Malgrado le perturbazioni legate agli eventi bellici in Ucraina e Medio Oriente e alle tensioni speculative che si attivano tradizionalmente in concomitanza dell’aumento dei consumi legato all’arrivo della stagione invernale, il mercato italiano dei prodotti energetici non mostra segni di particolare criticità. Taluni addebitano tale andamento alla recessione economica (ormai conclamata in Germania, che si sta propagando a macchia d’olio al resto d’Europa, Italia inclusa).
Il mese di novembre fa segnare tradizionalmente qualche criticità di prezzo nei mercati energetici. L’arrivo dell’inverno ed il funzionamento a pieno ritmo dei sistemi di produzione industriale determinano un aumento dei consumi che può innescare forti speculazioni al rialzo.
Quest’anno l’andamento dei mercati energetici italiani non mostra particolari segni di tensione. Partiamo da quelli (all’ingrosso) di gas ed energia elettrica che – lo scorso anno – avevano registrato una forte impennata con conseguente forte aumento dell’inflazione.
Nel corso degli ultimi mesi sia gas che energia elettrica mostrano una leggera crescita, ma si mantengono decisamente sotto ai livelli del 2022:
Per quanto riguarda i carburanti, una delle cause che erano alla base del recente picco osservato intorno al Ferragosto 2023 era legata all’aumento dei costi di raffinazione. Il dato che segue è relativo al cosiddetto “margine di raffinazione” ovvero alla differenza tra il costo di un barile di petrolio in entrata alla raffineria ed il prezzo di vendita dei prodotti ricavati dalla sua raffinazione. Il margine è espresso in US$ al barile:
Attualmente siamo tornati su valori medi, segno che le raffinerie lavorano riuscendo a soddisfare senza problemi le richieste provenienti dal mercato. Il dato rappresentato in figura è una media calcolata sulle raffinerie localizzate intorno al Mar Mediterraneo perché quello del petrolio è un mercato internazionale dove il singolo Paese non riesce – da solo – ad influire in modo significativo sui prezzi (può solo aumentarli imponendo accise ed altre tasse locali!).
Ovviamente il maggior effetto sul prezzo dei carburanti è quello dovuto al prezzo del petrolio che, durante la scorsa estate, era stato spinto al rialzo dai tagli decisi dai Paesi OPEC. Molti prevedevano che il costo del petrolio sarebbe arrivato sopra i 100 US$/barile, ma – almeno per il momento – la spinta si è interrotta. Attualmente il prezzo del petrolio della qualità Brent oscilla intorno a 80 US$/barile e – complice anche una certa svalutazione del dollaro legata alla previsione che i tassi di interesse americani abbiano già raggiunto il loro valore massimo, c’è stato un calo abbastanza pronunciato dei prezzi, avvertibile anche dai consumatori al momento di fare il pieno.
Per il momento la tendenza è verso un’ulteriore discesa, ma non bisognerebbe mai fare previsioni perché quello del petrolio è un mercato molto volatile, soggetto ad enormi spinte di natura speculativa e geopolitica.
Qui sotto riporto i dati del MISE che indicano il prezzo (al netto delle pesanti imposte) di benzina e gasolio per autotrazione nel corso del 2023. Si nota che il prezzo industriale del gasolio (linea gialla) è sempre superiore rispetto a quello della benzina anche se poi – alla pompa – le accise differenti riportano i due prezzi più o meno sullo stesso livello.
Il maggior costo del gasolio è legato a carenze del sistema di raffinazione. Quando si usava intensamente petrolio di origine russa, la produzione di gasolio era maggiore. Gli effetti delle sanzioni hanno prodotto un cambiamento del mix di petroli trattati dalle raffinerie con una riduzione nella produzione di gasolio ed un contestuale aumento del suo prezzo rispetto a quello della più abbondante benzina. Il trend in atto che vede una forte riduzione di auto nuove dotate di motore diesel produrrà nel medio-lungo periodo un calo nella domanda di gasolio e le raffinerie non investono per modificare i loro impianti al fine di ottimizzare la produzione di gasolio.
Notiamo che durante la scorsa estate c’era stato un forte calo del prezzo del gasolio che era addirittura sceso sotto quello della benzina. Secondo notizie non confermate sarebbe stato legato ad un forte flusso di gasolio di origine russa contrabbandato per aggirare i vincoli dell’embargo attraverso Paesi terzi. A giudicare dal grafico sembra che questo canale sia stato individuato e chiuso.
Complessivamente possiamo dire che le dinamiche dei mercati energetici non mostrano un momento di particolare tensione. Gli analisti attribuiscono tale andamento all’effetto della recessione economica che incomincia a colpire duro in vari Paesi, ad eccezione degli Stati Uniti. Cina (aldilà delle statistiche ufficiali non sempre veritiere) e Germania sono le 2 grandi economie mondiali che al momento stanno affrontando un momento di particolare difficoltà. Considerata la stretta rete di relazioni economiche che connette i 2 Paesi si potrebbe dire “simul stabunt, simul cadent“. Forse non è proprio così, ma una correlazione almeno parziale ci potrebbe essere.
Anche l’Italia non se la passa troppo bene. Gran parte dell’economia del Nord Italia è al traino del mercato tedesco e con la Germania in recessione le ripercussioni negative per l’Italia sono inevitabili.
L’unica consolazione è quella che il contenimento dei prezzi energetici produrrà un rallentamento dell’inflazione che ha eroso una parte significativa del potere d’acquisto di molti italiani. Non dobbiamo farci illusioni e sperare che chi ha aumentato i listini dopo il forte balzo dei prezzi energetici avvenuto nel 2022, oggi li riporti ai livelli precedenti alla crisi energetica. Ma almeno speriamo che questo ci eviti ulteriori aumenti.
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