La tassazione degli extra-profitti: “tanto fumo e poco arrosto”

Nel corso degli ultimi 2 anni si è molto discusso della tassazione dei cosiddetti “extra-profitti” ovvero dell’impennata di utili che molte società hanno registrato grazie a fenomeni che hanno duramente colpito i cittadini italiani (Covid, crisi energetica, aumento dei tassi di interesse). In un Paese dove il grosso delle imposte dirette pesa sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, spesso si parla di colpire gli extra-profitti con imposte straordinarie, ma alla fine si conclude assai poco.

La storia più recente è quella delle banche italiane che avrebbero dovuto versare nelle casse dello Stato un certo numero di miliardi di Euro a seguito di una imposizione straordinaria sugli extra-profitti legati all’aumento dei tassi di interesse (quelli che le banche fanno pagare ai titolari dei mutui mentre invece il denaro che gli italiani tengono bloccato nei loro conti correnti bancari continua a non essere praticamente remunerato).

Purtroppo nelle casse dello Stato non è entrato neppure un Euro. Alla fine hanno vinto tutti: il Governo ha avuto il suo momento di visibilità nella lotta ai “poteri forti” perché molti cittadini ricordano solo la faccia feroce del premier quando annunciava la nuova iniziativa, ma non hanno seguito la vicenda fino in fondo e non hanno capito che si è ormai ridotta ad un colossale flop. Hanno vinto anche le banche perché hanno salvato il capitale, sia pure a costo di qualche temporaneo crollo delle loro quotazioni di borsa. Gli unici a perdere sono stati i cittadini che continuano a vedere i loro risparmi depositati in banca erosi dall’inflazione.

Oggi il Centro Studi Comar affronta una questione analoga e ci fa capire come è andata a finire un’altra storia di extra-profitti, quella legata agli enormi guadagni realizzati dalle aziende energetiche italiane in occasione della crisi energetica del 2022.

Nell’estate 2022 il Governo Draghi aveva deciso di tassare i guadagni straordinari realizzati dalle società energetiche grazie ai folli aumenti di prezzo che si erano verificati. L’operazione è stata avviata dal Governo Draghi, ma la sua realizzazione pratica è ricaduta sulle spalle del Governo Meloni. Il nuovo Governo – a fronte della insoddisfazione manifestata dalle aziende energetiche italiane – è intervenuto “in corso d’opera” modificando i criteri di attuazione del prelievo.

Vediamo come sono andate a finire le cose: il dato che emerge è che nel 2022 le società energetiche hanno realizzato un fatturato complessivo che ha sfiorato i 650 miliardi di Euro, quasi raddoppiato (per l’esattezza + 84,1%) rispetto ai circa 350 miliardi di Euro fatturati nel 2021.

Dopo aver pagato la tassa sugli extra-profitti, le aziende energetiche nel 2022 hanno realizzato 24,7 miliardi di Euro di utili, dato da confrontare con i 16 miliardi di utili dell’anno precedente (il lancio Ansa riporta un utile di 8,7 miliardi di Euro nel 2021, ma si tratta di un refuso). Il confronto con il 2019 – ultimo anno precedente alla pandemia è ancora più eclatante: allora gli utili delle società energetiche italiane erano stati “soltanto” 6,9 miliardi, più o meno in linea con la media degli anni precedenti.

Non c’è bisogno di essere un genio della finanza per capire che c’è qualcosa che non quadra: malgrado sia stata applicata la tassazione sugli extra-profitti, gli utili finali sono aumentati del 50% rispetto all’anno precedente che era già stato un anno di utili eccezionali grazie al rimbalzo dell’economia che aveva fatto seguito alla fine del periodo più duro della pandemia.

In pratica nel 2022 le società energetiche italiane sono riuscite a guadagnare 8,7 miliardi in più rispetto al 2021, triplicando gli utili rispetto ai livelli del periodo pre-pandemico. Sono soldi che sono stati tolti dalle tasche degli italiani ogni volta che facevano il pieno o pagavano una bolletta.

Notiamo che gli 8,7 miliardi di Euro in più rimasti nelle tasche delle società energetiche sarebbero stati molto utili se fossero stati disponibili per dare un po’ di vigore alla deludente legge finanziaria che il Governo ha recentemente approvato per il 2024.

Nel frattempo le aziende energetiche italiane incominciano a “pianger miseria“, perché nei primi 9 mesi del 2023 hanno visto un calo del -30% del loro fatturato, con un concomitante calo degli utili (-13%). Anche in questo caso si può notare che il fatturato scende a causa del calo dei prezzi internazionali dell’energia, ma il calo degli utili è decisamente inferiore rispetto a quello del fatturato.

Sembra evidente che alla fine anche la tassazione degli extra-profitti energetici non abbia funzionato e possa fare buona compagnia a quella sulle banche.

Qualcuno ha proposto anche di tassare gli extra-profitti delle aziende farmaceutiche collegati alla pandemia di Covid-19. Per fortuna è rimasta solo una proposta perché temo che anche in questo caso avremmo registrato un colossale “buco nell’acqua“.

Risposta a “La tassazione degli extra-profitti: “tanto fumo e poco arrosto””

  1. Avatar Davide Bassi

    CVD – Come volevasi dimostrare

    di Dario Conti – lanotiziagiornale.it

    Un copione già visto. Una replica di quanto successo con le banche. Alla fine il governo guidato da Giorgia Meloni cede sempre ai poteri forti: che siano gli istituti bancari o le grandi società energetiche. L’ultimo passo indietro dell’esecutivo riguarda le tasse sugli extraprofitti delle società energetiche per il 2023.

    Il decreto Anticipi ha introdotto quello che di fatto è uno sconto da almeno 450 milioni di euro per le grandi compagnie energetiche. E secondo alcune relazioni parlamentari è possibile che questa cifra sia molto più alta, avvicinandosi addirittura a un miliardo di euro che le aziende non dovranno più pagare.

    In fondo nulla di troppo diverso da quanto successo con la tassa sugli extraprofitti delle banche: prima è stata introdotta e poi si è deciso, su pressione degli stessi istituti e persino di parte della maggioranza, di tornare indietro. Consentendo così alle banche di scegliere se versare la tassa o accantonare come riserva non distribuibile un importo maggiorato di 2,5 volte l’imposta, rafforzando in questo modo il proprio patrimonio. Non può stupire che, in quel caso, gli istituti abbiano deciso tutti di rafforzare il patrimonio e di non versare neanche un euro nelle casse dello Stato.

    Viene sottolineato da Angelo Bonelli dei Verdi, è possibile che la cifra scontata dal governo sia ben più alta di quella preventivata: una relazione tecnica degli uffici parlamentari riporta che “la base imponibile ai fini del calcolo del gettito si riduce di 1,6 miliardi e quindi lo sconto arriverebbe a 800 milioni”.

    Al di là della cifra, il regalo per le aziende è evidente, tanto che per il capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, Stefano Patuanelli, si tratta di un “inchino alle lobby”. L’esponente pentastellato sottolinea come il governo abbia respinto l’emendamento “sulla tassazione del settore bancario, rimangiandosi mesi di proclami”, decidendo di apparecchiare “la tavola per un maxi-sconto sulla tassa prevista per gli extraprofitti dei colossi dell’energia, i cui utili complessivi hanno toccato quota 70 miliardi nel biennio 2021-2023”.

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