Oggi dai mercati finanziari europei arrivano alcune importanti notizie che potrebbero avere un effetto molto significativo nel corso dei prossimi anni. Si tratta di notizie contrastanti che ci fanno capire quanto sia complessa la transizione energetica verso cui ci stiamo faticosamente avviando e segnalano, ancora una volta, i ritardi dell’Italia, pervicacemente legata all’utilizzo dei combustibili fossili.
In questa calda giornata estiva, ci arrivano dai mercati finanziari europei tre notizie che potrebbero avere un effetto importante sul nostro futuro energetico. Apparentemente si tratta di tre notizie completamente scorrelate tra loro (ed in parte lo sono), ma – considerate tutte assieme – ci fanno capire quanto sia complicata la transizione energetica che prevede di abbandonare le fonti di energia fossile per passare a quelle rinnovabili.
In estrema sintesi, oggi è successo che:
- Questa mattina la capitalizzazione di Siemens Energy alla borsa di Francoforte è scesa di quasi 6 miliardi. Una bella botta per gli investitori che pensavano di dormire sonni tranquilli grazie agli investimenti fatti nel settore delle energie rinnovabili. Il crollo è da attribuire alle difficoltà fatte registrare dalla controllata Siemens Gamesa, leader nella produzione di turbine eoliche. Sembra che la qualità delle sue turbine non sia all’altezza della proverbiale affidabilità tedesca e che la società debba sostenere costi straordinari per almeno un miliardo di euro dovuti ai guasti improvvisi dei suoi impianti. C’è il rischio concreto che le turbine eoliche Siemens Gamesa finiscano per perdere una importante quota del ricco mercato delle energie rinnovabili lasciando campo libero alle importazioni di turbine eoliche cinesi che si sono dimostrate più affidabili. La borsa – implacabile – ha preso atto di tale situazione facendo crollare il valore delle azioni di Siemens Energy.
- Dai Paesi Bassi (ministero delle Miniere) arriva la conferma di un provvedimento già noto, ovvero la definitiva chiusura – entro la fine del prossimo mese di ottobre – degli impianti di estrazione del gas naturale situati vicino a Groningen. Si tratta dei giacimenti più grandi d’Europa. Fino a pochi anni fa si ipotizzava che la chiusura potesse avvenire nel 2030, ma il dato sempre più preoccupante legato alla intensificazione dei terremoti indotti dalle attività estrattive ha da tempo convinto le Autorità olandesi ad anticipare la data di chiusura. L’anno scorso c’è stata qualche incertezza legata alla ben nota crisi energetica che aveva colpito l’Europa, ma oggi – superata la fase più critica della crisi – non ci sono più motivi per continuare l’attività estrattiva che ha già provocato gravi danni a numerosi edifici ed ha pesantemente influito sulla qualità della vita delle popolazioni. I due colossi energetici Royal Dutch Shell ed Exxon Mobil che – assieme al Governo dei Paesi Bassi – controllano le attività estrattive dovranno rassegnarsi a rinunciare a cospicui guadagni. Intanto i sovranisti di casa nostra che – prima delle ultime elezioni politiche – promettevano agli italiani che saremmo diventati energeticamente indipendenti sfruttando le risorse di gas naturale italiane non parlano più dei pozzi metaniferi italiani e rilanciano la palla con il fantomatico “Piano Mattei”.
- ENI, la multinazionale energetica “made-in-Italy” ha annunciato di aver acquistato – assieme alla sua controllata norvegese Var Energi- la società britannica Neptune Energy, attiva nella estrazione di combustibili fossili (principalmente gas naturale) in tutto il mondo. L’investimento complessivo ammonta a quasi 5 miliardi di dollari (US$). Contemporaneamente ENI ha annunciato di voler progressivamente spostare il suo baricentro dalle estrazioni di petrolio verso quelle di gas naturale. Insomma “se non è zuppa è pan bagnato“, sempre di combustibili fossili si tratta. Ancora una volta verifichiamo che ENI predica bene (dichiara di voler aumentare la sua quota di energie rinnovabili tramite la controllata Plenitude), ma razzola male. Aldilà degli annunci sulla stampa e della pubblicità durante il Festival di Sanremo, l’operazione Plenitude rischia di essere puro greenwashing (tra l’altro ENI in questi mesi è all’affannosa ricerca di partner a cui cedere una quota sostanziale proprio di Plenitude).
Davvero non è poco per un sonnacchioso giorno di inizio estate! Difficile – come ho scritto prima – inquadrare notizie tanto contrastanti in un unico scenario. Possiamo tuttavia tentare di trarre qualche conclusione:
- Se vi offrono di investire i vostri risparmi in titoli attenti al cambiamento climatico badate bene a dove mettete i soldi. Anche la tradizionale efficienza della meccanica tedesca può mostrare qualche punto debole!
- Se abitate in un territorio devastato dalle trivellazioni (soprattutto se accompagnate dalla micidiale pratica del fracking ovvero dalla frantumazione delle rocce sotterranee per aumentare il rilascio del gas naturale) avrete una ragione in più per abbandonare i combustibili fossili e passare alle energie rinnovabili.
- Se l’Italia continuerà a puntare tutte le sue carte energetiche su ENI (il cui amministratore delegato – oltre ad essere uno dei consiglieri più ascoltati dal Premier Meloni – ha poteri decisamente superiori rispetto a qualsiasi Ministro della Repubblica) non dovremo lamentarci se il nostro Paese rimarrà indietro nella transizione verso le energie rinnovabili. Continuare ad investire miliardi di dollari nei combustibili fossili non mi sembra una buona idea anche se – per ENI ed i suoi azionisti – potrebbe servire a generare utili nel breve periodo. Nel lungo periodo temo che l’affare vero lo abbia fatto chi ha venduto.
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