Il litio è un materiale di straordinaria importanza strategica. Oltre ad essere un elemento essenziale per la produzione delle batterie ricaricabili destinate ad alimentare i veicoli a trazione elettrica, servirà anche come combustibile per le future centrali a fusione nucleare (essendo il precursore del trizio (3H) che si ottiene bombardando con neutroni l’isotopo 6 del Litio: 6Li + n → 4He + 3H). Il litio abbonda nelle rocce della crosta terrestre (mediamente circa 30 parti per milione in peso), ma è raro trovarlo in concentrazioni elevate e quindi ha costi (anche ambientali) di estrazione e di purificazione piuttosto alti. Su questo metallo circolano sovente miti e vere e proprie fake news, talvolta messe in giro da coloro che vedono con diffidenza l’arrivo delle auto elettriche e che vorrebbero prolungare il più a lungo possibile l’utilizzo dei motori a combustione interna.
Leggendo i giornali e sentendo le dichiarazioni di esponenti dell’economia e della politica mi è capitato spesso di imbattermi in affermazioni piuttosto avventate a proposito del litio e delle tecnologie ad esso collegate. Spesso viene dato spazio a vere e proprie fake news ed è difficile capire se tali comportamenti siano dovuti solo a superficialità oppure siano il frutto di malafede.
Ad esempio, pochi giorni fa ho sentito affermare che l’estrazione del litio avverrebbe nelle miniere africane dove si sfrutta il lavoro minorile. La preoccupazione per i bambini africani non mi è parsa davvero genuina perché la conclusione del discorso era “se non vogliamo sfruttare i bambini africani, non compriamo le auto elettriche e continuiamo a costruire auto dotate di motori a combustione interna“.
Le miniere africane sono sovente caratterizzate da condizioni di lavoro terribili, con bambini (e adulti) trattati in modo disumano. Ma non si tratta di miniere di litio (l’Africa produce solo una piccola parte del litio estratto a livello mondiale). Il problema riguarda l’estrazione del cobalto, anch’esso usato per la costruzione di gran parte delle attuali batterie ricaricabili. Tuttavia, aldilà della preoccupazione per i gravi problemi etici, tutti i grandi costruttori di batterie sono fortemente impegnati a sostituire il cobalto con altri materiali perché di cobalto non ce n’è abbastanza, costa troppo e se non si cambiano rapidamente le tecnologie rischia di diventare un vero e proprio collo di bottiglia per lo sviluppo del settore.
Per cercare di fare un po’ di chiarezza sull’argomento, può essere utile analizzare il dato relativo alla produzione mondiale di batterie per l’alimentazione di veicoli a trazione elettrica (EV):
Il mercato mondiale delle batterie al litio per veicoli a trazione elettrica (EV) è destinato a salire da 17 miliardi di US$ nel 2019 fino a 95 miliardi di US$ nel 2028. Attualmente le aziende cinesi occupano una quota di mercato assolutamente predominante e a loro si devono rivolgere i costruttori d’auto occidentali man mano che la loro produzione passa dai modelli tradizionali dotati di motori a combustione interna ai nuovi modelli ibridi plug-in o a trazione integralmente elettrica.
Molti hanno messo in evidenza come tale situazione esponga le aziende automobilistiche occidentali a seri rischi di natura geopolitica. Un eventuale blocco delle forniture provenienti dalla Cina produrrebbe un immediato blocco della produzione, soprattutto tra una decina d’anni quando la quota dei modelli dotati di motori a combustione interna sarà molto ridotta rispetto ai livelli attuali.
Per far fronte a questo rischio tutti i principali produttori di auto europei ed americani hanno avviato la costruzione di grandi fabbriche di batterie. I risultati di questi investimenti non sono ancora visibili, ma si prevede che dal 2024 in poi la produzione di batterie al di fuori dell’Asia potrà incominciare a decollare.
Ovviamente per produrre le batterie occorrono le materie prime, a cominciare dal litio. Molti sostengono che la Cina abbia il controllo delle riserve di litio e quindi possa influenzare i mercati di questo materiale in maniera determinante. In realtà, non è così. Come si vede dai dati seguenti, il ruolo della Cina non è assolutamente dominante né in termini di produzione, né per quanto riguarda la disponibilità di risorse minerarie da sfruttare in futuro:
In realtà il maggior produttore mondiale di litio è l’Australia, seguito dal Cile che – a livello mondiale – è il Paese che dispone delle riserve più rilevanti:
Il ruolo dominante che la Cina sta svolgendo per quanto riguarda la produzione di batterie al litio è il frutto di forti investimenti fatti nel recente passato e di una fitta rete di accordi commerciali con diversi Paesi che la riforniscono di litio. A differenza di quello che succede per le terre rare, le riserve di litio presenti in Cina sono troppo poche per garantire al Paese l’indipendenza dalle forniture estere: tenuto conto dello sviluppo atteso per il mercato delle batterie al litio, se la Cina dovesse contare solo sul litio presente sul suo territorio esaurirebbe le sue miniere entro poco più di una decina d’anni.
Quindi chi descrive il Dragone come il dominus indisturbato del mercato delle batterie al litio per i prossimi decenni sottovaluta la dipendenza della Cina dalle forniture di litio che le arrivano dall’estero, soprattutto dal Cile e dall’Argentina. Se le tensioni tra Cina e Stati Uniti dovessero crescere innescando uno scontro che vada aldilà delle attuali scaramucce verbali, le aziende cinesi produttrici di batterie al litio rischierebbero di bloccarsi.
Nel frattempo, diversi Paesi europei (tra cui l’Italia) si stanno attivando per la ricerca di nuovi depositi minerari che possano essere sfruttati per l’estrazione del litio. Ma la vera risorsa su cui potremo contare nel medio-lungo termine è quella del riciclo.
Ogni anno in Italia buttiamo circa 30 milioni di batterie al litio per telefoni cellulari. A queste si aggiungono quelle di tablet, notebook e dei diversi tipi di utensili senza fili che usiamo nelle nostre case e nelle nostre officine. Ma questa enorme quantità di batterie al litio apparirà poca cosa, man mano che si diffonderanno le auto elettriche e le ibride plug-in (dotate anch’esse di una batteria al litio di grandi dimensioni).
Le batterie al litio esauste provenienti dai veicoli elettrici possono essere utilizzate ancora per un certo tempo nei sistemi di accumulo dell’energia, ma prima o poi devono essere riciclate. Tenendo conto che il tasso di recupero del litio contenuto in una batteria può arrivare fino al 90%, si capisce come il riciclo possa diventare una sorgente progressivamente sempre più importante per alimentare le fabbriche che costruiscono le nuove batterie. Attualmente gli impianti di riciclo del litio proveniente dalle batterie esauste sono ancora poco presenti in Europa, ma si prevede che il loro numero sia destinato a crescere sensibilmente nel corso dei prossimi anni (e anche l’Italia dovrebbe finalmente decidersi a fare qualcosa!).
In conclusione, anche se oggi la Cina svolge un ruolo dominante nel mercato della produzione delle batterie al litio, non è affatto detto che le aziende occidentali siano necessariamente destinate a soccombere. Fino a pochi anni fa c’è stata – sia in Europa che negli Stati Uniti – una sottovalutazione dell’importanza strategica di questo materiale e si è preferito lasciare alla Cina il ruolo di “fabbrica del mondo“. Non è stata una scelta lungimirante e potrebbe ritorcersi contro di noi, ma la partita è solo all’inizio e ce la possiamo ancora giocare.
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