In un editoriale apparso domenica 2 luglio il direttore del Nuovo Trentino Paolo Mantovan solleva il problema del totale disinteresse con cui è stato accolto un rapporto pubblicato dall’Agenzia provinciale APPA riguardante gli effetti provocati dal riscaldamento globale in Trentino. In questo momento cruciale per il futuro della nostra Provincia nessuno sembra preoccuparsi della sfida climatica, preferendo occuparsi di temi che forse sono più utili per raccattare voti. Eppure il problema c’è ed è enorme. Possiamo continuare a fare come gli struzzi, ma alla fine i nodi arriveranno al pettine. E saranno dolori per tutti, indipendentemente dall’appartenenza a questa o a quella forza politica.
L’editoriale di Paolo Mantovan fa riferimento al rapporto pubblicato dall’APPA nello scorso mese di dicembre, intitolato “I cambiamenti climatici in Trentino. Osservazioni, scenari futuri e impatti“.
Scrive Mantovan:
In queste settimane leggiamo di lotte intestine nel centrodestra per il candidato presidente, leggiamo di grandi carnivori, di problemi di ristagno economico, di piccole battaglie ideologiche.
Ma il grande assente dai dibattiti politici è il clima. Siamo in piena crisi climatica – dopo Vaia, pandemie, siccità e alluvioni – e tutti se ne stanno zitti. Ma così andiamo dritti verso la rovina. La cosa più incredibile è che la Provincia ha sfornato giusto sei mesi fa, nel dicembre 2022, un report sui cambiamenti climatici in Trentino che fa paura. Sì, fa paura.
Si parla di precipitazioni nevose calate vistosamente e che, nelle proiezioni, continueranno a calare (soprattutto fra i 1000 e i 2000 metri), di un aumento di emissioni di CO2 dal 2015 (cioè da quando saremmo già dovuti intervenire) del 14%, di un ineluttabile aumento della temperatura, fusione dei ghiacciai e aumento della frequenza e dell’intensità di ondate di calore e di eventi estremi. Sono 25 pagine di report, ufficiali, della Provincia, prodotte dall’Appa: si possono scaricare da internet, leggere sul proprio cellulare.
Sì, spaventano un po’: però dobbiamo prepararci. Ma poi monta la rabbia notando che nonostante il report, nulla si stia facendo. Nulla. Si fissano obiettivi generici e poi non si adottano dei piani che li rendano vincolanti.
Così i Prg se ne fregano, il consumo di suolo continua, riaccendiamo il cementificio (che da solo annulla la riduzione di CO2 programmata a livello provinciale) e diciamo che tutto va bene. E si va ad elezioni e pare che interessino solo le poltrone. Ma su quelle poltroncine, cari candidati, occorre lavorare duramente per il clima. Ne va di noi e dei nostri figli. Noi ne scriveremo su questo foglio. E insisteremo. Non vi lasceremo in pace.
Per chi non avesse tempo o voglia di leggere l’interessante rapporto elaborato da APPA, dico subito che i dati riportati nel documento non rappresentano una novità assoluta, ma sono già noti da tempo. Alcuni dati del rapporto non sono neppure troppo aggiornati perché si fermano al 2019. Svanito l’effetto Covid che, nel pieno della pandemia, ha stravolto un po’ tutto, temo che la situazione attuale sia ulteriormente peggiorata rispetto a 4 anni fa.
A mio avviso, il principale merito del documento è quello di avere raccolto tutti i dati disponibili in modo organico e di discutere, senza inutili allarmismi, ma anche con lucido realismo, tutti i pericoli che il Trentino dovrà affrontare nel prossimo futuro a causa degli effetti indotti dal riscaldamento globale.
Ritengo che il direttore Mantovan abbia centrato in pieno il problema: quello del riscaldamento globale è un problema che la grande maggioranza dei politici (non solo nostrani) preferisce evitare, oppure ritiene che sia sufficiente fare enunciazioni di principio senza badare troppo a trasformarle in azioni concrete.
Purtroppo il tema è scomodo perché mette in discussione molte certezze e pone a repentaglio notevoli rendite di posizione economica e finanziaria. Le azioni correttive che avremmo già dovuto intraprendere rischiano di danneggiare alcuni più di altri e allora si preferisce rimandare, facendo finta che il problema non sia così urgente. Alcuni arrivano addirittura a negare l’evidenza, incuranti del fatto che ogni ulteriore ritardo provocherà danni ancora maggiori, sia pure diluiti nel tempo.
A pagare il conto saranno le giovani generazioni, ma tanto i giovani sono pochi e hanno un peso elettorale limitato (ancora più ridotto se non vanno a votare e confluiscono fin da subito nella schiera crescente degli astensionisti).
Questo spiega il comportamento di molti politici, ma nel caso specifico del Trentino credo che dovremmo aggiungere qualche ulteriore considerazione. Noi “vendiamo” turisticamente il Trentino come un posto dove gli ospiti saranno “finalmente immersi nella Natura“. Nell’immaginario di coloro che scelgono il Trentino come meta delle loro vacanze, la nostra Provincia è un posto dove si fa una politica particolarmente attenta agli aspetti ambientali e climatici, con una cura decisamente superiore rispetto al resto d’Italia.
Pensate all’effetto devastante dal punto di vista del marketing territoriale se si venisse a sapere che il Trentino non ha fatto nulla per ridurre le sue emissioni di gas serra, anzi le ha aumentate in palese contraddizione con le indicazioni provenienti dall’Europa. Già dobbiamo scontare il danno d’immagine del Trentino che si è improvvisamente trasformato dalla casa dell’orso Yoghi ad un territorio di sterminatori di orsi. Se qualcuno – a livello nazionale – desse ampio rilievo ai dati APPA ne verrebbe fuori un Trentino che se ne frega del riscaldamento globale e che si illude di risolvere i problemi aumentando i cannoni spara neve. Non sarebbe una bella immagine e alla lunga potrebbe disincentivare l’arrivo dei turisti, soprattutto quelli più giovani e quindi più attenti ai temi climatici.
A mio avviso, affrontare i temi climatici del Trentino con serietà e rigore sarebbe una buona idea non soltanto dal punto di vista generale (il Trentino è comunque troppo piccolo per determinare con le sue politiche effetti rilevanti a livello globale), ma avrebbe un impatto straordinariamente positivo per consolidare l’attrattività turistica del nostro territorio.
Si potrebbero fare molte cose. Cito solo un esempio che è sotto gli occhi di tutti e che potrebbe dare al Trentino un’enorme visibilità mediatica (oltre a produrre benefici tangibili per il clima e per l’ambiente). Mi riferisco in particolare ad un piano per incentivare fortemente l’utilizzo di mezzi ad idrogeno verde per il trasporto delle merci lungo l’Autostrada del Brennero e – perché no – anche lungo la trafficatissima statale della Valsugana.
Oltre a potenziare le infrastrutture e a stabilire solide relazioni con i principali produttori mondiali di mezzi di trasporto ad idrogeno, bisognerebbe adottare una politica tariffaria adeguata (imponendo – fin da subito – il pedaggio anche ai TIR che intasano la Valsugana) che penalizzi duramente i mezzi a trazione diesel, favorendo quelli ad idrogeno. Dal punto di vista tecnologico i tempi sono ormai maturi e nell’arco di 5 anni si potrebbero ottenere risultati tangibili, ma ci vuole il coraggio di andare contro le rendite di posizione delle lobby degli autotrasportatori.
Invece di cercare di impedire il transito dei TIR come sta facendo il Tirolo, potremmo spingere affinché si attui una vera e propria rivoluzione tecnologica che salvaguardi i commerci, il clima e l’ambiente. Il Trentino si confermerebbe come un posto dove l’attenzione per la Natura va a braccetto con l’innovazione.
Il recente aggiornamento del Piano nazionale integrato per l’energia ed il clima sarebbe stato un’ottima occasione per spingere in questa direzione, ma apparentemente nessuno in Trentino si è accorto di quanto stava accadendo a Roma e questa splendida opportunità potrebbe essere stata persa definitivamente.
Si tratta solo di un esempio, ma se ne potrebbero fare molti altri. I nostri politici, invece di scannarsi per la conquista di qualche “poltroncina” dovrebbero avere il coraggio di pensare in grande e di cogliere le opportunità che la transizione energetica offre.
Illudersi che sia possibile far finta di niente continuando ad agire secondo il modello “business as usual” porta qualche vantaggio a pochi nel breve periodo, ma danneggia il Trentino, compromettendone il futuro.
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