Dopo aver approvato il disegno di legge che mette al bando le carni coltivate, il Presidente del Consiglio Meloni è scesa in piazza per festeggiare l’evento con i rappresentanti di Coldiretti. Il provvedimento non avrà – almeno per il momento – alcun impatto pratico perché l’attuale produzione di carni coltivate è ancora assolutamente marginale e non è neppure chiaro se i futuri progressi tecnologici consentiranno di produrre questo nuovo tipo di cibo in modo economicamente conveniente ed eticamente accettabile. Ma se ci saranno progressi tecnologici adeguati non sarà certamente la legge del Governo italiano a bloccare lo sviluppo delle carni coltivate.
Di fronte all’inflazione che sta erodendo il potere d’acquisto degli Italiani ed ai progetti del PNRR che non riescono a decollare (con il rischio che il nostro Paese perda molte decine di miliardi di Euro), il Governo italiano stimola a getto continuo discussioni su argomenti marginali che hanno uno scarso o limitato impatto sulla vita dei cittadini, ma sono comunque utili per distrarli.
L’ultima trovata è quella del disegno di legge che vieta l’importazione, la produzione e la vendita della cosiddetta carne coltivata ovvero della carne prodotta partendo da cellule staminali animali fatte crescere in laboratorio.
L’idea di produrre carne senza sacrificare animali potrebbe andare incontro alla sensibilità delle numerose persone (soprattutto giovani) che hanno drasticamente ridotto (se non eliminato completamente) il consumo di carne.
La tendenza verso l’adozione di diete vegetariane o vegane è sempre più attuale ed ha prodotto effetti negativi sulle aziende che si occupano dell’allevamento di animali. Si tratta di un settore economico già in crisi da molti anni che vede, nelle carni coltivate, un pericolo potenzialmente mortale. Possiamo quindi comprendere che chi si occupa dell’allevamento e della macellazione di animali sia preoccupato e chieda al Governo di fermare l’avanzata di un possibile pericoloso concorrente.
D’altra parte, non possiamo dimenticare che gli allevamenti di animali (soprattutto quelli intensivi) rappresentano un serio problema sia dal punto di vista ambientale che climatico. Chi consuma meno carne contribuisce a ridurre la pressione che gli allevamenti intensivi producono sul nostro pianeta.
A questo punto, qualcuno potrebbe illudersi che la nuova legge possa mettere una pietra tombale sulle carni coltivate impedendo che le nuove tecnologie si possano diffondere nel nostro Paese. Non mi sorprendo che qualcuno ci creda. D’altra parte l’Italia è il Paese che qualche anno fa si era detto convinto di aver “abolito la povertà” grazie ad una legge approvata dal Parlamento.
Se osserviamo le cose con il dovuto distacco, vediamo che la situazione è molto più complicata di quanto ci viene raccontato. Innanzitutto va detto che – al momento – ci sono molti studi e ricerche, ma il settore della carne coltivata è ancora lontano dall’aver raggiunto un sufficiente livello di maturità tecnologica. Le aziende che sono effettivamente presenti sul mercato si contano sulle dita di una mano e la loro attuale produzione è assolutamente marginale. I prezzi di produzione sono ancora troppo alti e soprattutto ci sono ancora molti aspetti etici da risolvere.
Quando si sintetizza la carne in laboratorio è necessario disporre di “fattori di crescita” che accelerino la produzione. Per ottenere questo risultato c’è chi usa prodotti naturali ottenuti macellando vacche gravide, ma in questo caso il sacrifico degli animali è necessario per garantire la produzione. Altri utilizzano prodotti di sintesi, ma in tal caso bisogna essere certi che i residui di tali prodotti non possano presentare un rischio per la salute dei consumatori.
In generale, c’è ancora molto da fare per passare dalla ricerca di laboratorio (realizzazione di piccole quantità di carne coltivata utilizzando tempi molto lunghi) all’utilizzo delle stesse tecnologie su scala industriale. Non è detto che la ricerca arrivi a risultati veramente competitivi, ma se ci riuscirà (riducendo drasticamente gli impatti ambientali e climatici della produzione di carne) nessuno può illudersi di salvaguardare gli allevamenti tradizionali (soprattutto quelli intensivi) fermando la carne coltivata con una legge. A meno di non pensare ad un’Italia autarchica e autoreferenziale che vive chiusa in sé stessa ed isolata dal resto del mondo.
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