Conviene installare i pannelli fotovoltaici sul tetto di casa?

La crisi energetica e la conseguente forte ripresa dell’inflazione hanno – da una parte – aumentato l’interesse per l’auto-produzione di energia elettrica, ma hanno anche creato forti tensioni sul mercato dei sistemi fotovoltaici. Non è facile orientarsi tra sconti fiscali, incentivi, costi crescenti e ansie da carenza di energia. C’è il rischio di fare scelte avventate ed economicamente poco vantaggiose. Per capire come stanno effettivamente le cose, può essere utile fare alcuni semplici calcoli.

Nel corso del primo semestre di quest’anno sono stati installati in Italia pannelli solari con una potenza di picco complessiva pari a circa 1 GW, più del doppio della potenza installata nello stesso periodo del 2021 (circa 400 MW). Complessivamente in Italia ci sono oltre 1 milione di impianti fotovoltaici, con una potenza di picco installata pari a 23,5 GW. Si tratta perlopiù di piccoli impianti domestici installati sui tetti delle nostre case che hanno complessivamente una potenza di picco pari a 5,5 GW. Il settore industriale e commerciale è quello che dispone della potenza di picco più elevata (circa 13 GW), mentre i rimanenti 5 GW corrispondono agli impianti solari gestiti dai produttori di energia elettrica. Una quota crescente degli impianti fotovoltaici installati in Italia è dotata di sistemi di accumulo dell’energia elettrica basati su batterie al litio.

I numeri sono importanti, ma dovrebbero aumentare considerevolmente se si volesse fare del solare fotovoltaico la sorgente di energia più rilevante del nostro sistema energetico. Di fronte all’aumento delle bollette, molti (sia privati che imprese) stanno valutando l’opportunità di installare nuovi pannelli fotovoltaici, ma talvolta sono rimasti disorientati dalla complessità dei passaggi burocratici e anche dalla difficoltà di trovare fornitori ed installatori in grado di svolgere il lavoro. Già prima della crisi energetica, il settore era stato messo sotto pressione dalle ristrutturazioni sostenute dal famoso 110%. Oggi chi volesse costruire un nuovo impianto deve spesso rassegnarsi e mettersi “in lista d’attesa“, anche se si prevede che – nel corso del prossimo anno – la situazione dovrebbe diventare più fluida.

Installare sul tetto di casa un impianto fotovoltaico è – prima di tutto – un atto di attenzione nei confronti dell’ambiente e del clima, ma può essere anche un’operazione economicamente vantaggiosa, a patto che si rispettino alcune semplici regole. Vediamo quali:

  1. La prima (ovvia) condizione da rispettare è che l’impianto fotovoltatico sia installato con la giusta esposizione e lontano da costruzioni, alberi o altri ostacoli che, nel corso della giornata, possano generare zone d’ombra. Sembra ovvio, ma se vi guardate intorno vi sarà senz’altro capitato di vedere impianti installati nelle posizioni più improbabili (esposti verso Nord o in prossimità di monti che oscurano la luce diretta del Sole per molti mesi all’anno). Questi impianti rischiano di non riuscire a produrre – nel corso di tutta la loro vita – neppure la quantità di energia che è stata utilizzata per costruirli e per installarli. Dal punto di vista ambientale e climatico il loro bilancio è negativo.
  2. In Italia, un impianto fotovoltaico con una potenza di picco di 6 kW, orientato correttamente verso Sud, produce mediamente circa 8.000 kWh all’anno. La produzione raggiunge il massimo durante i mesi estivi (circa 900 kWh nel mese di luglio) e scende a circa 400 kWh nel mese di gennaio. Il valore della produzione dipende dalla latitudine: nel Nord del Paese si raggiungono al massimo circa 7.000 kWh all’anno, mentre al Sud si superano i 9.000 kWh all’anno. Oltre che dalla latitudine e dall’orario, l’energia prodotta dipende anche dalle specifiche condizioni meteorologiche (in una giornata nuvolosa o nebbiosa la produzione si riduce di oltre il 75% rispetto al valore che si otterrebbe in condizioni di cielo sereno).
  3. Non tutte le abitazioni hanno un tetto abbastanza esteso per poter installare un impianto fotovoltaico di dimensioni adeguate. Usando i migliori pannelli attualmente disponibili commercialmente ci vogliono almeno 30 m2 di superficie per montare un impianto fotovoltaico con una potenza di picco pari a 6 kW (la potenza che serve per soddisfare i consumi tipici di un nucleo famigliare). La superficie aumenta fino a 50 m2 ed oltre se si utilizzano pannelli a basso rendimento oppure se i pannelli sono montati su un tetto piano (in tal caso devono essere distanziati per evitare che si facciano ombra uno sull’altro).
  4. Il settore dei pannelli fotovoltaici è sottoposto ad una continua evoluzione. In particolare i futuri pannelli che combineranno silicio e perovskiti potranno arrivare ad una efficienza dell’ordine del 30%, senza un particolare aumento dei costi di produzione. Tuttavia tali dispositivi non sono ancora disponibili commercialmente ed è difficile pronosticare quando arriveranno effettivamente sul mercato. Al momento, la scelta migliore è quella di optare per i pannelli fotovoltaici costruiti in silicio monocristallino che garantiscono un rendimento superiore al 20%.
  5. Oggi un utente che usi il cosiddetto servizio di “maggior tutela” paga 1 kWh circa 0,3 Euro, ma se cede alla rete l’energia prodotta dal suo impianto fotovoltaico riceve circa 0,1 Euro per kWh. I prezzi sono soggetti ad una elevata variabilità ed è estremamente difficile fare ipotesi ragionevoli sulla loro futura evoluzione. Tuttavia sarà sempre più conveniente utilizzare l’energia prodotta, piuttosto che cederla alla rete per poi riacquistarla ad un prezzo molto più alto poche ore dopo.
  6. Quindi è senz’altro meglio dotarsi di un sistema di accumulo dotato di batterie al litio che rappresenta un notevole costo aggiuntivo (molto grossolanamente i costi di impianto quasi raddoppiano), ma consente di immagazzinare l’energia prodotta durante le ore centrali della giornata per riutilizzarla nell’arco di tutte le 24 ore.
  7. Il dimensionamento dell’impianto può essere fatto seguendo diverse strategie. Ad esempio, si può costruire un impianto di potenza abbastanza grande per coprire tutti i consumi elettrici anche d’inverno e – in questo caso – probabilmente durante l’estate il sistema produrrà un eccesso di energia che dovrà essere immesso in rete. Oppure si può installare un impianto più piccolo che soddisfi la richiesta di consumo estivo, ma in questo caso bisognerà mettere nel conto il fatto che durante i mesi invernali si dovrà acquistare una elevata frazione dell’energia consumata. La scelta dipenderà da vari fattori come, ad esempio, l’impiego di una pompa di calore per il riscaldamento invernale oppure, nel caso in cui si abiti in una zona dal clima invernale particolarmente mite, dall’incidenza dei consumi estivi per il condizionamento dell’aria.
  8. Supponiamo di installare un impianto fotovoltaico con una potenza di picco pari a 6 kW, dotato di accumulo. L’impianto potrà fornire, nell’arco di 1 anno, circa 8.000 kWh. Consideriamo un costo di impianto pari a circa 18.000 Euro (il costo – chiavi in mano – è puramente indicativo). Supponiamo che il 50% della spesa sia rimborsata attraverso contributi pubblici o uno sconto sulle imposte. Assumiamo che l’80% dell’energia prodotta sia consumata direttamente dal produttore (costo attuale per i contratti di “maggior tutela” circa 0,3 Euro/kWh) e che il 20% sia ceduta alla rete (ricevendo, ai prezzi attuali, circa 0,1 Euro/kWh). Il ritorno economico sarebbe pari a circa 2.000 Euro all’anno. Questo vuol dire che in meno di 5 anni avremmo recuperato l’investimento iniziale (al netto delle agevolazioni fiscali).
  9. La stima sui tempi di ammortamento dipende criticamente dal costo dell’energia elettrica. Se si dovesse dimezzare rispetto ai livelli attuali, i tempi di ammortamento aumenterebbero fino a circa 10 anni. Nell’ipotesi – a mio avviso assai poco probabile – che il prezzo dell’energia elettrica torni ai valori pre-pandemia (compresi tra 0,05 e 0,1 Euro/kWh) i tempi di ammortamento diventerebbero confrontabili con la durata media dei pannelli (vedi sotto) e non ci sarebbe una effettiva convenienza economica ad effettuare l’installazione (a meno che i contributi pubblici coprano almeno il 70% della spesa iniziale).
  10. La durata dei pannelli di un impianto fotovoltaico di ultima generazione è pari ad almeno 25 anni. Le componenti elettroniche e soprattutto le batterie hanno una durata inferiore. Per le batterie al litio si stima una durata tipica di almeno 10 anni, ma il valore dipende abbastanza criticamente dalla loro qualità e dal modo con cui sono utilizzate.
  11. La durata delle batterie è il parametro più critico per determinare l’effettiva sostenibilità economica di un impianto fotovoltaico. In generale, non conviene acquistare batterie ed elettronica di controllo di bassa qualità. Si potrà risparmiare qualcosa sul prezzo di acquisto, ma un eventuale cambio delle batterie in tempi brevi (5 anni) potrebbe incidere eccessivamente sui costi di gestione, riducendo sensibilmente il ritorno economico dell’investimento.
  12. Nel prossimo futuro, in concomitanza con l’espansione del mercato dei veicoli elettrici, dovrebbero diventare disponibili sistemi di accumulo low-cost che ricicleranno le batterie dopo il loro uso in campo automobilistico. Una batteria che abbia perso il 25% della sua capacità di carica può limitare sensibilmente l’autonomia di marcia di un’auto elettrica, ma va ancora benissimo per immagazzinare energia (occupa solo un po’ più di spazio rispetto ad una batteria nuova, ma – a differenza di quanto succede a bordo di un’auto – questo non è un problema per l’utilizzo all’interno di un edificio).
  13. Un altro elemento da considerare è quello dello spazio occupato dal sistema fotovoltaico (in particolare dalle batterie di accumulo e dall’inverter). Sono dispositivi ingombranti che non si possono sistemare in un angolo del salotto: serve uno spazio adeguato che rispetti anche norme specifiche per quanto riguarda la sicurezza. Anche questo è un costo, sia pure indiretto, che andrà messo nel conto.
  14. I professionisti del settore utilizzano modelli di calcolo che permettono di ottimizzare le prestazioni dell’impianto in base alle specifiche caratteristiche del cliente. Si tratta di sistemi che consentono di fare valutazioni molto più accurate rispetto ai conti grossolani che vi ho mostrato in questo post e che sono utilissimi per ottenere il migliore dimensionamento dell’impianto.

Anche se l’elevata aleatorietà del costo dell’energia elettrica non consente di fare stime accurate sui tempi di ammortamento degli impianti fotovoltaici, l’installazione di tali impianti può essere conveniente per chi dispone di una abitazione adatta (tetto sufficientemente ampio ed orientato nel modo giusto, spazio adeguato per installare le batterie per l’accumulo e l’elettronica di controllo). Il trucco per aumentare il ritorno economico dell’investimento è quello di utilizzare la maggior parte dell’energia elettrica prodotta, ricorrendo all’immissione in rete solo saltuariamente, quando il sistema di accumulo è saturo.

In conclusione, se potete disporre di un tetto adatto, considerate seriamente la possibilità di installare un impianto fotovoltaico, seguendo l’esempio di oltre 1 milione di italiani che l’hanno già fatto.

Risposte a “Conviene installare i pannelli fotovoltaici sul tetto di casa?”

  1. Avatar Maurizio
    Maurizio

    La mia domanda è semplice. Se in una casa esiste solo una caldaia a gas a condensazione è prioritario valutare prioritariamente l’installazione di una pompa di calore ( che lavori in modalitá ibrida con la caldaia d’inverno e che lavori in estate per il raffrescamento) o è meglio concentrarsi sul fotovoltaico con accumulo? Io sarei più propenso a valutare la pompa di calore.

  2. Avatar Davide Bassi

    In un mondo ideale, bisognerebbe sostituire la caldaia a metano con una pompa di calore ed alimentare la pompa di calore con pannelli fotovoltaici, dotati di un sistema di accumulo.

    Nel mondo reale, bisogna tenere conto delle caratteristiche dell’abitazione (isolamento, esposizione, nuova costruzione o edifico già esistente, ecc.) e trovare la soluzione ottimale caso per caso.

    Se si costruisce una casa nuova, è possibile puntare (anche alle nostre latitudini) ad un edificio a “zero consumo” (non connesso alla rete gas e che si connette alla rete elettrica solo saltuariamente, ma che normalmente è autosufficiente dal punto di vista energetico, sia d’estate che d’inverno).

    L’investimento da fare è significativo, ma sono soldi che si recuperano rapidamente grazie agli incentivi pubblici e al risparmio sulle bollette (senza contare i benefici per ambiente e clima).

    Il discorso cambia profondamente quando andiamo ad operare su un edificio già esistente. Bisogna tenere conto delle condizioni specifiche, avendo ben chiaro che non sempre si possono applicare le nuove tecnologie in modo ottimale.

    Ad esempio, non è semplice trovare una sistemazione ottimale per la pompa di calore (possibile sorgente di rumore e vibrazioni) e non è detto che il terreno su cui poggia l’abitazione sia adatto per installare una sonda geotermica (molto utile alle nostre latitudini per garantire una resa alta durante l’inverno). Per quanto riguarda l’impianto fotovoltaico, non è detto che l’edificio abbia un tetto di dimensioni e orientamento adatti e ci potrebbero essere problemi a trovare uno spazio adeguato per ospitare il sistema di accumulo dell’energia.

    Insomma, vanno fatte le opportune valutazioni caso per caso ed è quindi bene affidarsi ad un progettista esperto. Mi sembra tuttavia importante ricordare che non dobbiamo necessariamente rassegnarci a farci spolpare dai fornitori di luce e gas e che – almeno negli edifici più piccoli – l’auto-produzione di energia è una opzione da valutare con molta attenzione.

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