Quel gran pasticcio dei voli italiani “low cost”

Il decreto governativo emesso per tentare di mettere un freno alla folle crescita estiva delle tariffe aeree italiane ha sollevato un vespaio di polemiche e rischia di portare ad una riduzione dei voli proprio sulle tratte più critiche (Sardegna e Sicilia). La situazione è piuttosto complicata ed è in gran parte frutto di scelte sbagliate che si trascinano da tempo. In Italia ci sono troppi aeroporti, spesso destinati ad operare in condizioni antieconomiche. Si fanno troppi voli inutili con un pesante aggravio per il clima, per l’ambiente e per le tasche dei cittadini.

Invece di puntare su una diffusione capillare dell’alta velocità ferroviaria che consenta – tra l’altro – di raggiungere in tempi rapidi e certi i principali aeroporti, molte città italiane si sono illuse di risolvere i loro problemi di mobilità favorendo la proliferazione di piccoli aeroporti “casalinghi“. Pensate che perfino una piccola città come Trento aveva a suo tempo accarezzato l’idea di farsi il suo aeroportino, con tanto di studio realizzato da consulenti ben pagati che dimostrava l’economicità dell’operazione. Trento ha circa 100 mila abitanti ed è posta ad 1 ora di distanza dall’aeroporto di Verona il cui capitale sociale è posseduto per una quota pari al 14,2% dalla Provincia Autonoma di Trento. Per fortuna, il progetto dell’apertura ai voli di linea dell’aeroporto di Trento non è mai “decollato“.

In realtà, la maggior parte dei piccoli scali non avrebbe alcun motivo di esistere: hanno dimensioni troppo esigue e possono assicurare solo un numero limitato di collegamenti giornalieri. Spesso vengono tenuti in vita artificialmente da Enti locali, camere di commercio ed altre istituzioni che fanno a gara per attivare nuovi voli, illudendosi che così facendo si produca una ricaduta positiva sui territori di loro competenza.

Per la maggior parte dell’anno i voli sono sottoutilizzati e le compagnie aeree li effettuano soltanto se ricevono importanti sovvenzioni pubbliche. Poi quando d’estate o in altri brevi momenti si verifica un forte aumento della domanda, le cosiddette compagnie “low cost” impongono ai loro clienti aumenti tariffari che – in taluni casi – possono raggiungere livelli folli. Lo abbiamo visto questa estate e per cercare di porre rimedio a tale situazione il Governo italiano è intervenuto con un decreto legge che si propone di stabilire un tetto massimo alla tariffe aeree.

Vedremo in futuro se il decreto governativo sortirà l’effetto sperato o se invece sarà soppresso perché è stato scritto in palese violazione delle norme europee sulla concorrenza. Il Governo dovrà anche valutare se sia il caso di ingaggiare un duro contenzioso con le compagnie aeree che potrebbe portare ad un taglio di alcuni voli interni nazionali (mi riferisco – in particolare – ai collegamenti con Sardegna e Sicilia).

Il quadro complessivo è piuttosto complicato e di non facile soluzione perché è il frutto di errori accumulati nei corso degli ultimi decenni. Per arrivare ad una soluzione pienamente sostenibile bisognerebbe avere il coraggio di cambiare completamente l’impostazione del trasporto aereo nazionale.

In particolare, bisognerebbe impedire il finanziamento pubblico – diretto o indiretto – dei piccoli scali aerei sparsi sul territorio italiano e puntare ad una integrazione efficace della rete ferroviaria ad alta velocità con i principali aeroporti nazionali.

Per servire adeguatamente tutta l’Italia basterebbe disporre di un numero limitato di aeroporti, ben serviti da treni che arrivino direttamente negli scali aeroportuali. Andrebbero inoltre vietati (o fortemente tassati) i voli tra città italiane che possono essere raggiunte con un viaggio in treno in un tempo inferiore a 3-4 ore.

In questo modo tutto il sistema guadagnerebbe d’efficienza, consentendo spostamenti veloci ed in tempi certi. Si risparmierebbe un fiume di denaro pubblico che attualmente viene sprecato per sostenere piccoli aeroporti e voli inutili. Inoltre concentrando il traffico aereo su pochi aeroporti nazionali di dimensioni adeguate si aumenterebbe la concorrenza tra le compagnie aeree che è l’unico metodo efficace per evitare aumenti folli delle tariffe.

Aldilà dei risparmi economici si realizzerebbero consistenti risparmi anche dal punto di vista ambientale e climatico. Sostituire – sia pure in parte – i viaggi aerei con quelli in treno produrrebbe una consistente riduzione delle emissioni di inquinanti e di anidride carbonica. Portafoglio, ambiente e clima potrebbero andare a braccetto, con buona pace dei piccoli poteri locali che identificano nell’aeroportino sotto casa la manifestazione del loro potere.

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