IEA – World Energy Outlook 2023: un rapporto con luci ed ombre

L’International Energy Agency (IEA) ha pubblicato il suo rapporto annuale sullo stato dei mercati energetici mondiali. Il documento analizza in dettaglio i processi che sono alla base della transizione dalle energie di origine fossile verso quelle di tipo rinnovabile. Il rapporto conferma che è ormai prossimo il raggiungimento del punto di massimo utilizzo dei combustibili fossili. Già alla fine di questo decennio si osserverà un calo di tali fonti energetiche, progressivamente soppiantate da sorgenti di tipo rinnovabile. Purtroppo il calo sarà troppo lento per soddisfare gli obiettivi di Parigi e limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C sopra ai livelli tipici del periodo pre-industriale.

Il rapporto denominato World Energy Outlook 2023 conferma che a breve sarà raggiunto il picco delle emissioni di CO2 dovuto all’utilizzo di fonti di energia fossile (carbone, petrolio e gas naturale). Il massimo è previsto intorno al 2025, dopodiché inizierà un lento declino a causa della progressiva sostituzione dei combustibili fossili con fonti di energia rinnovabile.

Il calo più netto sarà registrato nell’uso del carbone, mentre per petrolio e gas naturale si prevede che – a livello mondiale – i consumi caleranno molto più lentamente. Ci saranno forti differenze a secondo dell’area geografica considerata: le cosiddette economie avanzate passeranno molto più rapidamente alle energie rinnovabili, mentre un aumento del consumo di combustibili fossili (soprattutto gas naturale) si registrerà ancora per molti anni nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo (evidenziati in verde nei grafici sottostanti):

Previsioni per i consumi di carbone suddivise per aree geografiche (crediti: IEA con licenza CC BY 4.0)
Previsioni per i consumi di petrolio suddivise per aree geografiche (crediti: IEA con licenza CC BY 4.0)
Previsioni per i consumi di gas naturale suddivise per aree geografiche (crediti: IEA con licenza CC BY 4.0)

A proposto di gas naturale, l’IEA stima che i forti investimenti fatti per la costruzione di impianti di liquefazione del gas porterà entro pochi anni ad un forte aumento dell’offerta di GNL (gas naturale liquido) a livello mondiale. IEA adombra perfino la possibilità che si possa generare un eccesso di offerta che potrebbe causare un forte calo delle quotazioni. Gli scenari 2022 (post invasione russa dell’Ucraina) che descrivevano un pianeta alla disperata ricerca di fonti di gas sembrano essere del tutto evaporati. Un forte calo delle quotazioni del gas potrebbe favorire un elevato livello dei consumi e questa non è certamente una buona notizia per il clima.

Vorrei ricordarvi che quelle dell’IEA non sono le uniche previsioni sui consumi energetici mondiali. Ci sono anche stime provenienti da altre fonti ed in particolare quelle rilasciate dai produttori di petrolio dell’OPEC. Queste ultime differiscono rispetto a quelle dell’IEA perché dal 2030 in poi anziché indicare un lieve calo dei consumi complessivi di combustibili fossili indicano una lieve crescita. D’altra parte chiedere all’OPEC quale sarà il ruolo del petrolio nell’ambito delle forniture energetiche del prossimo futuro è un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono. Personalmente ritengo che tutte le stime siano comunque affette da un certo margine di incertezza, ma che le stime IEA siano più realistiche rispetto a quelle dell’OPEC.

Lo scenario complessivo che l’IEA presenta nel suo rapporto 2023 è quello di una forte accelerazione nella vendita di auto elettriche e di una rilevante crescita della capacità di produrre energia elettrica tramite il solare fotovoltaico. Quest’anno gli investimenti complessivi fatti per lo sviluppo di energie rinnovabili ammonteranno – a livello mondiale – a 1.800 miliardi di US$, valore da confrontare con i circa 1.100 miliardi di US$ che saranno investiti nell’ambito delle energie fossili. La tendenza degli ultimi anni è quella di un aumento del rapporto tra investimenti in energie rinnovabili e quelli in energie fossili. Ovviamente l’effetto a medio-lungo termine di tali investimenti sarà quello di far crescere la rilevanza delle energie rinnovabili (anche se questo processo non avverrà in modo omogeneo e simultaneo in tutte le parti del mondo).

Complessivamente il rapporto tra investimenti in energie rinnovabili rispetto a quelle fossili passerà da 1 (valore registrato nel 2017) a 1.6 quest’anno, per raggiungere un livello compreso tra 2,6 ed 11 nel 2030. Le stime per il 2030 sono comprese all’interno di un’ampia “forchetta” perché dipenderanno dalle scelte che saranno adottate dai diversi Governi nel corso dei prossimi anni. In altre parole, la strada che sarà percorsa sarà senz’altro quella delle energie rinnovabili, ma la velocità con cui questa strada sarà percorsa dipenderà criticamente dalle decisioni di natura politica che saranno adottate dai diversi Paesi.

Qui si apre il grosso problema delle cosiddette economie emergenti che rinfacciano ai Paesi più ricchi l’enorme quantità di anidride carbonica scaricata nell’atmosfera durante gli ultimi decenni e reclamano il loro “diritto” a scaricare la loro quota. Si tratta di un discorso complicato che si intreccia con considerazioni di natura geopolitica, ma anche con considerazioni di tipo climatico perché i Paesi che rischiano di più a causa del riscaldamento globale sono proprio quelli più poveri che – almeno fino ad oggi – non hanno avuto particolari responsabilità a livello di emissioni. Se invece di autodistruggerci con le guerre fossimo capaci di affrontare in modo lungimirante questi problemi forse potremmo mitigare molti dei disastri climatici che colpiranno l’umanità nel corso dei prossimi decenni, ma mi rendo conto di fare un discorso del tutto teorico e avulso dalla realtà.

Stando così le cose, possiamo vedere il classico bicchiere mezzo pieno oppure mezzo vuoto. Il fatto che finalmente si arrivi al punto di massime emissioni di CO2 dovute all’uso dei combustibili fossili è comunque un risultato importante. Purtroppo sappiamo che circa la metà di queste emissioni non viene riassorbita dagli ecosistemi terrestri e marini e finisce con l’aumentare il livello di anidride carbonica nell’atmosfera. Se nei prossimi decenni non saremo in grado – a livello globale – di ridurre sensibilmente l’utilizzo dei combustibili fossili rispetto ai livelli attuali sarà praticamente impossibile riuscire a contenere l’aumento delle temperature medie globali entro il livello di 1,5°C fissato dagli accordi di Parigi. Questo provocherà l’inasprimento dei problemi di origine climatica, producendo ingenti danni economici e sociali.

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