Secondo i dati diffusi oggi da SNAM i depositi di gas naturale italiani sono pieni all’84% rispetto al 68% di un anno prima. Il risultato è legato all’andamento climatico autunnale particolarmente mite rispetto alla media ed ai risparmi che sono stati realizzati a seguito del piano di emergenza elaborato dal Governo Draghi per combattere la crisi energetica. I consumi del quarto trimestre 2022 sono ammontati a 16,9 miliardi di m3 (dato preliminare) contro i 22,5 miliardi di m3 di gas consumati nello stesso periodo del 2021. Un risultato molto incoraggiante, se non fosse offuscato dal contemporaneo aumento nell’uso di carbone per la produzione di energia elettrica che si è verificato nel corso del 2022.
Il comunicato stampa emesso questa mattina da SNAM fornisce un quadro ottimistico sullo stato dei depositi di gas naturale italiani. Grazie all’andamento climatico favorevole e ai programmi di risparmio adottati da imprese e privati cittadini, i consumi di gas in Italia sono crollati nel corso dell’ultimo trimestre 2022 (-24,9 % rispetto allo stesso periodo del 2021). A meno di eventi imprevisti, l’Italia potrebbe arrivare alla prossima primavera conservando intatta una parte significativa delle sue riserve di gas naturale e questo avrà un impatto positivo sul ripristino delle scorte in previsione della stagione invernale 2023/24.
Minori consumi significano anche prezzi meno soggetti alle spinte speculative. La discesa del prezzo del gas che stiamo osservando in questi giorni è legata senz’altro al calo della domanda che lascia meno spazio a chi tenta di innescare una crescita esponenziale dei prezzi.
Fin qui le buone notizie. Va tuttavia notato che il minore consumo di gas non corrisponde necessariamente ad una riduzione delle emissioni di CO2. Non abbiamo ancora i dati complessivi dell’anno 2022, ma non c’è dubbio che una parte significativa del gas risparmiato sia stata sostituita dall’uso del carbone. In particolare, la grave siccità che ha caratterizzato tutto l’anno 2022 ha portato ad una forte riduzione della produzione di energia idroelettrica e questo ha causato l’incremento dell’utilizzo di carbone per alimentare le vecchie centrali termoelettriche (che si sarebbero dovute chiudere o convertire all’uso del metano). In assenza di dati precisi è impossibile fare i conti, ma – “spannometricamente” parlando – dubito che l’Italia abbia ridotto, nel corso del 2022, le sue emissioni di anidride carbonica.
Paradossalmente il clima autunnale particolarmente mite ha portato con sé anche una forte riduzione delle precipitazioni che ha contribuito ad aggravare il fenomeno della siccità. Le precipitazioni nevose di inizio dicembre hanno salvato le vacanze di fine anno nelle località montane alpine, ma sono ancora largamente insufficienti rispetto al livello che sarebbe necessario per ripristinare le riserve d’acqua. Siamo quindi costretti a sperare in un prosieguo d’inverno particolarmente freddo e nevoso: forse ci costringerà a consumare un po’ più di gas, ma sarà un toccasana per il turismo invernale, l’agricoltura estiva e la produzione di energia idroelettrica durante tutto il 2023.
Questo è un bell’esempio di complessità (nel senso di teoria dei sistemi complessi) applicata al mondo reale. L’inverno mite, con precipitazioni scarse, produce benefici a breve termine (riduzione dei consumi di gas), ma produce danni sul medio lungo-periodo. Non è semplice trovare il punto di equilibrio ottimale, ma speriamo davvero che i nostri monti siano ricoperti a breve di tanta neve!
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