Vaia, il bostrico e – più in generale – gli effetti prodotti dai cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova i boschi del Trentino. Sono stati avviati da tempo vari interventi dedicati alla salvaguardia di questo prezioso patrimonio ambientale. L’opera di ripristino degli alberi danneggiati è stata impostata sostituendo il vecchio bosco costituito quasi esclusivamente da conifere con una grande varietà di specie arboree che include molti tipi di latifoglie. Questa scelta, oltre ad aumentare la resilienza rispetto agli effetti prodotti dal cambiamento climatico, può contribuire ad aumentare considerevolmente la quantità di anidride carbonica catturata dal bosco.
La capacità di cattura dell’anidride carbonica da parte dei boschi contribuisce in modo significativo a mitigare l’aumento di CO2 nell’atmosfera terrestre. Purtroppo il continuo l’aumento dei terreni urbanizzati o dedicati ad uso agricolo produce una costante riduzione delle aree coperte da foreste.
Paradossalmente, un consistente aumento dei cosiddetti bio-combustibili (prodotti da materiali di origine vegetale) potrebbe portare ad un ulteriore incremento delle terre coltivabili che crescerebbero a discapito delle aree boschive. Per tale motivo un uso intensivo dei bio-carburanti potrebbe addirittura generare un effetto climatico opposto rispetto a quello desiderato.
Nel nostro piccolo Trentino i boschi sono un elemento caratterizzante del paesaggio e rappresentano una risorsa che va ben oltre al valore del legname che essi producono. Purtroppo questa risorsa è stata messa a dura prova da eventi recenti come la tempesta Vaia e la successiva invasione del bostrico che sta producendo danni notevolissimi.
Di fronte a tali criticità la Provincia di Trento ha avviato un piano per il ripristino dei boschi. Rispetto al modello adottato nel corso degli ultimi 2 secoli basato quasi esclusivamente su una monocultura di conifere (pini e abeti) si è scelto di aumentare notevolmente la varietà delle specie arboree piantate dando molto spazio a diversi tipi di latifoglie (aceri, tigli, castagni, faggi, sorbi, pioppi e salici). Questa scelta è stata motivata dalla necessità di aumentare la biodiversità del bosco del futuro. L’impostazione adottata è il frutto di indagini e ricerche sviluppate in collaborazione con altri territori alpini e si pone l’obiettivo di rendere il bosco più resiliente rispetto agli effetti che saranno prodotti nel prossimo futuro dal riscaldamento globale.
Le scelte che sono state adottate possono produrre anche un ulteriore beneficio. Un articolo uscito recentemente su Frontiers in Forests and Global Change analizza la letteratura scientifica dedicata alla capacità dei boschi di assorbire anidride carbonica dall’atmosfera e mette in evidenza come i giovani boschi basati su una grande varietà di specie arboree possano raggiungere una capacità di cattura della CO2 atmosferica decisamente superiore (fino al 70% in più) rispetto ai boschi basati su monoculture.
I boschi dell’arco alpino non hanno una estensione confrontabile con quella dell’Amazzonia o di altre grandi aree boschive mondiali e – su una scala globale – il loro contributo per fissare l’anidride carbonica presente nell’atmosfera non è determinante. Resta il fatto che aumentare fino al 70% la loro capacità di cattura della CO2 atmosferica va comunque nella giusta direzione.
Lascia un commento