La presa di posizione di Greta Thunberg contro la decisione tedesca di spegnere alcune centrali nucleari nel 2023 sostituendole con centrali termoelettriche alimentate a carbone ha provocato una profonda spaccatura all’interno del movimento da lei ispirato. Il nucleare (soprattutto le vecchie centrali di seconda generazione che i tedeschi vogliono disattivare) non è certamente una soluzione ottimale per la produzione di energia elettrica, così come è dimostrato dalle attuali gravi difficoltà della Francia. Ma anche Greta capisce che le centrali alimentate a carbone rappresentano un’alternativa peggiore.
La notizia della presa di posizione di Greta Thunberg ha fatto rapidamente il giro del mondo, suscitando incredulità tra alcuni degli attivisti del suo movimento e qualche goffa strumentalizzazione da parte di chi ha cercato di trasformare le dichiarazioni di Greta in una sorta di via libera per lo sviluppo di nuovi impianti nucleari.
In realtà, le recenti affermazioni di Greta non sono altro che la presa d’atto che – di fronte all’attuale crisi energetica – la Germania non può permettersi il lusso di disattivare anzitempo le sue vecchie centrali nucleari di seconda generazione. Tali chiusure erano state programmate dal precedente Governo guidato da Angela Merkel, ma – se attuate all’inizio del 2023 – creerebbero una carenza energetica che, sommata al crollo delle forniture di gas russo, costringerebbe la Germania ad aumentare considerevolmente l’utilizzo di carbone per la produzione di energia elettrica.
Il prezzo da pagare, sia in termini climatici che ambientali, sarebbe altissimo. Meglio quindi rimandare la chiusura delle centrali nucleari di qualche anno, in attesa che il Paese potenzi la sua capacità di utilizzare fonti di energia rinnovabile in grado di sostituire l’energia prodotta dalla scissione dell’atomo.
Alle polemiche sollevate da Greta Thunberg fa da contraltare la notizia delle proteste di piazza degli operai di Ansaldo Energia, una società controllata dallo Stato Italiano tramite Cassa Depositi e Prestiti, basata a Genova. Gli operai hanno bloccato il traffico di alcuni snodi stradali genovesi, generando gravi disagi a tutta la popolazione ed alle attività economiche cittadine. La protesta è legata al blocco delle commesse pubbliche per i lavori di trasformazione di alcune centrali termoelettriche italiane da carbone a gas.
La decisione di bloccare tali commesse prende atto delle difficoltà di approvvigionamento registrate sul fronte del gas naturale e della necessità di continuare ad utilizzare (in alcuni casi addirittura riaccendere) le vecchie centrali a carbone ancora per un certo tempo (al momento non sappiamo esattamente quanto).
Oggi non avrebbe senso spendere soldi per trasformarle in centrali a gas perché si correrebbe il rischio di non avere abbastanza gas per farle funzionare. Una scelta realistica, ma molto dolorosa per l’ambiente e per il clima, che inoltre rischia di far perdere il posto di lavoro agli operai di Ansaldo Energia che avrebbero dovuto essere impiegati nei progetti di trasformazione delle centrali.
Come al solito, abbiamo a che fare con problemi complessi dove si intrecciano aspetti tecnologici, geopolitici, economici e sociali. Difficile dire come ne usciremo, ma certamente non faremo molta strada se continueremo a muoverci senza una adeguata strategia di lungo periodo.
Il fatto che una società come Ansaldo Energia sia in difficoltà è di per sé un vero e proprio paradosso. La società ha alle spalle una storia gloriosa e antica che l’ha vista protagonista del settore dell’ingegneria energetica a livello mondiale. Potrebbe (dovrebbe) essere uno strumento prezioso per assecondare la politica energetica nazionale, sviluppando le tecnologie che sono necessarie al Paese. Malgrado le difficoltà, attraverso la sua controllata Ansaldo Nucleare, il gruppo Ansaldo è riuscito a mantenere i giusti contatti con i leader mondiali del settore nucleare ed è attivamente impegnato (all’estero, perché in Italia non lo può fare) per lo sviluppo delle centrali nucleari di quarta generazione a piombo fuso.
Per chi – come me – conosce questa realtà da oltre mezzo secolo vedere gli operai di Ansaldo Energia disperati e ridotti alla protesta di strada è un vero e proprio “pugno nello stomaco“. Non meno impattante rispetto a quello che possono aver provato alcuni attivisti di Fridays for future quando hanno sentito la loro leader ammettere che – almeno in certi casi – il nucleare non è il male peggiore.
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