In questo post vi segnalo 2 articoli apparsi recentemente nei quali vengono descritti nuovi interessanti risultati legati alla produzione diretta di idrogeno “verde” tramite dissociazione dell’acqua esposta alla luce solare. Il metodo tradizionale di produrre idrogeno “verde” prevede di produrre energia elettrica tramite un impianto fotovoltaico e di utilizzarla per alimentare un dissociatore elettrolitico. Il doppio passaggio comporta un forte aumento dei costi di impianto e pone seri limiti all’efficienza del processo. I 2 lavori segnalati in questo post utilizzano – seguendo approcci diversi – un metodo di conversione diretto e aprono la strada a nuove interessanti applicazioni.
A fronte di un prevedibile forte aumento della richiesta di idrogeno “verde“, c’è – a livello mondiale – una vera e propria corsa verso lo sviluppo di nuovi metodi che consentano di trasformare direttamente la radiazione solare in idrogeno. Purtroppo le soluzioni tecnologiche sviluppate fino ad oggi sono caratterizzate da costi di costruzione molto elevati e sono ancora molto lontane dall’aver raggiunto un accettabile livello di efficienza.
Recentemente sono apparsi 2 lavori scientifici che potrebbero rappresentare un punto di svolta in questo settore. Il primo lavoro è stato sviluppato da Marina Caretti e collaboratori presso l’EPFL (Scuola Politecnica Federale di Losanna, Svizzera):
M. Caretti et al., Transparent porous conductive substrates for gas-phase photoelectrochemical hydrogen production, Advanced Materials (2023), 2208740. doi.org/10.1002/adma.202208740
L’aspetto originale di questo lavoro è legato allo sviluppo di una struttura porosa (simile a quella di una foglia) e trasparente perché è costruita partendo da filamenti di quarzo. Questa struttura può catturare l’umidità dell’aria e dissociare l’acqua in idrogeno ed ossigeno usando luce solare ed un apposito catalizzatore. Il dispositivo sviluppato in EPFL non garantisce ancora rendimenti elevati, ma – almeno sulla carta – potrebbe raggiungere un rendimento del 12% nel processo di conversione tra luce solare ed idrogeno (valore simile a quello dei sistemi “tradizionali” che combinano un impianto fotovoltaico con rendimento pari a circa il 20% con un elettrolizzatore che ha un rendimento tipico del 60%).
Se il progetto EPFL raggiungerà i suoi obiettivi finali si potranno sviluppare sistemi per la produzione di idrogeno “verde” a basso costo, ispirati al modo di funzionamento delle foglie.
Il secondo lavoro che vi segnalo è stato sviluppato presso l’Università del Michigan (USA) ed è ha raggiunto livelli di efficienza della conversione di luce solare in idrogeno che arrivano fino al 9%. Il dato è particolarmente significativo perché è il più alto raggiunto fino ad oggi per tali sistemi.
Zhou, P., Navid, I.A., Ma, Y. et al. Solar-to-hydrogen efficiency of more than 9% in photocatalytic water splitting. Nature 613, 66–70 (2023). https://doi.org/10.1038/s41586-022-05399-1
Il “trucco” usato per raggiungere tale risultato consiste nell’aver separato la componente infrarossa della radiazione solare rispetto a quella visibile-ultravioletta. L’energia portata dai fotoni infrarossi è troppo bassa per contribuire efficacemente al processo di dissociazione dell’acqua, ma è perfettamente funzionale per riscaldare il dispositivo. Quando la temperatura del dissociatore viene portata a circa 70°C si osserva un significativo aumento del processo di dissociazione.
In pratica la componente infrarossa della radiazione solare incidente viene utilizzata per mantenere il dissociatore alla temperatura di 70°C, mentre la componente visibile-ultravioletta illumina un fotocatalizzatore costituito da nitruro di indio-gallio dove avviene la dissociazione dell’acqua.
In laboratorio, usando acqua pura e alti livelli di radiazione, il dispositivo ha raggiunto una efficienza di conversione leggermente superiore al 9%. L’efficienza scende a circa il 6-7% quando il dispositivo viene alimentato con acqua corrente o acqua marina e nelle prove effettuate su larga scala. Si tratta comunque di valori particolarmente interessanti, decisamente più elevati rispetto a quelli che eravamo abituati a leggere in letteratura.
In conclusione, benché ci sia ancora molto lavoro da fare, questi 2 lavori ci fanno capire che il settore è in rapidissima evoluzione. La produzione di idrogeno “verde” potrebbe diventare in un futuro non lontano decisamente più diffusa ed economica rispetto a quanto non sia oggi.
I tentativi – spesso al limite del più sfacciato greenwashing – fatti dalle aziende petrolifere per spacciare come soluzione ideale l’idrogeno più o meno “grigio” di origine fossile potrebbero presto naufragare al cospetto di nuove soluzioni tecnologiche che chiudano il ciclo sole-idrogeno in modo efficace e climaticamente accettabile.
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