Durante il primo mese del 2023 il mercato energetico italiano ha registrato – in linea con quanto accaduto a livello europeo – un netto calo dei costi energetici che si sono posizionati su livelli inferiori rispetto a quelli di 1 anno fa, prima dell’invasione russa dell’Ucraina. L’effetto sulle bollette pagate dai cittadini dipenderà dalle politiche commerciali praticate dai distributori, ma ci dovrebbe comunque essere un calo significativo dei costi energetici. Sarà sufficiente per ridurre l’inflazione ormai galoppante?
Oggi si conclude il mese di gennaio ed è possibile aggiornare le tabelle relative al al costo medio delle forniture energetiche in Italia. Parliamo di energia elettrica e di gas metano, riferendoci ai prezzi all’ingrosso. Il prezzo pagato dai singoli utenti può essere anche molto più elevato perché è gravato da tasse, oneri di sistema ed altri costi accessori, oltre che dal margine di guadagno che finisce nelle tasche dei distributori.
La figura mostrata sopra indica il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica (il cosiddetto prezzo PUN). La buona notizia è che – a gennaio – il valore medio di tale prezzo è sceso sotto ai 200 Euro/MWH, tornando su livelli che non si vedevano dal lontano settembre 2021.
Il beneficio in termini di risparmio per gli utenti dovrebbe essere significativo anche se i tempi di applicazione per la riduzione del prezzo potranno variare in base al tipo di contratto (per alcuni la revisione viene fatta su base mensile, mentre per altri è trimestrale). La cosa importante è che a gennaio 2023 siamo scesi a circa 1/3 del valore di picco registrato durante il mese di agosto 2022 e che la tanto temuta impennata dei prezzi che si sarebbe potuta verificare in concomitanza con l’arrivo del grande freddo non c’è stata.
Un analogo andamento si osserva sul prezzo del gas, a cui il prezzo dell’energia elettrica è strettamente legato:
Aldilà della forte volatilità fatta registrare – specialmente in taluni periodi – dai prezzi medi giornalieri, notiamo che anche per il gas c’è stato un ritorno su valori lontani rispetto ai picchi speculativi raggiunti durante l’estate 2022, anche se sono ancora alti rispetto a quanto si pagava 2 anni fa, prima dello scoppio della recente crisi energetica.
Le motivazioni di questo andamento sono molteplici. I prezzi hanno risentito certamente dei risparmi energetici attuati sia a livello domestico che industriale e del clima particolarmente mite che ha caratterizzato l’autunno 2022. C’è poi da tenere conto che la rapida installazione di impianti di rigassificazione (parliamo degli altri Paesi europei perché l’Italia è ancora in attesa dell’avvio del nuovo impianto di Piombino) ha contribuito a diversificare le forniture di gas naturale, riducendo la pressione speculativa sui prezzi.
A questo fatto va aggiunto che la Russia, pur avendo drasticamente ridotto le sue forniture via metanodotto, ha contemporanemante aumentato le forniture che arrivano in Europa sotto forma di GNL (gas liquido). Ciò avviene nel silenzio generale dei politici e dei mezzi di informazione.
Il fenomeno è sostenuto da strane triangolazioni che coinvolgono vari Paesi. In pratica, una parte importante del gas russo che non scorre più nei metanodotti, viene liquefatta e poi imbarcata su navi metaniere battenti bandiera “neutrale” che lo portano in Europa. Malgrado la guerra e le sanzioni, molti continuano tranquillamente a fare affari con la Russia, lucrando cospicui guadagni. Con buona pace dell’Ucraina e del suo popolo martoriato.
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