Ascoltando i comizi di Giorgia Meloni durante l’ultima campagna elettorale molti italiani si erano illusi che l’aumento delle estrazioni di metano in Italia potesse costituire un aiuto importante per combattere la crisi energetica. In realtà non è così. Che la promessa di far decollare la produzione nazionale in tempi brevi avesse poco senso lo dimostra il fatto che nel corso del primo trimestre 2023 – anziché aumentare – la produzione nazionale di gas metano è addirittura diminuita
Le promesse elettorali – lo sappiamo – sono quasi sempre “specchietti per le allodole“, utili per raccattare voti tra la parte più ingenua dell’elettorato. Durante le recente campagna elettorale siamo stati bombardati da numerose promesse in tema energetico che – a suo tempo – avevo commentato in una sezione speciale di questo blog.
Nel mese di agosto 2022 i costi dell’energia crescevano con un ritmo esponenziale e c’era la seria preoccupazione che durante l’inverno 2022-23 il nostro Paese avrebbe sofferto una grave carenza di energia.
In realtà le cose sono andate molto meglio di quanto si temesse. Il clima particolarmente mite ed i provvedimenti tampone adottati dal governo Draghi ci hanno permesso di disporre di tutta l’energia necessaria. Attualmente i prezzi del gas naturale si sono stabilizzati sotto i 40 Euro/MWh, ben lontani dai picchi di oltre 300 Euro/MWh osservati durante il mese di agosto 2022.
L’unico strascico preoccupante della crisi energetica è quello della fortissima inflazione che ha eroso il potere di acquisto di lavoratori dipendenti e pensionati e che non accenna a calare anche se ormai i prezzi energetici sono lontani dai picchi della scorsa estate.
Un anno fa Giorgia Meloni ed i suoi alleati nel punto 11 del loro programma elettorale promettevano: “Pieno utilizzo delle risorse nazionali, anche attraverso la riattivazione e nuova realizzazione di pozzi di gas naturale in un’ottica di utilizzo sostenibile delle fonti“. Secondo la retorica “sovranista” i pozzi metaniferi italiani avrebbero potuto far parte di una soluzione “patriottica” in grado di affrontare la sfida dell’autosufficenza energetica.
Le cose stanno in modo completamente diverso perché le risorse di gas naturale presenti in Italia sono complessivamente esigue e la loro messa in produzione non è né semplice, né particolarmente vantaggiosa dal punto di vista economico. La marea di gas a basso costo proveniente dalla Russia durante gli ultimi 2 decenni aveva messo “fuori mercato” molti dei pozzi di estrazione nazionali ed il loro ripristino (o la messa in produzione ex-novo) richiede investimenti consistenti e tempi di esecuzione molto lunghi.
I dati sui consumi di metano del primo trimestre del 2023 sono molto eloquenti: il consumo di gas metano in Italia è stato pari a 20,5 miliardi di metri cubi, in calo del 19,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il calo è legato principalmente a fattori climatici. Una parte del calo è legata alle pratiche di risparmio energetico adottate dal Governo Draghi per far fronte alla crisi energetica. Anche se i costi all’ingrosso del metano registrati durante il primo semestre 2023 sono stati mediamente inferiori rispetto allo stesso periodo del 2022 c’è stato un ulteriore calo dei consumi legato alla sospensione di alcune attività industriali particolarmente “energivore“. Va sottolineato che tali sospensioni sono state il frutto della scelta autonoma di singoli imprenditori, senza che sia stata fatta alcuna imposizione da parte delle Autorità di governo.
Le informazioni più interessanti sono quelle relative alla provenienza del gas naturale consumato in Italia durante il primo trimestre 2023. Le importazioni dalla Russia (1,4 miliardi di metri cubi) sono calate del 73,6% rispetto allo stesso periodo del 2023. Complessivamente il gas arrivato in Italia attraverso i metanodotti è ammontato a circa 12 miliardi di metri cubi, con l’Algeria che ha assunto il ruolo di principale fornitore. Rispetto allo stesso periodo del 2022, le importazioni di gas tramite metanodotti hanno registrato un calo del 24% rispetto allo stesso periodo del 2022, leggermente superiore rispetto al calo dei consumi.
Nel primo trimestre 2023 – anche se l’impianto di Piombino non era ancora entrato in funzione – è stato osservato un significativo aumento del gas arrivato in Italia in forma liquida. Si è passati dai 3 miliardi di metri cubi del primo trimestre del 2022 ai 4,1 miliardi di quest’anno, con un aumento di oltre il 35%.
Ufficialmente questo gas è arrivato principalmente dal Qatar e dall’Egitto anche se alcuni sostengono che le forniture comprendano anche una parte del metano che non arriva più dalla Russia attraverso i metanodotti. Questo gas sarebbe stato liquefatto e sarebbe stato inviato in Italia tramite navi metaniere dopo una opportuna “triangolazione” su scali marittimi di Paesi terzi. Il nostro Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica non si sbilancia su questo punto, ma sarebbe interessante sapere se – aldilà dei proclami ufficiali – ci sia ancora qualcuno che continua a fare affari “sottobanco” con la Russia.
Come di consueto, una parte dei consumi del periodo invernale sono stati alimentati attingendo dalle riserve accumulate durante l’estate. Durante il primo trimestre 2023 i depositi hanno fornito circa 4,2 miliardi di metri cubi, in netto calo (-37%) rispetto a quanto fatto nello stesso periodo del 2022. La decisione è stata saggia perché ha salvaguardato le riserve accumulate, rendendo più agevole in loro ripristino durante la prossima estate in modo da poter affrontare con maggiore tranquillità l’inverno 2023-24.
Ma il dato forse più eclatante è quello relativo al gas proveniente dai pozzi italiani. Durante il primo trimestre 2023 abbiamo estratto meno di 1 miliardo di metri cubi (per l’esattezza 778 milioni di metri cubi), registrando un calo pari a circa il 5% rispetto allo stesso periodo del 2022. Ad un anno dall’invasione russa dell’Ucraina il contributo delle estrazioni italiane rimane ancora marginale ed è addirittura in calo rispetto al 2022. Quella che negli slogan elettorali di Giorgia Meloni veniva presentata come una soluzione “ovvia” per superare la carenza di gas si è rivelata un’arma spuntata. L’ho già scritto e lo ripeto: non è facile né rapido aumentare la produzione nazionale, ma anche se riuscissimo ad aumentarla di un fattore 10 avremmo gas per una decina d’anni (secondo le ipotesi più ottimistiche) e poi le riserve nazionali sarebbero completamente esaurite.
Comunque la si giri, se veramente vogliamo ridurre la nostra dipendenza energetica dai Paesi stranieri (qualsiasi essi siano) dobbiamo puntare sulle energie rinnovabili e sul risparmio energetico. Tertium non datur.
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