Secondo una analisi rilanciata dall’Agenzia Reuters la transizione energetica sta avendo pesanti effetti sugli investimenti fatti per la ricerca di nuovi pozzi di petrolio. Di fronte ad un probabile futuro calo dei consumi di combustibili fossili, le multinazionali dell’energia stanno rallentando i loro investimenti per la ricerca di nuove risorse e preferiscono utilizzare i lauti guadagni per migliorare la remunerazione dei loro azionisti. Questo potrà avere significativi effetti sul mercato energetico mondiale.
Spaventate dall’avanzare della possibile transizione energetica, le multinazionali che si occupano dell’estrazione di combustibili fossili stanno ridimensionando i loro investimenti per la ricerca di nuovi pozzi di petrolio. Si stima che gli investimenti del 2023 ammonteranno a circa 579 miliardi di dollari. Malgrado la forte inflazione registrata negli ultimi 2 anni, questa cifra è di poco superiore alla media degli anni 2015-2022 (521 miliardi, dato pesantemente condizionato dal crollo del prezzo del petrolio nel biennio 2014-2015 e dalla pandemia). Il massimo degli investimenti è stato registrato nel 2014, anno in cui furono spesi ben 887 miliardi di dollari.
Le previsioni per gli investimenti futuri sono stabili per il biennio 2024-2025, con un calo progressivo a partire dal 2026. Secondo le stima dell’Internation Energy Agengy nel 2030 si raggiungerà il picco nel consumo mondiale del petrolio, dopodiché inizierà una progressiva discesa dei consumi. Altre istituzioni forniscono previsioni leggermente diverse, ma tutte concordano sul fatto che il picco dei consumi petroliferi non sia lontano:
Le cause delle scelte adottate dalle multinazionali del petrolio sono molteplici. Certamente conta l’incertezza rispetto alle decisioni che i singoli Governi nazionali adotteranno a proposito della transizione energetica. Un aumento della velocità di passaggio verso l’uso di energie rinnovabili produrrebbe un calo della domanda di petrolio che – in presenza di una produzione troppo alta – genererebbe fatalmente un crollo dei prezzi.
L’altra motivazione (che le multinazionali delle energie fossili tendono a non evidenziare) è che si incominciano ad avvertire precisi segnali di una scarsità di nuove risorse petrolifere. I nuovi pozzi devono essere spesso scavati in zone poco accessibili (ad esempio acque molto profonde o zone artiche) o richiedono l’uso di tecnologie particolarmente costose. Quando l’energia utilizzata per estrarre 1 litro di petrolio eguaglia l’energia che dal quel litro di petrolio possiamo estrarre, la fonte diventa sostanzialmente inutilizzabile (dal punto di vista energetico la possiamo definire tecnicamente “esaurita“)
I costi di estrazione del petrolio sono molto disomogenei tra le varie zone del pianeta che forniscono il cosiddetto “oro nero“, ma la tendenza generale va verso un loro aumento. Tale andamento contribuisce a disincentivare nuovi investimenti.
Sembra un paradosso, ma con il petrolio a 90 dollari al barile (e probabilmente presto a 100 dollari) le multinazionali del petrolio preferiscono distribuire i loro lauti guadagni agli azionisti (ed ai super-pagati manager) piuttosto che investire per cercare nuovo petrolio.
La paura delle conseguenze della transizione energetica potrebbe produrre quella che viene definita una “previsione che si auto avvera“. Chi prendeva in giro Greta ed i suoi amici attivisti per il clima potrebbe doversi ricredere. Ciò che Greta profetizzava potrebbe realizzarsi prima di quanto supponessimo.
Sarà senz’altro un buon segnale per l’ambiente e per il clima, ma – nel breve periodo – potrebbe portare a forti squilibri di mercato. In attesa di disporre di una quantità sufficiente di energie rinnovabili, potremmo subire una serie di crisi energetiche legate alla carenza di petrolio e dei suoi derivati.
L’unica risposta a queste criticità è quella di affrancarsi il più rapidamente possibile dalle forniture di petrolio, puntando ad un mix energetico che aumenti l’utilizzo delle energie rinnovabili. Esattamente l’opposto di quello che sembra voler fare il premier Meloni con il suo evanescente “Piano Mattei“.
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