Il termine “oro bianco” veniva utilizzato in passato per indicare le risorse idriche ed, in particolare, l’acqua utilizzata per alimentare le centrali idroelettriche. In un Paese come l’Italia, pressoché privo di combustibili di origine fossile, l’energia idroelettrica è stata per molti decenni l’unica sorgente energetica disponibile su scala estesa e a basso costo. Oggi, invece che di “oro bianco” sentiamo parlare sempre più spesso di “emergenza idrica“. Gli esperti ci suggeriscono vari metodi per affrontare la siccità, ma nessuna soluzione sarà adeguata fino a quando ci limiteremo a tentare di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici senza fare nulla per contrastarli.
Lo sviluppo dei grandi impianti idroelettrici ha fortemente influenzato la crescita economica dell’Italia durante la seconda metà del secolo scorso. L’acqua che alimentava questi impianti veniva chiamata “oro bianco“. In un Paese caratterizzato da una generale carenza di fonti energetiche di origine fossile, gli impianti idroelettrici hanno garantito la disponibilità di energia elettrica a basso costo che ha senz’altro contribuito a generare quello che, nella storia dell’economia italiana, viene chiamato “miracolo economico“.
Gli impianti idroelettrici hanno anche molti aspetti negativi che non devono essere dimenticati. Oltre ai disastri che possono avvenire a causa di un improvviso rilascio d’acqua (tutti ricordiamo il dramma del Vajont), gli impianti idroelettrici hanno un grande impatto dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Oggi sarebbe impossibile proporre di allagare una valle alpina (inclusi i suoi piccoli villaggi) per formare un lago artificiale destinato ad alimentare un impianto idroelettrico. Anche se non si faranno nuovi impianti, l’Italia dispone comunque di numerose centrali idroelettriche che, nel 2020, hanno prodotto quasi il 18% dell’energia elettrica consumata in Italia.
Purtroppo nel 2022 la produzione delle centrali idroelettriche italiane è drasticamente calata a causa della siccità che ha colpito il nostro Paese. L’andamento meteorologico di questi primi mesi del 2023 ha posto serie ipoteche anche per l’anno in corso e, secondo i più pessimisti, il 2023 potrebbe vedere un ulteriore calo della produzione di energia idroelettrica rispetto al già scarso 2022.
In Paesi vicini a noi come, ad esempio, Francia e Svizzera, sono stati osservati andamenti simili con l’aggravante che la siccità estiva ha costretto a ridurre sensibilmente la produzione di alcune centrali nucleari che usano acqua prelevata dai fiumi per raffreddare i loro impianti.
I danni della siccità non si limitano al settore energetico. Agricoltura, turismo e tante attività industriali usano ingenti quantità d’acqua. Il rischio concreto è quello di causare un calo di tali attività con danni che si propagano a catena anche ad altri settori dell’economia.
Di fronte alla carenza d’acqua ciascuno reagisce come può. C’è chi tira fuori antiche reliquie e organizza processioni per chiedere un aiuto dal Cielo. Altri si preoccupano di avviare per tempo adeguati programmi di razionamento che consentano di limitare i consumi, senza produrre danni eccessivi sul piano economico e sociale.
Immancabile, rispunta la polemica sugli acquedotti “colabrodo” che perderebbero gran parte dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione. Tutte le volte che c’è scarsità d’acqua sento parlare dell’importanza di dotare il Paese di adeguate strutture per la raccolta e la distribuzione dell’acqua, ma nessuno apparentemente fa mai nulla per tappare i buchi.
La novità di quest’anno è quella dei dissalatori, con due proposte arrivate da due antiche “repubbliche marinare“: Genova e Venezia. Attualmente ci sono in Italia solo dissalatori di modeste dimensioni, installati in piccole isole del Mediterraneo dove sono utilizzati per soddisfare la domanda d’acqua dovuta all’arrivo dei turisti estivi. Le proposte di Genova e Venezia riguardano impianti di grandi dimensioni che potrebbero fornire una considerevole quantità d’acqua all’assetata Pianura Padana.
Tali impianti sono basati su tecnologie ben consolidate e potrebbero fornire un aiuto per superare i momenti più acuti della siccità, purché siano ben dimensionati e non generino ulteriori problemi di natura climatica ed ambientale (dovrebbero essere alimentati con energie rinnovabili e bisognerà porre molta attenzione al loro impatto ambientale, con particolare attenzione allo scarico delle salamoie prodotte dal processo di dissalazione).
Complessivamente ci sono quindi varie possibilità di intervento anche se – aldilà del razionamento – nessun intervento può produrre effetti nel breve periodo, ma richiede piuttosto investimenti programmati spalmati su un ampio arco temporale.
Temo però che questo dibattito sull’acqua sia destinato ad esaurirsi non appena (sperabilmente) ci sarà qualche settimana di piogge abbondanti. Passata la paura, tutti i buoni propositi torneranno nel cassetto e nessuno si preoccuperà più della carenza d’acqua, almeno fino a che non si sarà una nuova siccità.
Perché – sarà bene ricordarlo – l’effetto del riscaldamento globale non è che da oggi in Italia avremo le stesse piogge del Sahara, ma mediamente avremo meno precipitazioni rispetto al passato. Mediamente significa che non possiamo escludere che in futuro avvengano precipitazioni anche molto intense. Ci potranno essere molte piogge, ma saranno alternate a periodi sempre più lunghi ed intensi di siccità.
Non sarà facile adattare i nostri stili di vita e le nostre attività economiche a questa nuova situazione. Ci sono modelli di successo come, ad esempio, Israele che ha dimostrato che sia possibile vivere con consumi d’acqua decisamente inferiori rispetto ai nostri livelli attuali.
Tuttavia la nostra corsa per mitigare gli effetti del riscaldamento globale potrebbe non bastare. Contemporaneamente non dobbiamo dimenticare di fare tutto il possibile per rimuovere le cause che sono alla base delle trasformazioni in atto.
Tutte le volte che consumiamo combustibili di origine fossile (e non facciamo nulla per sostituirli con energie rinnovabili o almeno per ridurre i consumi) diamo il nostro contributo al riscaldamento globale che fatalmente porterà ad una diminuzione dell’acqua disponibile in Italia. Ben vengano quindi tutti i provvedimenti per mitigare gli effetti della siccità, ma non dimentichiamo di combattere il riscaldamento globale.
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