Ci potrebbe essere un futuro “verde” anche per l’acciaieria di Borgo Valsugana?

La produzione di acciaio (quasi 2 miliardi di tonnellate all’anno) genera, a livello mondiale, poco meno del 7% delle emissioni di gas serra. Parlare di un acciaio “decarbonizzato” non avrebbe senso perché l’acciaio è una lega di ferro e carbonio, ma si dovrebbe comunque puntare ad una produzione “carbon neutral“. I cambiamenti in atto avranno un profondo impatto sui produttori di acciaio e potrebbero interessare anche l’unica acciaieria presente in Trentino.

Nell’uso corrente, quando si parla di acciaio, si fa spesso confusione. Quello che noi chiamiamo comunemente “ferro” è in realtà “acciaio” ovvero una lega di ferro e carbonio. Il ferro allo stato quasi puro (con impurezze di carbonio inferiori allo 0,02%, detto anche ferro Armco) è un materiale relativamente costoso, utilizzato solo per alcune applicazioni speciali. Aggiungendo alla lega di ferro e carbonio una certa quantità di altri metalli (tipicamente nichel e cromo) si ottengono i cosiddetti “acciai inossidabili”.

Fatta questa doverosa premessa, vorrei dedicare questo post al tema della riduzione delle ingenti emissioni di gas serra che sono legate alla produzione dell’acciaio. Il tema è molto attuale e dovrà essere affrontato con decisione nel corso dei prossimi anni. Una analisi aggiornata della situazione, illustrata con infografiche molto efficaci, la potete trovare nel sito visualcapitalist.com.

In estrema sintesi, il grosso delle emissioni di gas serra è legato alle lavorazioni che utilizzano minerali ferrosi (circa 3,1 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno). Questi impianti sono costituiti da un altoforno dove il minerale ferroso viene ridotto per mezzo di carbone (coke metallurgico). Il prodotto intermedio, con l’eventuale aggiunta di rottami di ferro, viene ulteriormente trattato in una fornace basica all’ossigeno (BOF – Basic Oxigen Furnace). Questi impianti forniscono poco più del 70% della produzione mondiale d’acciaio.

Schema di massima dei principali sistemi utilizzati per la produzione dell’acciaio (crediti: figura tratta da econ243.academic.wlu.edu)

Una tecnica alternativa è costituita dagli impianti dotati di forni ad arco elettrico (identificati con l’acronimo inglese EAF – Electric Arc Furnace) che sono alimentati utilizzando principalmente rottami ferrosi. Gli EAF forniscono circa il 30% della produzione mondiale di acciaio, emettendo circa 500 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

A quest’ultima categoria appartiene anche l’impianto di Borgo Valsugana, unica acciaieria presente sul territorio provinciale.

Dal punto di vista paesaggistico, la fabbrica è un vero e proprio “pugno nell’occhio” per chi (ciclisti inclusi) – provenendo da Bassano – risale la Valsugana. Un pessimo “biglietto da visita” per il Trentino e la sua immagine di territorio che proclama di essere attento all’ambiente e al clima.

Un’immagine invernale dell’acciaieria di Borgo Valsugana (crediti: immagine Provincia Autonoma di Trento)

Sulle scelte che – a suo tempo – portarono ad installare una acciaieria proprio a Borgo Valsugana si potrebbe discutere a lungo. Ma ormai l’impianto c’è e costituisce una fonte di sostentamento per 120 lavoratori e le loro famiglie.

Non sono mancate – in passato – polemiche, anche feroci, legate alle emissioni di gas e polveri. Alcuni interventi sono stati fatti per limitare le emissioni nocive per l’ambiente, ma – dal punto di vista climatico – non è mai stato fatto nulla.

Emissioni di CO2 per ogni tonnellata di acciaio prodotto, stimate a seconda del tipo di materiale trattato in un forno ad arco (EAF). Il valore minimo delle emissioni si raggiunge quando il forno viene alimentato solo con rottami di ferro (scrap in inglese). L’acronimo DRI indica il cosiddetto “ferro spugnoso” ottenuto riducendo il minerale ferroso con carbone. Per confronto vengono mostrate anche le emissioni tipiche dei sistemi produttivi basati su altoforno e forno a ossigeno basico (BF/BOF) (crediti: figura tratta da www.midrex.com)

Come si vede nella figura precedente il minimo delle emissioni di gas serra si ottiene partendo da rottami di ferro (il riciclo aiuta sempre!) trattati in un forno ad arco elettrico (EAF). Tuttavia, anche se alimentassimo i forni con energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, non azzereremmo le emissioni di gas serra. Questo è dovuto al fatto che i forni EAF usano solo in parte l’energia elettrica per fondere i metalli. Una frazione importante dell’energia utilizzata proviene dalla combustione di carbone e ossigeno che vengono iniettati nel forno per mezzo di getti supersonici, producendo CO2 che viene rilasciata nell’atmosfera.

Sia per motivi tecnici, sia per sopperire ad eventuali carenze di rottami, i forni ad arco utilizzano, oltre ai rottami, anche una parte di “ferro ridotto diretto “(in inglese identificato con l’acronimo DRI) detto anche “ferro spugnoso”. Il DRI è il materiale intermedio che si ottiene riducendo il minerale ferroso negli altoforni. Normalmente il DRI si ricava trattando il minerale ferroso con carbon coke (o altri combustibili fossili), ma attualmente sono in fase di sviluppo numerosi progetti per sostituire i combustibili fossili con idrogeno (possibilmente “verde).

Il DRI prodotto con idrogeno verde ha una impronta carbonica vicina a zero e quando viene aggiunto ai rottami di ferro all’interno di un forno EAF non aumenta le emissioni complessive di anidride carbonica (nella figura precedente le stime delle emissioni erano state fatte considerando il DRI tradizionale, prodotto con carbone). Tuttavia, a causa delle emissioni di CO2 tipiche dei forni EAF, il prodotto finale non sarebbe “carbon-neutral”, perdendo una parte significativa del suo valore commerciale (non si potrebbe più vendere come un acciaio prodotto con emissioni nulle dal punto di vista climatico).

È quindi necessario rivedere anche il modo di funzionamento dei forni ad arco, evitando – in particolare – di usare i getti di carbone ed ossigeno per fornire una parte consistente dell’energia necessaria per la fusione del metallo.

Dal punto di vista tecnico/economico la sfida non è affatto semplice, ma dovrà essere affrontata e risolta se in un prossimo futuro vorremo avere una filiera dell’acciaio “carbon-neutral”.

L’idea ha incominciato a circolare e non è un caso se il gruppo industriale che controlla l’acciaieria di Borgo Valsugana abbia recentemente stipulato un accordo con Enel-X per misurare e ridurre le sue emissioni di gas serra. La buona volontà c’è: vedremo se alle buone intenzioni seguiranno fatti concreti.

Dal punto di vista paesaggistico c’è poco da fare, ma se l’Acciaieria di Borgo Valsugana si avviasse seriamente verso la strada della produzione di acciai “carbon-neutral”, oltre a esplorare nuovi mercati potenzialmente molto interessanti, potrebbe aiutare a consolidare l’immagine di un Trentino rispettoso del clima e dell’ambiente.

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