ENEA ha recentemente certificato che – nel corso del 2022 – le iniziative per il miglioramento dell’efficienza energetica (incluso il cosiddetto Superbonus) hanno prodotto risparmi per un ammontare di circa 3 miliardi di Euro. Pochi o tanti rispetto all’oneroso finanziamento statale? Certamente si poteva fare meglio, ma non si può sostenere che il Superbonus abbia prodotto solo danni. Senza contare che lo Stato ha incassato un bel po’ di miliardi grazie alle tasse pagate sui lavori finanziati dal Superbonus, lavori rigorosamente fatturati che hanno contribuito in modo determinante a far uscire rapidamente la nostra economia dalla crisi nera nella quale era precipitata durante la fase più acuta della pandemia.
Il dato recentemente reso pubblico dall’ENEA dimostra che i lavori eseguiti sugli immobili italiani grazie ai finanziamenti sostenuti dal Superbonus (e da altre analoghe forme di incentivazione) consentiranno di risparmiare tra 1 e 2 miliardi di Euro all’anno sui consumi energetici delle case degli italiani. Non è poco perché gli investimenti fatti produrranno i loro benefici per molti anni, contribuendo a ridurre le emissioni di anidride carbonica e alleviando i costi di gestione degli immobili che sono stati ristrutturati.
I dati riportati dalle agenzie di stampa e dagli altri mezzi di informazione sono necessariamente sintetici e non consentono di capire quali siano stati i costi reali a carico dello Stato. Inoltre le cifre riportate dalla stampa fanno riferimento all’anno 2022, periodo caratterizzato da prezzi dell’energia particolarmente elevati.
Per cercare di fare un po’ di chiarezza sono andato a vedere cosa scrive il rapporto ENEA e ho provato a fare alcuni semplici calcoli. La domanda che mi sono posto è: “quanto ha speso lo Stato italiano per ogni kWh di energia che sarà risparmiato grazie agli interventi edilizi che sono stati sovvenzionati grazie al Superbonus e ad altre analoghe iniziative?“
Il conto non è semplice perché non tutti i dati sono effettivamente disponibili. Si può comunque calcolare un dato approssimato che non dovrebbe essere molto distante dalla realtà.
Partiamo dall’Ecobonus, il sistema di incentivazione degli interventi di risparmio energetico introdotto nel lontano 2007. Nel periodo compreso tra il 2014 ed il 2022 gli italiani hanno speso circa 38 miliardi di Euro per interventi di questo tipo, ricavando risparmi energetici che si stimano pari a 13.200 GWh/anno.
Nel solo 2022 gli interventi sostenuti dall’Ecobonus sono costati 6,8 miliardi di Euro ed hanno prodotto risparmi energetici pari a 2.136 GWh/anno. Il contributo dello Stato corrisponde al 75% della spesa, spalmato sull’arco di 10 anni sotto forma di detrazione fiscale. Parliamo quindi di circa 5 miliardi di minori entrate fiscali solo per coprire le spese fatte nel 2022.
Una spesa molto più consistente è stata quella del cosiddetto Superbonus 110%. Sempre secondo i dati ENEA dal momento dell’avvio del programma fino al 30 dicembre 2022, a fronte di circa 61 miliardi di Euro di investimenti fatti dai proprietari delle abitazioni lo Stato italiano si era impegnato ad erogare poco meno di 50 miliardi di Euro di rimborsi fiscali. I lavori sostenuti dal Superbonus hanno prodotto (dato di fine 2022) un risparmio energetico pari a 9.050 GWh/anno. Questi dati si riferiscono all’intera durata dell’incentivo, ma il 2022 ha registrato spese decisamente superiori rispetto agli anni precedenti.
Oggi sentiamo dire che il Superbonus costerà complessivamente alle casse dello Stato almeno 100 miliardi di Euro. Per avere un’idea più precisa dei costi finali bisognerà aspettare che vengano registrate tutte le fatture pagate entro la fine del 2023 (attualmente c’è una corsa contro il tempo per fatturare tutto il possibile). Al momento non c’è ancora una dato consolidato, né sulle spese del 2023 e tanto meno sugli ulteriori risparmi energetici indotti dai lavori completati quest’anno.
Un ulteriore incentivo – poco utilizzato nel 2022 – è il cosiddetto Bonus facciate. I dati ENEA per il 2022 parlano di risparmio energetico di 59 GWh/anno a fronte di spese per 390 milioni di Euro (di cui circa 230 a carico dello Stato sotto forma di detrazioni fiscali).
L’ultima agevolazione utilizzabile è quella del Bonus casa, esistente da molti anni anche se soggetta a continue modifiche. Gli interventi finanziati da questa agevolazione hanno prodotto – nell’anno 2022 – risparmi energetici per circa 833 GWh/anno. Purtroppo per questo specifico incentivo il rapporto ENEA non è molto esaustivo: non dice quanti siano stati gli investimenti fatti e quindi non è possibile stimare gli oneri a carico dello Stato.
Escludendo il Bonus Casa, vediamo che le diverse iniziative di sostegno considerate (Ecobonus e Bonus facciate nel solo 2022 e Superbonus dalla sua istituzione fino alla fine del 2022) hanno stimolato investimenti pari a circa 68 miliardi di Euro a cui corrispondono circa 55 miliardi di rimborsi fiscali. Tali interventi hanno prodotto risparmi energetici per poco più di 11 mila GWh all’anno.
Ipotizzando che gli interventi fatti sugli edifici producano i loro benefici in termini di risparmio energetico per un periodo di 25 anni (si tratta di un dato medio perché può variare a seconda del tipo di intervento) stimiamo che per ogni kWh risparmiato lo Stato italiano abbia speso circa 0,2 Euro (il dato è fortemente influenzato dai lavori finanziati dal Superbonus che hanno prodotto oneri a carico dello Stato – normalizzati rispetto ai kWh risparmiati – circa doppi rispetto agli interventi finanziati dall’Ecobonus).
Un calcolo più accurato deve tenere conto anche dei maggiori incassi fiscali realizzati dallo Stato italiano grazie all’IVA e alle altre imposte incassate durante l’esecuzione dei lavori. Tutti lavori rigorosamente fatturati perché i pagamenti in “nero” sono banditi se si vogliono ottenere i contributi statali.
Non c’è una stima accurata delle entrate fiscali generate dai lavori finanziati dal Superbonus e dagli altri incentivi statali. Il calcolo non è semplice perché dipende da numerosi fattori. Assumendo che corrispondano al 30% delle spese sostenute dai proprietari degli immobili, parliamo di circa 20 miliardi di lire che compensano circa 1/3 dei rimborsi fiscali che lo Stato italiano si è impegnato ad erogare.
Tenendo conto dei ritorni fiscali incassati dallo Stato al momento dell’esecuzione dei lavori, il costo medio a carico delle casse pubbliche per ogni kWh di energia risparmiato grazie agli incentivi che abbiamo considerato scende a circa 0,13 Euro/kWh. L’operazione è decisamente conveniente se confrontiamo tale costo con il prezzo medio dell’energia registrato nel corso del 2022.
Grazie alla discesa dei prezzi energetici avvenuta nel 2023, attualmente il costo medio a carico dello Stato è sostanzialmente allineato rispetto ai prezzi correnti. Non sappiamo quali saranno i costi dell’energia negli anni futuri, ma gli esperti del settore ritengono che difficilmente assisteremo a ulteriori consistenti cali.
Alla luce delle precedenti valutazioni, mi sembra di poter affermare che i soldi spesi dallo Stato non sono stati “buttati dalla finestra” ed avranno un ritorno tangibile, sia pure diluito su un ampio arco di tempo.
Fin qui le note positive, ma ci sono stati anche tanti aspetti negativi. Cito ad esempio i criteri di attribuzione dei fondi che hanno favorito – di fatto – i proprietari di costose abitazioni monofamiliari a scapito dei condomini popolari. C’è stata anche una seria carenza a livello dei controlli che ha favorito la nascita di vere e proprie “fabbriche di documenti falsi“. Quasi quotidianamente leggiamo di iniziative giudiziarie che mettono in luce (tardivamente) truffe macroscopiche. Non sarebbe stato difficile – a tempo debito – verificare se i lavori venivano eseguiti effettivamente. Evidentemente i controlli sono stati carenti (e in taluni casi del tutto inesistenti) ed oggi è difficile recuperare le somme indebitamente erogate.
L’altro elemento critico è stato quello del cosiddetto “sconto in fattura” che poteva essere una buona idea per favorire la ristrutturazione delle abitazioni dei cittadini meno abbienti, ma che – applicato in modo indiscriminato – ha favorito una crescita esagerata dei prezzi (i clienti hanno smesso di negoziare i costi degli interventi con i fornitori perché “tanto pagava lo Stato“).
Un ulteriore elemento di criticità è legato al sistema di cessione dei crediti fiscali attivato in occasione del Superbonus. Era stato pensato inizialmente come uno strumento per consentire alle aziende edili di effettuare lo sconto in fattura senza assumersi oneri finanziari di lungo periodo, ma ha finito per creare un mercato finanziario parallelo dove sono prosperate le frodi.
In conclusione, con il senno di poi possiamo dire che il Superbonus poteva essere pensato e gestito molto meglio rispetto a quanto è stato fatto, ma ha comunque prodotto un ritorno significativo in termini di risparmi energetici, oltre ad aver innegabilmente aiutato l’economia italiana ad uscire rapidamente dalla grave crisi nella quale era precitata a causa della pandemia.
Non a caso, per l’ormai imminente 2024 si susseguono previsioni del PIL in ribasso, al limite della vera e propria recessione. Ci sono tante cause, ma certamente la brusca frenata del settore edilizio che si registrerà tra poche settimane a causa del venir meno degli incentivi legati al Superbonus non aiuterà a mantenere alto il livello dell’economia italiana.
A mio parere, la feroce polemica scatenata contro il Superbonus fa parte di una operazione mediatica avviata dal Governo Meloni per scaricare su altri la colpa della inconsistente manovra finanziaria adottata per il 2024. Paradossalmente – proprio in questi giorni – alcune forze politiche della maggioranza si stanno agitando per inserire nella Finanziaria 2024 una ulteriore proroga per aiutare i cosiddetti “esodati” del Superbonus. Non si capisce come – all’interno dello stesso Governo – qualcuno parli del Superbonus come “male assoluto” e altri si diano da fare per prolungarlo.
Di fronte ad un debito pubblico che in ottobre ha raggiunto la cifra monstre di 2.886 miliardi di Euro attribuire al Superbonus e ai suoi “fratelli” la colpa di tutti i nostri guai finanziari mi sembra poco credibile. Purtroppo il bilancio dello Stato italiano è irrimediabilmente compromesso da almeno 2 decenni. Ci sono pochi soldi nelle casse pubbliche e dobbiamo prioritariamente usarli per pagare gli interessi sul debito fin qui contratto. Sopravviviamo grazie ai nuovi prestiti che raccogliamo sul mercato internazionale, sperando che i mercati finanziari continuino a considerarci “too big to fail” e tengano aperti i rubinetti del credito.
La domanda sorge spontanea: “ma a pagare (tutti) le tasse ci abbiamo mai pensato?“
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