Dopo il boom registrato nel 2022, si registra in tutta Europa un calo delle vendite di pompe di calore. Il caso italiano è quello più eclatante ed è direttamente legato alle criticità registrate nella gestione del cosiddetto Superbonus. Ma anche nel resto d’Europa si osservano cali, più o meno diffusi. Le cause di tale fenomeno sono riconducibili alla fine della fase più acuta della crisi energetica e all’aumento dei tassi di interesse che ha reso notevolmente più oneroso il finanziamento degli investimenti per il risparmio energetico. Molti si domandano se si tratti solo di una crisi passeggera o se stiamo assistendo al crollo di un mercato effimero.
Il dato italiano è quello più eclatante: -34% di vendite di pompe di calore durante il primo semestre 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022. A fine anno alcuni prevedono che il calo medio del 2023 rispetto al 2022 potrebbe superare il 40%. Ma il caso italiano non fa testo perché rientra tra gli effetti collaterali di quel gran pasticcio noto come Superbonus. Bloccato il Superbonus, c’è stato un conseguente crollo negli acquisti di pompe di calore e gli italiani che non possono più accedere ai generosi incentivi pubblici preferiscono tenersi la vecchia caldaia.
Il caso italiano non è del tutto isolato. Un crollo simile a quello italiano è stato osservato in Danimarca, dove il Governo ha fatto un pasticcio sugli incentivi per il risparmio energetico che ricorda quanto è accaduto in Italia. Nel resto d’Europa l’anno in corso ha fatto registrare cali meno importanti, ma comunque abbastanza diffusi, da pochi punti percentuali fino a valori dell’ordine del 20%.
Si tratta di una rapida e per molti versi inaspettata inversione di tendenza che va a colpire un mercato che fino all’anno scorso era ovunque in rapida crescita. Un anno fa il problema era quello di trovare le forniture per rispondere alle richieste dei potenziali clienti ed i tecnici necessari per provvedere all’installazione dei nuovi impianti. Oggi questa crescita tumultuosa appare come un lontano ricordo e alcuni temono che quello delle pompe di calore possa rivelarsi un boom effimero.
Aldilà dei casi di Italia e Danimarca dove i Governi ci hanno messo del loro per distorcere il mercato, l’andamento che stiamo osservando è probabilmente legato al forte aumento dei tassi di interesse ed all’effetto deprimente che tale aumento ha avuto sull’economia reale. I maggiori costi di finanziamento hanno scoraggiato lo sviluppo di nuovi progetti immobiliari dove ormai le pompe di calore sono – dal punto di vista tecnico – l’opzione preferita per la realizzazione degli impianti di riscaldamento e raffrescamento. Ma sono stati rallentati anche gli investimenti dei privati che – di fronte alle incertezze che si stanno accumulando sul fronte economico – evitano di investire e si tengono le vecchie caldaie a gas naturale.
Un ulteriore disincentivo verso il risparmio energetico è stato originato dalla fine della fase più acuta della crisi energetica. Chi temeva che durante l’inverno 2022/23 Putin riuscisse a lasciare i Paesi occidentali al freddo si è dovuto ricredere. Gas ne abbiamo in abbondanza ed anche i picchi stratosferici dei prezzi registrati alla fine dell’estate 2022 sono ormai un lontano ricordo. Tutto questo ha fatto calare le ansie sul fronte delle forniture di energia, riducendo anche la propensione ad investire per consumare meno energia.
La tendenza per il futuro, almeno a breve termine, non è particolarmente positiva. Gli esperti di marketing ci dicono che una volta che l’opinione pubblica ha smesso di considerare l’adozione delle pompe di calore come una priorità ci vorrà un po’ di tempo prima che il mercato si possa effettivamente riprendere.
Non tutti i guai vengono per nuocere perché – come ci ha insegnato l’esperienza del Superbonus italiano – quando la domanda cresce troppo velocemente si innescano fatalmente delle spinte speculative che producono forti effetti distorsivi sul mercato.
L’auspicabile futuro calo dei tassi di interesse (accompagnato si spera da un calo dell’inflazione che erode i redditi delle famiglie) dovrebbe dare nuovo spazio agli investimenti anche nel settore del risparmio energetico. È auspicabile che a questo si affianchi una ragionevole politica di incentivi concordata a livello europeo che aiuti soprattutto le famiglie meno abbienti ad affrontare le spese necessarie per ridurre i consumi energetici delle loro abitazioni.
Non dobbiamo dimenticare che le emissioni di CO2 legate al settore edilizio (pubblico e privato) contribuiscono in modo significativo alle emissioni globali e che solo attuando piani di miglioramento energetico del patrimonio edilizio esistente si potranno raggiungere gli obiettivi di riduzione di emissioni che sono necessari per contenere il fenomeno del riscaldamento globale.
Le pompe di calore possono giocare un ruolo fondamentale per raggiungere tale obiettivo. Personalmente ritengo che la crisi attuale potrà solo rallentare un processo che ormai è avviato e che – nel medio/lungo termine – ci porterà ad un utilizzo sempre più esteso delle pompe di calore.
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