Cronache politiche: quando la nomina in una partecipata è più importante di un ministero

Sta per iniziare la stagione dei rinnovi per numerose posizioni di vertice di società ed enti controllati dallo Stato. Lo scenario è quello che conosciamo bene (indipendentemente da chi governa): sale la tensione tra gli alleati di governo che cercano di arraffare il numero più grande possibile di incarichi da assegnare ai loro protégée, mentre le opposizioni (escluse dal banchetto) gridano allo scandalo. Le scelte che il nuovo Governo farà, soprattutto per alcune società come ENI, potranno avere un grande impatto sul futuro energetico del nostro Paese.

Durante la cosiddetta Prima Repubblica le nomine dei vertici di società ed enti controllati dallo Stato erano informalmente governatate dal famoso “Manuale Cencelli” dove venivano definiti i criteri con cui i partiti e le loro correnti interne partecipavano alla spartizione. In tale contesto, il merito dei nominati aveva una importanza del tutto marginale.

Oggi la Prima Repubblica non c’è più e con essa è sparito anche il “Manuale Cencelli“, ma quando parte la stagione delle nomine governative si respira la stessa aria di un tempo. Oggi, come in passato, il merito e le capacità dei nominati valgono relativamente poco.

Alcune delle nomine che il Governo dovrà fare sono particolarmente importanti. Quella in assoluto più rilevante riguarda ENI, la multinazionale energetica a guida italiana. Secondo notizie di stampa le forze governative si stanno attualmente confrontando su 2 visioni contrapposte.

Non è un mistero che – soprattutto in alcuni Paesi – l’amministratore delegato dell’ENI sia persona più nota ed importante del Ministro degli Esteri italiano. Qualcuno potrebbe malignamente osservare che questo fatto non è sorprendente considerato lo scarso spessore di alcuni politici che hanno recentemente guidato la Farnesina. In realtà, la visibilità dei vertici di ENI dipende da una fitta rete di relazioni commerciali che durano ormai da molti decenni e che hanno avuto un ruolo fondamentale per lo sviluppo delle risorse energetiche di molti Paesi.

Quando un anno fa ci trovammo improvvisamente di fronte al problema di sostituire gran parte delle forniture energetiche russe, ENI ha giocato un ruolo essenziale per trovare risorse energetiche alternative e se abbiamo superato l’inverno senza particolari problemi (e con prezzi dell’energia decrescenti) certamente dobbiamo ringraziare ENI per il ruolo attivo che ha svolto per gestire al meglio la crisi energetica.

Le 2 principali candidature su cui si sta discutendo per la posizione di amministratore delegato dell’ENI si inseriscono nell’ambito di scenari molto diversi tra loro. Il primo candidato (caro al premier Meloni) garantirebbe continuità rispetto alle azioni iniziate un anno fa quando ancora governava Mario Draghi. L’idea che il premier Meloni sembra sostenere con vigore si riassume in quello che è stato definito il “Piano Mattei“. Il nome stesso del piano fa riferimento alle radici storiche di ENI ed è tutto incentrato sulla differenziazione geografica delle sorgenti energetiche di origine fossile.

Come ho discusso in post precedenti, il “Piano Mattei” sembra dimenticare la necessità di sostituire al più presto i combustibili fossili con sorgenti energetiche rinnovabili. Aldilà di qualche forma di greenwashing più o meno sfacciata, non possiamo sorprenderci se una compagnia petrolifera come ENI propone di continuare il suo business basato sui combustibili fossili. Il problema è semmai legato al Governo che confonde gli interessi dell’Italia con quelli dell’ENI e sottovaluta l’importanza delle energie rinnovabili (anche per ridurre la dipendenza dell’Italia dalle forniture di energia dall’estero).

La seconda candidatura di cui si parla per il vertici di ENI è una sorta di ritorno al passato. Anche se pubblicamente il diretto interessato smentisce di essere candidato, non è un mistero che Lega e Forza Italia premono per riportare al vertice di ENI la stessa persona che – quando Berlusconi era premier – legò mani e piedi l’Italia alle forniture energetiche russe, rinunciando sia a trovare forniture alternative che a sviluppare le energie rinnovabili. Non è un mistero che gli esponenti di governo più filo-putiniani non abbiano affatto rinunciato a fare affari con l’autarca moscovita e vedrebbero di buon occhio una forte ripresa delle forniture energetiche russe. Un cambio di vertice in ENI potrebbe aprire la strada ad un ritorno al passato.

A mio avviso, qualsiasi sia la scelta del Governo, l’Italia rischia di perdere l’occasione per impostare un piano energetico moderno e veramente ottimizzato rispetto alle esigenze del Paese. La visione del Governo è quella di considerare le energie rinnovabili come qualcosa di “sinistra“, vedendo con sospetto tutto ciò che non è fossile. Si tratta a mio avviso di una posizione non molto intelligente, fortemente condizionata dalla ideologia. Nessuna persona di buon senso ritiene che le energie rinnovabili siano una facile soluzione per qualsiasi problema, ma se non si decide di affrontare con decisione il tema delle energie rinnovabili (o più in generale di quelle a bassa emissione di carbonio) rischiamo che l’Italia rimanga indietro rispetto alle principali sfide tecnologiche ed economiche dei prossimi decenni.

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