Torneremo a navigare a vela?

Per il momento è solo un concetto, ma il progetto Oceanbird potrebbe portare tra qualche anno alla realizzazione di una nave capace di trasportare 7.000 auto ed in grado di attraversare l’oceano Atlantico in circa 12 giorni, alla velocità media di 10 nodi. Grazie all’uso di vele ad alta tecnologia, le emissioni di gas serra di questa nave sarebbero ridotte del 90% rispetto ad una nave tradizionale. Questa è solo una delle tante idee proposte per ridurre l’impronta ambientale e climatica dei trasporti marittimi.

Simulazione della nave cargo che sarà sviluppata nell’ambito del progetto Oceanbird

Può sembrare paradossale che oggi qualcuno pensi di tornare alla navigazione a vela, ma il progetto svedese Oceanbird non è uno scherzo ideato da qualche buontempone. La proposta è seria ed è basata sull’utilizzo di nuove ed avanzate tecnologie, ma farà comunque uso del vento come elemento fondamentale per far viaggiare la nave. Ci sarà anche un motore tradizionale da utilizzare sia per gli spostamenti in porto che per viaggiare nelle giornate di bonaccia.

Il progetto svedese non è l’unico attualmente in fase di sviluppo ed il recente aumento del costo dei combustibili fossili ha certamente contribuito ad aumentare l’interesse per un eventuale ritorno alla navigazione a vela.

Aldilà dei costi, va ricordato che la grande maggioranza delle navi oggi utilizzano come combustibile le frazioni più pesanti del petrolio, sostanzialmente il residuo del processo di raffinazione. Si tratta di un olio che contiene una elevata concentrazione di zolfo e di altri inquinanti e che produce danni pesanti sia dal punto di vista ambientale che climatico.

Il problema è ben noto e l’IMO (International Maritime Organization) sta cercando di porvi rimedio. Ad esempio, per le navi più grandi è stato reso obbligatorio l’uso di uno “scrubber” (torre di lavaggio) utilizzata per ripulire gli scarichi dei motori dai componenti più inquinanti. Peccato che poi molte navi versino direttamente in mare i liquami raccolti dagli scrubber invece di conferirli in porto agli appositi sistemi di raccolta.

Dal punto di vista climatico, le navi sono responsabili di una quota pari al 4-5 % delle emissioni di gas serra di origine antropica (un valore vicino a quello delle emissioni generate dal trasporto aereo). Un dato importante, soprattutto alla luce del fatto che tale quota sembra destinata a crescere fortemente nel corso dei prossimi anni.

Sono state fatte molte proposte per ridurre il livello delle emissioni di gas serra dovute alla navigazione. Oltre all’ipotetico ritorno alla navigazione a vela discusso precedentemente, la maggior parte dei progetti prevede l’utilizzo di motori a combustione interna alimentati con combustibili diversi rispetto all’olio pesante. Un sostanziale miglioramento, sia dal punto di vista ambientale che da quello climatico, si può ottenere utilizzando, ad esempio, gas naturale liquido (GNL).

Attualmente sono in corso sperimentazioni per l’utilizzo di vettori energetici alternativi come ammoniaca (NH3) o idrogeno (H2). Ambedue queste soluzioni presentano problemi non banali sia dal punto di vista tecnologico che da quello della sicurezza. Va detto che ambedue i combustibili risolvono solo apparentemente il problema delle emissioni di CO2. Infatti se l’ammoniaca e l’idrogeno sono prodotti partendo dal metano, rimane il problema delle emissioni di CO2 che vengono generate al momento della loro preparazione. Il problema non si pone invece quando la produzione avviene utilizzando tecnologie “verdi“, basate su energie rinnovabili.

In conclusione, anche per il mondo della navigazione si prospettano grandi cambiamenti. Il settore tende a sfuggire alle regolamentazioni perché il grosso delle emissioni avviene in alto mare ed il rispetto delle regole non è facile da controllare, ma c’è comunque la necessità di intervenire perché l’impatto della navigazione su ambiente e clima rischia di diventare sempre più importante.

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