I ritardi accumulati nell’utilizzo dei fondi PNRR produrranno un beneficio per l’ambiente?

In questo momento il Governo italiano deve affrontare un grosso problema: i ritardi crescenti che si stanno accumulando nello sviluppo dei progetti finanziati dai fondi PNRR ed il mancato rispetto di taluni vincoli europei potrebbero far perdere all’Italia una parte consistente dei fondi assegnati. I più pessimisti parlano di una perdita pari a circa 100 miliardi di Euro. Aldilà del puerile tentativo di scaricare la colpa su altri (“la colpa non è mia, ma del mio predecessore“), qualcuno a Palazzo Chigi sta capendo che il Governo deve darsi una mossa perché la perdita di fondi così ingenti produrrebbe effetti devastanti sullo sviluppo economico del Paese e sui conti pubblici. Un’idea che sta iniziando a circolare è quella di dirottare gran parte dei fondi inutilizzati su progetti legati allo sviluppo delle energie rinnovabili. Paradossalmente, un Governo che vede tutto ciò che è ecologico e amico del clima come “qualcosa di sinistra” potrebbe essere costretto – suo malgrado – a dare un forte impulso proprio a quelle energie rinnovabili che – fino ad oggi – ha platealmente trascurato.

Qualche integralista dell’ambiente potrebbe sostenere che il blocco di numerosi progetti che si sarebbero dovuti sviluppare grazie ai fondi PNRR produrrà automaticamente un beneficio per l’ambiente e per il clima. Secondo taluni non fare nulla è sempre e comunque meglio rispetto ad agire.

Personalmente non sono mai stato favorevole all’approccio del “no a tutto” anche se cerco sempre di capire quale sia il reale rapporto costi-benefici di qualsiasi iniziativa.

A mio avviso, uno dei limiti del Piano PNRR così come è stato originariamente disegnato è stato quello di aver dato troppo spazio alle richieste che emergevano dai territori. Capisco che un Piano che avesse fatto calare dall’alto solo progetti di rilevanza nazionale avrebbe suscitato l’ostilità di molti e probabilmente non sarebbe stato approvato dal Parlamento. Tuttavia – alla prova dei fatti – si vede che l’eccessivo coinvolgimento di Comuni e Regioni ha finito per rendere il Piano troppo complesso e di difficile attuazione.

A questa difficoltà strutturale, si è aggiunta la crisi politica innescata proprio nel momento in cui i primi progetti PNRR stavano prendendo corpo. Le elezioni di settembre ed il successivo cambio di governo hanno portato al sostanziale azzeramento delle strutture operative dedicate alla gestione dei fondi PNRR che il governo Draghi aveva allestito presso il Ministero dell’Economia (MEF), accentrando tutte le attività di regia nelle mani di Palazzo Chigi.

Il cambio è stato disastroso e tutto si è bloccato.

Purtroppo il Premier Meloni non ha le né le competenze, né il tempo che sarebbero necessari per sovraintendere allo svolgimento delle attività PNRR. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: alcuni finanziamenti che dovrebbero essere erogati da Bruxelles sono già bloccati e soprattutto si teme che nella seconda metà del 2023 molti progetti potrebbero arenarsi.

A fronte di questa situazione, qualcuno cerca di scaricare la colpa sul Presidente Draghi. Sui limiti strutturali legati a quello che – a mio parere – è un eccessivo coinvolgimento degli enti territoriali mi sono già espresso. Tuttavia chi ha distrutto la struttura organizzativa predisposta da Draghi, per sostituirla con il nulla, adesso non può dare la colpa di tutti i problemi ad altri, ma dovrebbe fare un serio di esame di coscienza.

Secondo voci ufficiose che circolano nei Palazzi romani, qualcuno sta iniziando a capire che se l’Italia perdesse la metà del cospicuo finanziamento europeo il Governo rischierebbe un pesante calo dei consensi. Proprio in questi giorni sta emergendo l’idea di avviare un negoziato con l’Unione Europea per ottenere una estensione dei tempi di attuazione ed una rimodulazione dei progetti.

Le probabilità che l’Italia ottenga una dilatazione dei tempi di attuazione mi sembrano – al momento – davvero esigue. I progetti vanno completati entro la data stabilità, altrimenti si perdono i finanziamenti.

Chi si illudeva di andare in Europa sostenendo che la “pacchia è finita” forse sta scoprendo che in Europa si tratta con la diplomazia evitando sparate da comizio. Non vedo proprio come – dopo aver dimostrato di non sapere rispettare gli impegni presi – potremmo andare a Bruxelles sbattendo i pugni sul tavolo per farci dare altro tempo.

Un approccio diverso (e a mio avviso decisamente più serio) sarebbe quello di effettuare una ricognizione dello stato di avanzamento di tutti i progetti, tagliando senza pietà tutti quelli che hanno dimostrato di non poter decollare. Tutti i fondi non spesi dovranno essere immediatamente dirottati su un numero limitato di progetti di rilevanza strategica per il Paese e per l’Europa che possano essere realizzati entro i limiti di tempo stabiliti. Su questo punto ci sono concrete possibilità di intesa con le Autorità europee, ammesso che ci si ricordi di usare la diplomazia invece di rilasciare interviste con affermazioni tanto altisonanti quanto inconcludenti.

La soluzione ideale sarebbe quella di concentrare le risorse verso i temi delle energie rinnovabili e del risparmio energetico, nell’ambito delle strategie definite dal programma REPowerEU.

Si solleverà il coro affranto di Sindaci e Governatori privati dei fondi necessari per realizzare le loro piccole opere acchiappa voti e bisognerà dare pratica attuazione alle norme definite dal Governo Draghi per evitare che gli interventi legati allo sviluppo delle energie rinnovabili siano ritardati dalla burocrazia italica.

Se ci riuscissimo – oltre a recuperare gran parte degli stanziamenti PNRR – potremmo dare una decisa accelerazione a quelle iniziative che sono indispensabili affinché il nostro Paese – oltre a disporre di tutta l’energia necessaria a prezzi ragionevoli – possa effettivamente contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Magari stimolando anche la nascita di iniziative industriali che – nel prossimo decennio – possano produrre i materiali e le attrezzature necessarie per sostenere un serio programma per la riqualificazione energetica delle case degli italiani, proprio come ci chiede l’Europa.

Risposta a “I ritardi accumulati nell’utilizzo dei fondi PNRR produrranno un beneficio per l’ambiente?”

  1. Avatar Da Radio 24
    Da Radio 24

    Fotovoltaico più efficiente grazie al nano ossido
    A volte 1 nanometro può fare la differenza…

    SMART CITY – 4 aprile 2023
    A cura di Maurizio Melis
    smartcity@radio24.it

    A volte un solo nanometro può fare la differenza. È il caso del sottilissimo strato di ossido, spesso un miliardesimo di metro, che i ricercatori dell’Università di Padova e del National Renewable Energy Laboratory negli USA sono stati capaci di inserire appena sotto la superficie in silicio delle normali celle fotovoltaiche, rendendole più efficienti. Ce lo racconta Enrico Napolitani, professore dell’Università di Padova.

    https://podcast-radio24.ilsole24ore.com/radio24_audio/2023/230404-smart-city.mp3?awCollectionId=smart-city&awEpisodeId=230404-smart-city

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