La confusa strategia nucleare del ministro Pichetto Fratin

In attesa del rilascio dell’atteso documento programmatico per lo sviluppo dell’energia nucleare in Italia, il ministro Pichetto Fratin ha annunciato le linee fondamentali che dovrebbero ispirare l’azione del Governo. In particolare – preso atto dei lunghi tempi di costruzione e del fatto che non ci sono abbastanza soldi nei bilanci pubblici – sembra rimandata sine die l’idea di costruire nuove centrali nucleari in Italia (anche quella che si sarebbe dovuta costruire vicino all’abitazione di Salvini). L’idea sarebbe quella di dare la possibilità ai privati (grandi aziende energivore o consorzi di aziende) di dotarsi di piccoli impianti del tipo SMR, impianti che – sbagliando – il ministro Pichetto Fratin continua a definire di quarta generazione. Lo Stato italiano si limiterebbe a dettare le regole generali e – auspicabilmente – a trovare una soluzione per lo stoccaggio delle scorie nucleari che gli impianti SMR producono in grande quantità.

In una serie di recenti interventi, il ministro Pichetto Fratin ha anticipato le linee guida del programma di rilancio dell’energia nucleare che il Governo italiano dovrebbe approvare a breve. Preso atto realisticamente dei lunghi tempi di costruzione e della carenza di fondi pubblici, sembra che sia stata definitivamente abbandonata l’idea di costruire in Italia nuove centrali nucleari di tipo “tradizionale“. Si tratta di una posizione realistica, che tiene conto anche del fatto che le resistenze locali ad accogliere un nuovo sito nucleare potrebbero scatenare reazioni tali da far dilatare enormemente i tempi di realizzo degli impianti.

Sembra che l’intenzione del Governo italiano sia quella di “spellare la gallina senza farla gridare“. Fuor di metafora, invece di costruire grandi impianti ad alto impatto ambientale e visivo, si preferirebbe puntare su impianti di dimensioni ridotte, i cosiddetti SMR (Small Modular Reactor) lasciando che le aziende private interessate si occupino della loro costruzione e del relativo finanziamento. La proposta potrebbe essere raccolta da industrie particolarmente energivore (da sole o in consorzio con altre imprese) che – grazie ad uno o più moduli SMR – potrebbero coprire una parte significativa dei loro consumi energetici.

In ogni caso, l’energia elettrica prodotta dai nuovi generatori SMR non sarebbe destinata al mercato dei consumi domestici, ma sarebbero finalizzata esclusivamente ad un uso industriale. Considerate le ridotte dimensioni dei reattori SMR sarebbe possibile “mimetizzare” tali impianti all’interno di siti industriali già esistenti e questo potrebbe ridurre l’ostilità degli abitanti che vivono nelle immediate vicinanze dei nuovi impianti nucleari.

Personalmente ho qualche dubbio sull’affidabilità di una proposta che sembra delegare ai privati compiti particolarmente delicati. Sappiamo che negli impianti nucleari il rispetto delle rigorose norme di sicurezza rappresenta una delle principali cause dei costi operativi. Sapendo quanto siano carenti – in generale – i controlli sul rispetto delle norme di sicurezza nel nostro Paese, mi domando quali garanzie avremo rispetto alla possibilità che qualche azienda aumenti i suoi utili riducendo i controlli di sicurezza sui suoi moduli SMR.

Nei suoi interventi (l’ultimo in ordine di tempo è una intervista rilasciata oggi al giornale La Repubblica) il ministro Pichetto Fratin continua a ripetere che gli SMR sarebbero reattori di “quarta generazione. Francamente non capisco se il ministro abbia difficoltà di apprendimento o menta sapendo di mentire perché gli impianti nucleari di IV generazione sono tutt’altra cosa. Il termine IV generazione serve ad identificare reattori che utilizzano neutroni veloci e che – a differenza di tutti i precedenti tipi di reattori nucleari (SMR inclusi) – producono una quantità di scorie nucleari decisamente meno rilevante (e soprattutto prive di radioisotopi con tempi di dimezzamento che arrivano fino a scale di tempo geologiche).

Gli SMR sono a tutti gli effetti impianti di III generazione, caratterizzati da un ottimo livello di sicurezza intrinseca, decisamente superiore rispetto alla stragrande maggioranza delle centrali nucleari tradizionali attualmente in funzione (gli SMR si spengono autonomamente in caso di malfunzionamento). Purtroppo gli SMR funzionano con neutroni lenti e producono una rilevante quantità di scorie radioattive, molto impegnative da smaltire anche per la presenza di radioisotopi particolarmente pericolosi e con tempi di dimezzamento lunghissimi (molte migliaia di anni).

L’idea si installare reattori SMR in siti industriali preesistenti non è nuova ed è stata proposta – ad esempio – negli USA per sostituire alcune vecchie centrali termoelettriche a carbone molto impattanti sia dal punto di vista ambientale che da quello climatico. Attenzione però: il programma di sviluppo degli SMR avviato negli USA è stato recentemente chiuso a causa dell’incremento dei costi e dei tempi di costruzione rispetto a quanto inizialmente preventivato.

Sembra che l’Italia si accinga a percorrere la stessa strada, senza avere tratto alcun insegnamento dall’esperienza americana. Se effettivamente la scelta di costruire impianti SMR anche in Italia sarà lasciata ai privati (senza incentivi pubblici che distorcano il mercato) è sperabile che le aziende facciano i loro conti e non buttino soldi in avventure ad alto rischio di insuccesso.

Ma il compito che il Governo italiano non potrà delegare ai privati è quello relativo alla raccolta e alla gestione dei rifiuti nucleari. Attualmente le scorie nucleari prodotte in Italia vengono accatastate in siti provvisori in attesa che venga costruito un sito nazionale destinato ad accoglierle.

Si tratta di un problema di dimensioni rilevanti perché – lo ricordo – le scorie radioattive non sono solo quelle delle vecchie centrali nucleari italiane ormai in disuso, ma vengono prodotte continuamente nell’ambito delle attività di medicina nucleare, nei laboratori di ricerca e per altri usi industriali degli isotopi radioattivi. Al momento siamo ancora fermi in attesa di “manifestazioni di interesse” da parte di comuni italiani desiderosi di ospitare il sito di raccolta nazionale.

Aldilà dei problemi legati alla loro effettiva convenienza economica, non ci sarà alcun futuro per gli impianti SMR in Italia se prima non sarà risolto il problema della raccolta, trattamento e stoccaggio dei rifiuti nucleari. Chiunque voglia dare al Paese un piano credibile per lo sviluppo dell’energia nucleare dovrebbe prioritariamente risolvere questo problema.

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