Riscaldamento globale: gli scienziati sono veramente divisi?

Uno dei leitmotiv di coloro che tendono a sottovalutare l’importanza del riscaldamento globale (o addirittura a negarne l’evidenza) si basa sull’affermazione che la comunità scientifica sarebbe profondamente divisa a proposito delle origini antropiche del fenomeno. In realtà le posizioni dei climatologi sono molto omogenee, fatte salve alcune sporadiche opinioni che si limitano ad esprimere generici dubbi. Quando parliamo di temi scientifici è sempre possibile che qualcuno sollevi obiezioni, ma per essere credibile deve supportare le sue tesi con prove sperimentali. Personalmente non mi risulta che qualche scienziato abbia fin qui messo in discussione le prove basate sull’abbondanza degli isotopi del carbonio presenti nella CO2 atmosferica. Mi rendo conto che parlare all’opinione pubblica di abbondanza isotopica sia un argomento ostico e di difficile comprensione. Ma l’ipotesi adombrata da alcuni commentatori secondo cui non ci siano prove dell’effetto indotto sull’atmosfera dal consumo di combustibili fossili rientra a tutti gli effetti tra le più grossolane fake news.

Le recenti polemiche sollevate dall’intervento di un commentatore televisivo molto vicino al Premier Meloni hanno riportato l’attenzione su un tema molto caro ai negazionisti climatici. Nessuna persona di buon senso oggi può affermare che nel corso degli ultimi decenni non si sia verificato un aumento della temperatura globale media, ma alcuni sostengono che la comunità scientifica sarebbe profondamente divisa quando si tratta di attribuire tale aumento ad una origine antropica.

Coloro che parlano del riscaldamento globale come di un “fenomeno naturale” arrivano alla conclusione che non si debba (possa) fare nulla per limitarne lo sviluppo. In particolare, sostengono che non si debba investire nella crescita delle sorgenti di energia rinnovabile continuando ad utilizzare combustibili fossili secondo un modello “business-as-usual“, caro alle multinazionali del petrolio.

Come ho avuto modo di discutere in precedenti post, nella scienza non esistono verità “rivelate“. A differenza dei teologi, gli scienziati non dispongono di “testi sacri” da cui attingere verità “assolute“. La verità scientifica o – diciamo meglio – il consenso scientifico è il risultato del confronto tra le opinioni di scienziati diversi e si basa sull’analisi dei dati sperimentali. Chiunque può proporre tesi alternative rispetto a quelle comunemente accettate, ma per farlo non basta esprimere dubbi generici. Qualsiasi nuova idea – per essere accettata – deve essere supportata da adeguate prove sperimentali.

Tornando al tema del riscaldamento globale, possiamo affermare che l’opinione espressa dalla stragrande maggioranza degli scienziati che si occupano di climatologia (da non confondere con la meteorologia che è un’altra cosa!) è concorde nel sostenere le cause antropiche che sono alla base del fenomeno. Questa opinione non è solo quella degli scienziati che fanno riferimento all’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organizzazione che raccoglie le opinioni dei più eminenti climatologi mondiali e che cura la redazione periodica dei suoi famosi rapporti sullo stato del clima.

Il dibattito tra i climatologi è ancora molto vivace quando si discute in dettaglio della futura evoluzione del fenomeno (si pensi ad esempio alla recente ipotesi di un possibile imminente collasso della corrente atlantica meridionale (non previsto dagli esperti IPCC) che – pur essendo provocato dal fenomeno del riscaldamento globale – potrebbe portare ad un parziale abbassamento delle temperature in Europa). Nessuno – al momento – è in grado di stimare con sufficiente accuratezza quale sarà l’effettiva situazione da qui alla fine del secolo, ma la stragrande maggioranza dei climatologi è concorde sul fatto che si debba agire rapidamente per limitare i futuri aumenti della temperatura globale media, tagliando – in particolare – le emissioni legate all’utilizzo dei combustibili fossili.

Come ho cercato di spiegare in un post precedente, l’attribuzione del riscaldamento globale all’utilizzo estensivo di combustibili fossili avvenuto a partire dalla prima rivoluzione industriale non è legata alla semplice coincidenza temporale tra i due fenomeni. Le misure dell’abbondanza dei vari isotopi di carbonio presenti nella CO2 atmosferica ci forniscono un quadro che non è di facile lettura per i non addetti ai lavori (inclusi alcuni giornalisti un po’ troppo superficiali), ma che è una specie di “pistola fumante” riguardo al ruolo giocato dai combustibili fossili.

Chiunque volesse negare l’origine antropica del riscaldamento globale dovrebbe in primo luogo fornire una spiegazione alternativa per descrivere l’andamento temporale dei tre diversi isotopi di carbonio che troviamo nell’anidride carbonica atmosferica. Non mi risulta che nessuno dei pochi climatologi “dubbiosi” sia mai riuscito a farlo.

Talvolta i negazionisti del clima cercano di sostenere l’idea che la comunità scientifica sarebbe fortemente divisa a proposito dei temi climatici attingendo alle opinioni espresse da scienziati appartenenti a settori scientifici lontanissimi dalla climatologia. Questi pareri non hanno un particolare fondamento perché – con tutto il rispetto – chi li esprime non ha una sufficiente competenza scientifica quando parla di temi legati al clima. Si tratta spesso di idee espresse “in libertà“, non sostenute da alcuna seria argomentazione scientifica.

Risposta a “Riscaldamento globale: gli scienziati sono veramente divisi?”

  1. Avatar Stefano
    Stefano

    Lo schema seguito dai giornali e di riflesso da molti politici di destra non si discosta molto dalle dinamiche già osservate in altri paesi negli ultimi dieci anni.

    Le strategie con cui si contrasta il cambiamento climatico si basano su alcuni principi adottati ovunque nel mondo.

    Mark Maslin, professore al master di Cambiamento climatico all’UCL di Londra, ne ha individuati cinque in un articolo pubblicato nel 2019 sul sito The Conversation.

    Esaminandoli, si può notare la familiarità con le posizioni scettiche o negazioniste sostenute negli ultimi tempi da alcuni politici italiani.

    Il primo principio consiste nella negazione delle basi scientifiche del cambiamento climatico: sostenere per esempio che non sia in corso alcun cambiamento, oppure che il cambiamento non sia causato dall’uomo.

    Il secondo argomento è sostenere che non sia economicamente possibile agire per contrastare lo stesso cambiamento, nonostante quasi tutte le ricerche indichino che spendendo una piccola frazione del PIL mondiale si potrebbero ottenere grandi risultati.

    Il terzo è sostenere che in realtà il riscaldamento globale non sarebbe così male, poiché renderebbe il mondo un luogo più temperato (il 40 per cento dell’umanità vive intorno ai tropici, però, dove presto le grandi città rischiano di diventare inabitabili).

    Il quarto sostiene che sia inutile attuare politiche ambientali, perché tanto molti paesi non le rispetteranno.

    Il quinto argomento si basa sull’ottimismo e afferma che nel futuro saremo abbastanza ricchi e tecnologicamente sviluppati da risolvere ogni problema, senza che ci sia bisogno di agire oggi.

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