Senza entrare nella discussione relativa al risultato complessivo (che va ben oltre i temi discussi in questo blog) le elezioni politiche 2022 hanno dimostrato lo scarso interesse dell’elettorato italiano per le questioni climatiche. L’unico tema che è stato dibattuto durante la campagna elettorale è stato quello del caro-bollette, ma il problema del riscaldamento globale non ha influenzato più di tanto le scelte degli elettori italiani. Anche di quelli più giovani che in gran numero non hanno neppure partecipato al voto.
I giornali ed i siti web sono pieni di commenti sui risultati delle elezioni politiche 2022. In attesa che il nuovo Governo si insedi e dimostri cosa vuole (o potrà) fare, tutti i commenti sono concordi nell’affermare che queste elezioni hanno visto un’unica vera vincitrice e tanti perdenti.
Tra i perdenti io metterei senz’altro anche i temi legati all’ambiente e al clima. Bastava leggere i programmi elettorali per farsi prendere dallo sconforto. In troppi casi falsità, superficialità e millanterie si sono sovrapposte a vecchi approcci ideologici che non hanno interessato più di tanto un elettorato esausto per gli effetti della pandemia e della crisi energetica.
Mi rendo conto di quanto sia difficile – in un momento complicato come questo – pensare a quello che potrebbe succedere tra 20 o 30 anni. Ma la cosa più sorprendente è che questo disinteresse si sia manifestato in modo trasversale in tutte le generazioni, anche tra quelle più giovani.
Una volta si diceva “piazze piene, urne vuote“. Il detto si potrebbe applicare ai giovani elettori che partecipano in massa alle manifestazioni di “Fridays for future“, ma poi quando si tratta di andare a votare si astengono come i loro genitori o i loro nonni.
Un articolo apparso recentemente su La Stampa riassume i risultati dell’analisi del voto fatti da Swg e YouTrend. Il livello di astensionismo rilevato tra gli elettori under-35 è stato pari a circa il 37%, lievemente superiore rispetto alla media generale. Apparentemente non sono serviti neppure gli appelli al voto fatti da vari “influencer“.
Quando si passa alla distribuzione dei voti giovanili le stime diventano meno accurate. Le analisi fatte da Swg e YouTrend si basano sui dati dei sondaggi e degli exit-poll fatti all’uscita dei seggi elettorali e quindi soffrono di un ampio margine di incertezza.
Alla luce delle precedenti considerazioni, possiamo dire che l’unica differenza significativa tra il voto degli elettori più giovani e quello dell’elettorato complessivo è un certo spostamento verso le forze di centro e di sinistra (in particolare Azione-Italia Viva e le cosiddette “liste minori“), a scapito della coalizione di destra-centro vincente (tra gli under-35 ha raccolto a malapena il 35% dei voti), ma anche di Partito Democratico e 5 Stelle che sono stati votati dai giovani elettori con percentuali più o meno in linea con il dato complessivo.
Il partito dei Verdi-Sinistra Italiana è quello che ha visto la maggiore differenza tra voto complessivo e voto giovanile: a fronte di un dato generale pari a circa il 3,5%, ha raccolto il 7% dei voti under-35. Il risultato è significativo, ma non si può certamente dire che il partito si sia affermato – almeno tra i giovani – come una forza di riferimento.
È mancata – rispetto ad altri Paesi europei – una forte affermazione delle liste “verdi” in grado di trasformare questi movimenti in forze politiche di rilevanza nazionale.
La mia impressione – da non esperto – è che in Italia le istanze legate ai temi dell’ambiente e del clima siano state monopolizzate da forze politiche che hanno imposto una visione troppo ideologica, molto legata al modo con cui si faceva politica durante il secolo scorso. D’altra parte – aggiungo io – chi si illude di poter risolvere i problemi del riscaldamento globale “facendo piangere i ricchi” non può lamentarsi se poi alla fine ottiene risultati elettorali modesti.
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