Per non parlare dei problemi ambientali che un intervento così massiccio potrebbe provocare.
L’idea non è affatto nuova, ma è stata rilanciata da un articolo apparso recentemente (W. Smith et al. 2022 Environ. Res. Commun. 4 095009). Tutto parte dall’osservazione che alcuni gas emessi durante le eruzioni vulcaniche (in particolare il biossido di zolfo SO2, comunemente chiamato anche anidride solforosa) tendono a formare aerosol che rimangono a lungo in sospensione nell’atmosfera, contribuendo ad aumentare l’albedo (potere riflettente) del pianeta. Un valore dell’albedo più alto corrisponde ad una maggiore riflessione della radiazione solare incidente sulla Terra, producendo un abbassamento della temperatura media della superficie terrestre.
La proposta discussa nell’articolo citato prevede di limitare la dispersione della SO2 solo alle zone polari, ovvero oltre i 60° di latitudine nord e sud. In questo modo “si ridurrebbe” la dimensione globale dell’intervento, concentrandolo su zone poco o per nulla abitate. Inoltre le zone polari sono quelle dove – a causa di una serie di fattori amplificanti – l’incremento di temperature osservato nel corso degli ultimi anni è decisamente superiore rispetto alla media dell’aumento delle temperature osservate a livello globale e questo comporta un rapido scioglimento dei ghiacci polari che contribuisce all’aumento del livello dei mari a livello globale.
Tanto per avere un’idea delle dimensioni del progetto, si tratterebbe di disperdere annualmente una quantità totale pari a circa 14 milioni di tonnellate di SO2. Il trattamento dovrebbe avvenire solo nei mesi primaverili e all’inizio dell’estate, vale a dire marzo-giugno nell’emisfero settentrionale e settembre-dicembre nell’emisfero australe. La quota di dispersione dovrebbe essere pari a circa 13 km, poco al di sopra dell’altezza massima di volo dell’aviazione civile.
Tecnicamente l’operazione è realizzabile, anche se richiederebbe la disponibilità di oltre 100 aerei cisterna (quelli utilizzati per il rifornimento in volo degli aerei militari) di ultimissima generazione.
In termini economici parliamo di una spesa dell’ordine di circa 10 miliardi di dollari all’anno, un costo molto elevato, ma non impossibile da finanziare. Con questo intervento si stima che le temperature ai poli si abbasserebbero di circa 2°C rispetto ai valori attuali. Una certa riduzione delle temperature si verificherebbe anche alle medie latitudini, come effetto indiretto dell’abbassamento generato ai poli.
Vediamo ora quali sono i limiti ed i problemi che stanno dietro a questa proposta:
- Questo progetto fa parte della cosiddetta “geoingegneria“, ovvero degli interventi di tipo ingegneristico che vengono realizzati su scala globale. In realtà – almeno fino ad oggi – parliamo solo di progetti teorici che non hanno ancora visto una qualche applicazione pratica. Non abbiamo alcuna esperienza rispetto ai possibili effetti climatici secondari che questi interventi potrebbero generare e questo dovrebbe spingerci ad una grande cautela.
- Nel caso specifico, si tratterebbe di disperdere nella parte inferiore della stratosfera grandi quantità di biossido di zolfo che alla fine produce acido solforico, uno dei componenti chiave delle cosiddette “piogge acide“. Al momento non abbiamo una stima ragionevole dei danni che le piogge acide prodotte da tale pratica potrebbero generare a livello ambientale.
- L’effetto di abbassamento delle temperature generato dalla emissione di SO2 non andrebbe ad intaccare le cause che generano il riscaldamento globale, ma ne mitigherebbe solo gli effetti. Paradossalmente, l’avvio di un tale progetto potrebbe ridurre la spinta verso l’abbandono dei combustibili fossili ed il passaggio ad energie rinnovabili.
- Attualmente il grosso della SO2 che viene prodotta a livello mondiale è ricavata proprio dai combustibili fossili. Si tratta di una impurezza che deve essere rimossa dai combustibili per ridurre il problema delle piogge acide. Se improvvisamente dovessimo smettere di utilizzare i combustibili fossili si genererebbe una grave carenza di zolfo e dei suoi derivati.
- Si potrebbe sospettare che dietro alla proposta di spargere biossido di zolfo ad alta quota si nascondano gli interessi inconfessabili dei produttori di combustibili fossili. Si tratterebbe di una vera e propria “furbata“: continuiamo a usare combustibili fossili come se niente fosse e la SO2 che estraiamo dai combustibili la spargiamo sui poli, lontano dalle zone densamente abitate, in modo da mitigare gli effetti del riscaldamento globale. Salvo poi accorgerci – come discusso al precedente punto 2 – che la diffusione di biossido di zolfo ad alta quota potrebbe produrre effetti molto pericolosi per l’ambiente.
- Concludo con una valutazione di carattere geo-politico. Lo scioglimento dei ghiacci polari è un grave problema dal punto di vista climatico, ma non possiamo dimenticare che numerosi Paesi e grandi imprese multinazionali potrebbero trarre ingenti vantaggi economici dall’estensione delle rotte di navigazione artica (la via di mare più breve tra Europa ed Asia). Ci sono quindi forti interessi economici che verrebbero messi in crisi da un progetto volto ad abbassare la temperatura media dei poli.
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