Il riscaldamento globale e la montagna

L’evento organizzato nel centro di Trento per pubblicizzare la prossima edizione della Marcialonga ha suscitato vivaci polemiche. In particolare è stato molto criticato l’allestimento di una mini pista artificiale per lo sci da fondo. Uno spreco energetico inutile che si sarebbe dovuto evitare. Non ci consolano le assicurazioni del Sindaco Ianeselli secondo cui il Comune di Trento non avrebbe speso un euro per sostenere l’iniziativa.

Gli effetti del riscaldamento globale sono ormai evidenti e sono destinati ad impattare sempre di più sulle nostre esistenze. In tale contesto, l’economia delle zone alpine incentrata intorno allo sviluppo dello sci è esposta a rischi particolarmente gravi, soprattutto a quote inferiori a circa1.500 metri.

A fronte di questi problemi, la reazione di molti è quella di negare l’evidenza, rifiutandosi di affrontare il problema. Invece di cercare un nuovo modello di sviluppo turistico adatto alle zone alpine a maggior rischio climatico si procede”business as usual“, facendo finta di non vedere ciò che sta accadendo.

La recente iniziativa allestita nel centro di Trento per promuovere la prossima edizione della Marcialonga sembra andare proprio in questa direzione. Si è scelto di installare nel centro di Trento una mini pista di sci da fondo dispiegando un gran numero di mezzi che sono serviti per trasportare la neve fino a bassa quota. Un grande dispendio energetico ed uno spregio vero e proprio dal punto di vista climatico che si sarebbe dovuto evitare.

In tale contesto, credo che il Sindaco di Trento Ianeselli abbia perso una buona occasione per assumere una posizione chiara sull’argomento: non basta assicurare che il Comune di Trento non ha speso nulla (qualche altro ente pubblico avrà pagato le spese) e che l’evento è anche un’occasione per discutere dei problemi climatici. Purtroppo di dibattiti ne abbiamo fatti fin troppi ed ora è arrivato il momento di agire, garantendo – se possibile – un minimo di coerenza.

Sappiamo che il riscaldamento globale è un fenomeno planetario e che un singolo episodio – per quanto dispendioso dal punto di vista energetico – ha un effetto trascurabile sull’andamento complessivo delle temperature. Sappiamo anche che se il Trentino – da solo – si comportasse in modo assolutamente responsabile e diventasse magicamente “carbon-free“, l’effetto a livello planetario sarebbe comunque trascurabile. Ma non dobbiamo dimenticare che la transizione energetica è responsabilità di tutti e che i comportamenti collettivi sono fortemente influenzati dagli esempi che abbiamo davanti agli occhi.

Far passare l’idea che “tutto sommato un singolo episodio è ininfluente” è – a mio avviso – un grave errore perché lascia intendere che ciascuno di noi può continuare a non cambiare le sue vecchie abitudini, affidando ad indefiniti “altri” il compito di prendere i necessari provvedimenti.

C’è poi un’altra considerazione da fare. Dal punto di vista del marketing turistico il Trentino vende il suo “prodotto” associandolo ad una immagine di territorio rispettoso dell’ambiente e del clima. Iniziative come quella che è stata organizzata a Trento vanno esattamente nella direzione opposta e rischiano di far perdere attrattività al Trentino, soprattutto rispetto ai turisti delle giovani generazioni. Le nostre Autorità turistiche sembrano ignorare questo fatto e si illudono che sia sufficiente pubblicizzare il nostro territorio come una sorta di “Trentino delle fate” del tutto sconnesso rispetto alla realtà.

Anche questo è – a mio avviso – un limite dell’approccio seguito dal Trentino in campo turistico. Continuare a negare l’esistenza dei problemi e propagandare un Trentino “posticcio” può dare risultati a breve termine, ma non produrrà nulla di buono a medio-lungo termine.

Risposte a “Il riscaldamento globale e la montagna”

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    Dai primi dati rilevati tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 sembra che si stiano riproponendo le condizioni dello scorso anno, considerato eccezionale: è ancora presto per dire se la prossima estate sarà siccitosa come quella del 2022, perché molto dipende da quanto pioverà in primavera, ma in attesa di capirlo si sta usando l’esperienza accumulata per trovare rimedi almeno parziali.

    ….

    Anche in Veneto la situazione è simile. A gennaio la portata del fiume Adige è stata del 22 per cento inferiore rispetto alla media tra il 2004 e il 2019. Anche altri fiumi, su tutti la Livenza, hanno raggiunto livelli tra i più bassi degli ultimi anni. Soltanto nel 1987 il lago di Garda aveva raggiunto un livello più basso dell’attuale nei mesi invernali. Nelle regioni del centro e del sud, invece, la situazione non è preoccupante grazie alla pioggia caduta nei mesi invernali.

    Anche in Veneto, una delle regioni in cui la situazione sembra essere più critica, il piano di realizzazione degli invasi stenta a partire nonostante le allerte diffuse lo scorso anno. La scorsa settimana, durante un’audizione dei consorzi di bonifica nella commissione consiliare che si occupa del tema, il direttore generale di ANBI Veneto, Andrea Crestani, ha detto che se in primavera non pioverà si dovranno valutare limitazioni alla distribuzione di acqua potabile: «Ovviamente speriamo che piova abbondantemente questa primavera, ma le falde sono al limite, gli invasi per l’agricoltura non basteranno. Mi rendo conto che questa sarà una decisione difficile, ma dobbiamo capire che arriviamo alla prossima stagione calda con i serbatoi vuoti».

    https://www.ilpost.it/2023/02/08/siccita-agricoltura-acqua

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    GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO 2023
    Che futuro hanno gli impianti sciistici?

    La mancanza di neve naturale e i costi proibitivi di quella artificiale suggeriscono che il turismo invernale vada ripensato

    Anche quest’inverno, come era successo lo scorso anno, la mancanza di neve ha ridotto molte piste da sci sulle Alpi a sottili strisce bianche di neve artificiale, circondate dal verde dei boschi e dal giallo delle montagne aride. Sulle Alpi e sugli Appennini la neve è poca a causa di condizioni meteorologiche molto simili a quelle dell’inverno di un anno fa: negli ultimi tre mesi le temperature sono state eccezionalmente miti e le precipitazioni scarse.

    La mancanza di neve in Italia è più grave e frequente oggi rispetto al passato, e condiziona inevitabilmente il turismo invernale, uno dei settori dell’economia più sensibili ai cambiamenti climatici. Negli ultimi anni diversi studi hanno cercato di capire cosa succederà nei prossimi decenni e le conclusioni sono tutte molto simili: la neve cadrà a partire da quote sempre più alte e gli impianti di risalita dovranno trovare alternative alle piste da sci per sopravvivere.

    Le diverse stime sulla scarsa sostenibilità degli impianti situati a bassa quota pongono molti interrogativi sull’opportunità di continuare a investire su stazioni sciistiche destinate a essere poco o per nulla redditizie e attrattive.

    Nell’ultimo rapporto di Legambiente sul tema, chiamato Nevediversa, sono stati individuati alcuni casi di «accanimento terapeutico», come vengono definiti dall’associazione ambientalista: si tratta di impianti che già oggi sopravvivono soltanto grazie al sostegno economico delle istituzioni. Tra questi ci sono Col du Joux, in Valle d’Aosta, a 1.600 metri di altitudine; Bolbeno, in provincia di Trento, che ha ricevuto 4 milioni di euro per impianti a bassissima quota, tra 560 e 660 metri di altezza;

    Corno alle Scale, sul monte Cimone, nell’Appennino emiliano, a cui è stato concesso un finanziamento a fondo perduto di 20 milioni di euro per impianti aperti soltanto con innevamento artificiale; Biemonte, in provincia di Biella, tra 1.500 e 1.650 metri di altezza. In questa mappa ci sono invece gli impianti dismessi in Italia

    https://www.ilpost.it/2023/02/09/studio-clima-neve-impianti-sci-alpi/

    https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/NeveDiversa_2022.pdf

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    Uno degli aspetti più sottovalutati dell’innevamento artificiale, infatti, è il consumo di acqua ed energia elettrica.

    Con un metro cubo di acqua è possibile produrre mediamente 2.5 metri cubi di neve. Per innevare 1 solo ettaro di pista – cioè una striscia lunga 1 km e larga 10 metri – con uno strato di fondo alto 30 centimetri servono circa 1000 metri cubi di acqua, quasi metà dell’acqua contenuta in una piscina olimpionica da 50 metri. Per lo stesso ettaro di pista, inoltre, servono tra i 2mila e i 7mila KiloWattora.

    Il funzionamento dei cannoni sparaneve dipende inoltre dalle condizioni meteorologiche: se la temperatura è troppo alta, dai cannoni arriverà solo un getto d’acqua. Le condizioni meteo ideali per avere un’ottima neve artificiale sono tra i -2 e i -12 gradi, e con un tasso di umidità del 20%.

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