Nato per rispondere alla giusta esigenza di sostenere il miglioramento energetico degli edifici, il cosiddetto Superbonus edilizio (noto anche come 110%) ha provocato una vera e propria voragine nei conti pubblici italiani. Il premier Meloni – contraddicendo platealmente quanto promesso durante la recente campagna elettorale – ha deciso di intervenire con un taglio drastico che salva i conti pubblici, ma rischia di lasciare sul lastrico molte famiglie ed imprese. Sostenere con adeguati fondi pubblici la ristrutturazione degli edifici italiani è comunque una buona idea, purché la si applichi in modo sostenibile e continuativo, evitando speculazioni e vere e proprie truffe.
Secondo notizie di stampa, i diversi contributi pubblici che sostengono il settore edile sono costati alle casse dello Stato più di 100 miliardi di Euro. La maggiore sorgente del deficit è legata al cosiddetto Superbonus edilizio, noto anche come 110%. Il provvedimento è nato come strumento straordinario e limitato nel tempo per rilanciare il settore edile dopo la crisi legata alla pandemia ed ha cercato (malamente) di dare risposta ad una esigenza reale del Paese: il patrimonio edilizio italiano comprende numerosi edifici che non soddisfano i più elementari requisiti in termini di risparmio energetico e di sicurezza sismica. Non parlo necessariamente di edifici storici costruiti secoli fa. Non è un mistero che gran parte delle costruzioni che sono sorte nella seconda metà del ‘900 hanno ormai bisogno di pesanti interventi di ristrutturazione ed il Superbonus edilizio è nato proprio per sostenere tali attività.
Purtroppo l’uso troppo estensivo e le condizioni troppo generose del Superbonus edilizio hanno aperto una vera e propria voragine dei conti dello Stato. Infatti, pur generando notevoli entrate nell’immediato, Il Superbonus (e le altre agevolazioni edilizie) determinano minori entrate fiscali nel corso degli anni successivi. Aldilà degli equilibrismi contabili, i rimborsi legati alle agevolazioni edilizie rischiano di rendere il bilancio dello Stato sempre più critico.
Ci sono state purtroppo anche molte truffe. Si stima che quasi il 10% degli interventi statali a sostegno dell’edilizia sia finito nelle tasche di cittadini ed imprenditori disonesti, spesso collegati alle mafie che appestano la nostra povera Italia. A onor del vero questo tipo di comportamento fraudolento è piuttosto diffuso e non riguarda solo il Superbonus edilizio, ma qualsiasi legge dello Stato che preveda l’erogazione di fondi pubblici. Tutto sommato, il blocco improvviso imposto dal Governo andrà a colpire i comportamenti fraudolenti in modo del tutto marginale: chi ha rubato fondi pubblici inventandosi ristrutturazioni mai fatte oggi è impegnato a cercare di arraffare i fondi del cosiddetto PNRR e quindi non gli mancheranno le opportunità per continuare a frodare lo Stato.
Le vere vittime del repentino arresto imposto dal Governo sono i cosiddetti “esodati” ovvero i cittadini e le imprese che – secondo fonti di stampa – hanno attualmente a che fare con circa 19 miliardi di crediti fiscali “incagliati” che nessuno vuole più acquistare. Chi aveva avviato i lavori contando sul fatto di non dover sostenere direttamente le relative spese si troverà in una situazione estremamente delicata.
In queste ore si sta cercando affannosamente di porre rimedio a questa incresciosa situazione. C’è chi ha proposto di seguire la via della cosiddetta “cartolarizzazione” (la stessa adottata in Nord-America con i debiti “sub-prime” che scatenarono la grande crisi economica di inizio secolo). Si tratta – in pratica – di trasformare i crediti di imposta in titoli finanziari che poi verrebbero venduti sul mercato, senza gravare sul deficit del bilancio pubblico. Il recente aumento dei tassi di interesse rende l’operazione piuttosto problematica, a meno che la mano pubblica non intervenga in modo indiretto (ad esempio, attraverso Cassa Depositi e Prestiti che potrebbe utilizzare i fondi depositati dai cittadini alla Posta).
Un’altra idea (a mio avviso alquanto bizzarra) è stata avanzata dalle Banche che si sarebbero offerte di acquistare i crediti fiscali incagliati purché lo Stato consenta loro di rifarsi sui versamenti che i cittadini faranno nei prossimi mesi tramite i moduli F24. In pratica, le banche anticiperebbero i soldi, ma subito dopo se li riprenderebbero trattenendo i versamenti fatti dai cittadini per pagare le tasse. Il buco per il bilancio dello Stato sarebbe differito solo di qualche mese.
Al momento, non sappiamo quali fantasiose soluzioni saranno adottate dal Governo e dai partiti che lo sostengono. Il timore concreto è che possa valere il detto veneto “xe pèso el tacòn del buso“.
Aldilà del destino degli “esodati“, un dato è comunque certo: ci sarà senz’altro un repentino calo della domanda di interventi di ristrutturazione edilizia. Nel breve termine ci potranno essere numerosi fallimenti che potrebbero coinvolgere soprattutto le imprese medio-piccole. Molti temono che il settore edilizio, che aveva trovato nel Superbonus un fondamentale stimolo per la crescita, possa scontare una crisi di lungo periodo.
Oltre ai posti di lavoro perduti e all’impatto negativo sul PIL nazionale (con corrispondente aumento del rapporto debito/PIL) il fatto più negativo sarà legato al forte rallentamento degli interventi di recupero edilizio di cui l’Italia ha comunque un enorme bisogno.
In tempi di crisi energetica è diventato estremamente importante disporre di edifici che consumino poca energia sia per il riscaldamento invernale che per il raffrescamento estivo. L’impatto di tali attività sui consumi energetici globali è molto significativo e potrebbe essere fortemente ridotto se gran parte degli edifici fosse portata ad una delle classi energetiche più elevate. Si stima che gli interventi finanziati con il Superbonus edilizio abbiano consentito di migliorare la qualità energetica di circa il 3% degli edifici italiani (poco in assoluto, ma comunque un dato non disprezzabile).
Davanti a noi rimane una montagna da scalare: almeno 2/3 degli edifici italiani avrebbero un urgente bisogno di interventi di ristrutturazione che migliorino le loro caratteristiche energetiche e sismiche (non dimentichiamo che l’Italia è una terra “ballerina” e che i rischi sismici sono particolarmente elevati in molte zone del Paese).
Illudersi che tutto questo possa essere fatto a spese del bilancio pubblico e con interventi “spot” è una mera illusione. Regalare la ristrutturazione a tutti come prometteva il Superbonus edilizio non è realistico e rischia di non essere affatto equo (non è un mistero che molti dei fondi siano finiti nelle tasche di persone benestanti che hanno ristrutturato prime, seconde e terze case, mentre solo una minima parte è stata utilizzata per ristrutturare gli edifici popolari).
Come ha già fatto con le accise sulla benzina, questo Governo ha dimostrato di essere capace di dimenticare molto in fretta le promesse fatte agli elettori (inclusa quella relativa al mantenimento del Superbonus edilizio). Speriamo che, dopo lo stop improvviso, sia capace di impostare un programma di medio-lungo periodo in grado di soddisfare i reali bisogni del Paese e dia la giusta priorità agli interventi per il miglioramento energetico e sismico del nostro patrimonio edilizio.
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