Il dibattito sul futuro impianto per il trattamento termico dei rifiuti del Trentino: attenti ai “dilettanti allo sbaraglio”!

In questo post cercherò di evidenziare alcuni punti relativi al dibattito sul futuro impianto per il trattamento termico dei rifiuti che si dovrà realizzare in Trentino. In particolare, mi soffermerò sull’alternativa inceneritore/gassificatore, tema sul quale alcune forze politiche stanno già prendendo posizione in modo molto netto. Mi preoccupa il fatto che un tema così delicato possa assumere una connotazione politica oppure che la scelta sia delegata a soggetti privati interessati solo a massimizzare il rendimento dei loro investimenti. Osservo che manca completamente quello che potremmo definire il “dibattito di contesto” dedicato a capire quale sarà il ruolo del futuro impianto nel sistema energetico-ambientale del Trentino.

Come ho discusso in un post dello scorso mese di agosto il trattamento termico dei rifiuti basato sull’uso di un gassificatore ha caratteristiche che lo differenziano notevolmente rispetto ad un più tradizionale inceneritore (detto anche termovalorizzatore se volessimo usare un termine “politicamente corretto“).

Ambedue gli impianti trasformano i rifiuti in ceneri (sia pure di composizione molto diversa tra loro). Nel caso dell’inceneritore si ottiene come prodotto finale energia elettrica e calore. Se si usa un gassificatore, il prodotto finale è costituito dal syngas (una miscela gassosa contenente principalmente idrogeno e monossido di carbonio).

Ambedue le tecnologie presentano punti di forza e punti di debolezza ed è – a mio avviso – impossibile decidere a priori quale delle 2 tecnologie sia la più conveniente per il Trentino. Una cosa è però certa: se l’utilizzo finale del syngas fosse esclusivamente quello di alimentare una o più turbine per generare energia elettrica, possiamo dire che un gassificatore diventerebbe una sorta di inceneritore “mascherato” (in pratica un inceneritore più complicato e più costoso).

L’unico vantaggio sarebbe quello di aver eliminato il grande camino che caratterizza gli impianti di incenerimento, distribuendo gli scarichi nell’aria su più camini che potrebbero essere messi anche ad una certa distanza uno dall’altro. In pratica ci sarebbe un miglioramento dal punto di vista paesaggistico, ma i problemi legati allo scarico complessivo di inquinanti e di anidride carbonica nell’atmosfera sarebbero più o meno gli stessi per ambedue i tipi di impianto.

In altre parole, per rendere veramente attrattiva l’idea di costruire un gassificatore bisognerebbe far sì che il syngas prodotto dall’impianto potesse alimentare impianti industriali che trasformino il syngas in prodotti chimici ad alto valore aggiunto (di fatto il syngas prodotto dal gassificatore andrebbe a sostituire in tutto o in parte il gas naturale che normalmente verrebbe utilizzato per alimentare gli stessi impianti).

Qualcuno parla anche del syngas prodotto dai gassificatori come di una alternativa “rinnovabile” al gas naturale. Tale concetto è profondamente sbagliato a meno che il gassificatore non sia alimentato solo ed esclusivamente da prodotti di origine biologica.

Il grosso del syngas che si produce partendo dai rifiuti deriva dalla componente costituita dalle materie plastiche che non sono state riciclate (a loro volta prodotte partendo dal petrolio o dal metano). Comunque è molto meglio trattare i rifiuti con un impianto termico piuttosto che lasciarli marcire in discarica (dalla quale escono emissioni con un pesante impatto ambientale e climatico).

In conclusione, anche se il syngas prodotto da un gassificatore non è un prodotto “rinnovabile“, si tratta comunque di una fonte di gas significativa e continua che – se usata con intelligenza – può aiutarci a ridurre i consumi (e le importazioni) di gas naturale (ricordo che se anche tutta l’energia elettrica di cui abbiamo bisogno fosse prodotta da sorgenti rinnovabili, avremmo comunque bisogno di ingenti quantità di petrolio e di gas metano da utilizzare come materia base per alimentare le nostre industrie chimiche).

In conclusione, prima di affermare che un gassificatore sia la scelta migliore per il Trentino, andrebbe fatta chiarezza sull’utilizzo del syngas che l’impianto produrrà. Non è detto che l’utilizzo finale debba avvenire necessariamente in Trentino perché il syngas può essere facilmente trasportato con un gasdotto. Solo avendo un quadro completo sarà possibile effettuare una scelta ponderata che tenga conto del rapporto costo/benefici.

In questo momento credo che sia profondamente sbagliato sia abbracciare a priori una specifica scelta tecnologica, sia demandare a privati la scelta finale. La Provincia deve chiarire quale è lo scenario in cui il futuro impianto dovrà operare e quali sono le priorità da considerare. Se si deciderà di localizzare l’impianto vicino ad un grande centro abitato e di sfruttarlo anche per sviluppare una rete di teleriscaldamento, la scelta dovrà per forza cadere sul più tradizionale inceneritore. In alternativa, se si riuscirà a definire una strategia per “dare valore” al syngas, la scelta del gassificatore potrà diventare prioritaria.

Senza dimenticare che qualsiasi sia la scelta adottata, non dobbiamo rinunciare a migliorare la nostra capacità di riciclo, potenziando la raccolta differenziata e soprattutto elevandone la qualità. Ad esempio, una bottiglia di PET (del tipo usato per acqua minerale e bevande), prima di essere trasformata in un filato per uso tessile o di essere bruciata in un impianto per il trattamento termico dei rifiuti, potrebbe essere riutilizzata varie volte come contenitore per bevande alimentari. La vera sfida è quella di aumentare considerevolmente il ciclo di vita dei prodotti plastici, sottoponendoli a trattamento termico solo dopo molti riusi. Solo così potremo ridurre i costi e dare un reale contributo alla salvaguardia dell’ambiente e del clima.

Risposte a “Il dibattito sul futuro impianto per il trattamento termico dei rifiuti del Trentino: attenti ai “dilettanti allo sbaraglio”!”

  1. Avatar Marco Ianes
    Marco Ianes

    Marco Ianes
    Insegnante, progettista di impianti tecnologici, ambientalista vero

    2 GENNAIO 2023

    Inceneritore in Trentino: sicuri che convenga?
    Io direi proprio di no!

    E ci risiamo! Dopo le battaglie di oltre dieci anni fa, il Trentino torna punto e a capo. Un inceneritore per chiudere il cerchio dei rifiuti: questo è stato deciso ieri in giunta provinciale a Trento. Un’assurdità, se si pensa che questo territorio sfiora l’80% della raccolta differenziata e si trova a gestire circa 80.000 tonnellate di rifiuto indifferenziato, che si vorrebbe incenerire.

    La storia della partita dei rifiuti in Trentino è molto complessa e va detto che negli ultimi dieci anni si è letteralmente dormito sugli allori di una percentuale di raccolta differenziata relativamente alta.

    Ma va anche ricordato che, sempre in Trentino, quasi nulla è stato fatto per soddisfare le prime tre regole imposte dalla direttiva europea 2008/98/ce, cioè, nell’ordine:

    1. Prevenzione (riduzione alla fonte);

    2. Preparazione al riutilizzo (trattamenti di selezione);

    3. Recupero di altro tipo (con tecnologie non impattanti).

    A seguito di questi primi tre step potrebbe essere collocato un impianto di incenerimento, ma il Trentino ha deciso di saltare tutto il procedimento e procedere alla realizzazione di un inceneritore. Qui alcune riflessioni, molto critiche, sia di ordine politico che tecnico.

    1. La fase preliminare potrebbe trovare una progettazione di prevenzione basata su incentivi di riduzione della pressione fiscale, per le aziende che rivedono i loro sistemi di proposta dei prodotti lavorando su imballaggi riciclabili, oppure su distribuzione di prodotti che limitino l’uso di materiali che non sono riciclabili. E questa sarebbe una buona via per iniziare a soddisfare il primo punto della direttiva europea, riducendo così di conseguenza pure il residuo da incenerire.

    2. La preparazione al riutilizzo, con trattamenti di selezione delle materie prime che compongo il residuo rifiuto, potrebbe essere una via ulteriore di implementazione impiantistica che separi per matrici ciò che compone il residuo rifiuto. Sì, perché ciò che giace nell’indifferenziato ha matrice plastica, oppure metallica, oppure a base di cellulosa in gran parte; quindi, con l’utilizzo della sensoristica e di appositi bracci robotici che prelevano i materiali su nastri trasportatori, si potrebbe ridurre ulteriormente il residuo “da bruciare”.

    3. Aspetto politico: viene da chiedersi perché insistere su un impianto di incenerimento, che va ad alterare equilibri ambientali già seri sull’asta dell’Adige, nonché compromette l’immagine di vini pregiati come TrentoDoc, Teroldego. Inoltre forse, almeno per coerenza, sarebbe bene eliminare il motto “Respira, sei in Trentino”, perché non è molto coerente con il concetto di combustione di rifiuti in una zona molto vocata al turismo.

    Veniamo all’inceneritore, come macchina di produzione di energia elettrica e termica. Il rendimento di tale impianto, elettricamente parlando, oscilla tra il 25-30%, quindi produrre energia elettrica da combustione di rifiuti non è certo significativo, oltretutto per una regione che ha nell’idroelettrico una grande risorsa disponibile. Per quanto riguarda la produzione termica, va detto che bisognerebbe realizzare una rete di teleriscaldamento; e qui si parla di opere invasive per la città di Trento, con l’attraversamento del fiume Adige (l’inceneritore verrebbe posto a destra del fiume Adige, Ischia Podetti, mentre la città si sviluppa sull’altro lato).

    Chi governa oggi il Trentino dieci anni fa era in prima linea a combattere contro un impianto di incenerimento dei rifiuti (qui un articolo dell’epoca, dove nella protesta si scorge pure l’allora consigliere, oggi presidente, Fugatti). Oggi, invece, tutti d’accordo nel procedere con un inceneritore.

    Il bando di gara, oltre dieci anni fa, andò deserto e si parlava di una macchina che avrebbe dovuto trattare circa 103.000 Ton; ora sono circa 80.000 Ton, quindi che appetibilità economica potrebbe avere sotto il profilo dei ricavi per l’eventuale gestore? Molto poca!

    Si rischia davvero un altro flop con una mancata soluzione al problema reale, cioè la gestione del ciclo dei rifiuti, evitando le discariche come attualmente si sta facendo. Molto più veloce e attuabile sarebbe mettere in campo strategie di riduzione, come prima accennato, abbinandole a impianti di trattamento meccanico, per ridurre ciò che rimane.

    Ricordando, comunque, che l’inceneritore non elimina totalmente i rifiuti; ciò che viene bruciato in parte passa dal camino e lo respireremo, oppure verrà depositato sui terreni e assimilato dalla vegetazione, che mangiamo e che mangiano pure gli animali da reddito. Oltre a ciò rimane una percentuale di residuo (ceneri e polveri) che oscilla tra il 25-30%, ma sono rifiuti speciali che dovranno essere mandati in discariche dedicate.

    Siamo ancora sicuri che incenerire i rifiuti sia conveniente per il Trentino? Io direi proprio di no! Meglio sarebbe progettare in maniera più approfondita tutto il sistema partendo dalla riduzione alla fonte; più veloce, più rispettoso dell’ambiente coinvolgendo associazioni di categoria per definire gli strumenti compensativi per la rivisitazione di come produrre il rifiuto medesimo.

    Ma qui siamo su livelli troppo alti per una giunta che, con grande semplicismo, delega ai Comuni una discussione su come e dove realizzare l’impianto; d’altronde è più facile bruciare e far apparire questa come l’unica soluzione unica e possibile. Progettare un sistema nuovo, che tenga in considerazione tutte le voci della direttiva europea, implicherebbe meno tempo, meno soldi, ma sicuramente più impegno. Cose da fantapolitica, per il Trentino di oggi.

    Per approfondimenti su un’alternativa possibile, vedi la presentazione:

    https://www.marcoianes.net/1/upload/1_alternativa_inceneritore.pdf

    1. Avatar Davide Bassi

      Senza offesa, si tratta – a mio avviso – di una presa di posizione velleitaria che non tiene conto della realtà. Ovviamente sono disposto a dimostrarlo in un confronto pubblico, se qualcuno volesse organizzarlo.

      Senza entrare nei dettagli, ricordo che di residuo in Trentino ne produciamo almeno 120 mila tonnellate all’anno, di cui circa la metà impropriamente smaltita assieme ai rifiuti differenziati.

      Questo è un problema che gli ambientalisti si ostinano ad ignorare. Se il Trentino facesse raccolta differenziata di qualità (invece che di quantità) il livello della quota differenziata sarebbe molto inferiore rispetto al circa 80% delle statistiche ufficiali (ad esempio il residuo smaltito assieme agli imballaggi ufficialmente risulta come quota differenziata, ma rimane comunque un residuo che alla fine finisce in un inceneritore).

      Concordo sul fatto che si debba migliorare la raccolta differenziata partendo da una progettazione migliore degli imballaggi. Ma non è un problema che il Trentino possa affrontare da solo.

      L’alternativa prospettata soffre – a mio avviso – di un pesante condizionamento di natura ideologica. Non credo che gli ambientalisti che propongono soluzioni così fuori dalla realtà facciano un buon servizio alla causa che vogliono difendere.

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