2023: bilancio energetico di fine anno (e qualche anticipazione per il 2024)

I primi mesi del 2023 scontavano ancora qualche tensione residua legata alla forte crisi energetica del 2022, ma – a parte una breve risalita dei prezzi registrata a fine estate – l’andamento dei prezzi energetici dell’anno che sta per finire è stato tutto sommato tranquillo. Non mancano le preoccupazioni per il futuro, a cominciare dalle tensioni in Medio Oriente che potrebbero innescare una nuova impennata dei prezzi energetici, ma – almeno fino ad oggi – non si segnalano carenze nei rifornimenti energetici o particolari spinte speculative sui prezzi.

Il grafico seguente ci fa vedere l’andamento dei prezzi energetici italiani (prezzo all’ingrosso di energia elettrica e gas naturale espresso in Euro/MWh) nel corso del 2023:

Andamento dei prezzi all’ingrosso per l’energia elettrica ed il gas naturale nel corso del 2023. I valori corrispondono alle medie mensili dei prezzi e sono espressi in Euro/MWh. Il dato riferito al mese di dicembre è ancora provvisorio, ma non ci aspettiamo che il dato definitivo possa variare significativamente rispetto al dato mostrato. Elaborato su dati GME

Non illudiamoci che i prezzi pagati nelle nostre bollette siano confrontabili con quelli mostrati in figura. Le società fornitrici applicano una maggiorazione (il cosiddetto spread) che può portare tranquillamente al raddoppio del prezzo pagato dall’utente finale rispetto al prezzo del mercato all’ingrosso.

Le bollette includono inoltre una quota di spese fisse e varie accise e tasse statali. A questo proposito, ricordo che – a partire dal 1 gennaio 2024 – l’IVA sulle bollette del gas salirà dal 5 al 22% e rientreranno in bolletta i costi per i cosiddetti “oneri di sistema” che erano stati sospesi dal Governo Draghi nel momento più acuto della crisi energetica. Sarà un bel salasso per le famiglie italiane, che – sempre a partire dal 1 gennaio 2024 – non potranno più usufruire dei contratti detti di “maggior tutela“.

Chi si è cimentato nel passaggio dal mercato di maggior tutela verso il mercato libero di gas e luce elettrica si sarà accorto della difficoltà di individuare – tra la molteplicità di offerte presenti sul mercato – quella effettivamente più conveniente. Francamente non credo che tutti gli utenti siano in grado di comprendere fino in fondo quali siano – per loro – le condizioni migliori perché una valutazione completa deve tenere conto delle previsioni di consumo annuale, dell’incidenza delle spese fisse oltre che dal valore dello spread applicato dal fornitore rispetto ai prezzi all’ingrosso.

La scelta diventa ancora più complicata se si sceglie una delle cosiddette offerte a “prezzo fisso” che garantiscono la fornitura ad un prezzo invariato per la durata di almeno 1 anno, indipendentemente dall’andamento futuro dei prezzi del mercato all’ingrosso. In tal caso la valutazione della convenienza dell’offerta deve tenere conto anche delle stime sull’andamento futuro dei mercati energetici. Inoltre – a partire dal 1 gennaio 2024 – bisognerà tener conto dei cosiddetti “oneri di recesso“, una spesa aggiuntiva che sarà prevista per chi – dopo avere stipulato un contratto a prezzo fisso – volesse annullare il contratto prima della sua naturale scadenza.

Indice dei prezzi dell’energia elettrica a partire dal 1 gennaio 2021 fino al mese di ottobre 2023 (dati mensili, variazioni percentuali tendenziali) per il mercato tutelato (linea nera) e per quello libero (linea rossa). Come si vede i contratti a prezzo libero sono stati complessivamente decisamente più costosi rispetto a quelli che aderivano al mercato tutelato. (Crediti: grafico ISTAT)

Il rischio è che per molti la fine del mercato tutelato si trasformi – a parità di consumi – in un forte aumento delle bollette e forse si sarebbe potuto fare di più per tutelare i consumatori, specialmente quelli più vulnerabili. Per rendersene conto, basta consultare il portale offerte di Arera: le offerte disponibili hanno – in grande maggioranza – costi superiori (anche di molto) rispetto a quelli del servizio di maggior tutela.

Una cosa è comunque certa: se fino ad oggi eravamo abituati ad affidarci ad un fornitore senza preoccuparci di verificare quali fossero le scelte alternative, d’ora in avanti dovremo essere pronti a cambiare fornitore con una certa frequenza, un po’ come avviene già per i servizi telefonici (possibilmente senza farci imbrogliare da qualche condizione “capestro” scritta a caratteri microscopici nei contratti che sottoscriviamo e facendo attenzione – come ho ricordato precedentemente – all’extra costo legato alla possibile presenza di oneri di recesso).

Chiusa la parentesi sulla fine del mercato tutelato, rimane comunque la buona notizia che la crisi energetica del 2022 sembra ormai superata (almeno per gli aspetti più critici) e che quest’anno i prezzi energetici sono tornati su valori decisamente meno esorbitanti rispetto a quelli che abbiamo visto un anno fa. Anche la crescita dei prezzi che avevamo osservato a fine estate si è rivelata meno preoccupante rispetto a quanto ritenuto inizialmente e – sostanzialmente – è già rientrata.

Speriamo che la discesa dei prezzi all’ingrosso continui e che serva a compensare – almeno in parte – gli effetti del passaggio al mercato libero e la raffica di aumenti di tasse e contributi che il Governo Meloni farà scattare dal prossimo mese di gennaio.

Anche sul fronte dei prezzi dei carburanti gli ultimi mesi del 2023 hanno fatto segnare un ritorno su livelli minimi o comunque vicini al minimo annuale:

Andamento dei prezzi medi di benzina e gasolio, espressi in Euro per ogni 1.000 litri, al netto di tasse ed accise statali. (Crediti: MISE)

Quanto alle previsioni sul futuro dei mercati energetici, nessuno è veramente in grado di farle. Se si va a vedere l’andamento dei cosiddetti “futures” ovvero i contratti stipulati per la fornitura di gas e petrolio con consegna dilazionata fino all’inizio dell’estate del 2024 non si osservano previsioni di crescita dei prezzi particolarmente rilevanti. Ma si tratta – lo ricordo – di contratti che sono basati su vere e proprie “scommesse” che potrebbero essere completamente ribaltate nel caso in cui si verifichino fatti nuovi particolarmente rilevanti sul fronte della geopolitica. Lo scenario decisamente migliore (aldilà del contenimento dei costi energetici) sarebbe quello della fine dei conflitti che attualmente affliggono Ucraina e Medio Oriente.

Dopo 2 anni di guerra sanguinosa, l’Europa ha in qualche modo “metabolizzato” il conflitto in Ucraina e – almeno ufficialmente – la Russia non è più tra i nostri principali fornitori di energia. Scrivo “ufficialmente” perché le forniture provenienti dalla Russia sono quasi azzerate, ma nel frattempo sono cresciuti i flussi di contrabbando grazie a triangolazioni fatte con Paesi terzi.

Se anche la guerra in Ucraina finisse, non credo che la Russia possa tornare ad essere – almeno in tempi brevi – uno dei principali fornitori energetici dell’Europa (saremmo folli se dopo aver fatto tanti sacrifici per affrancarci dalle forniture russe mettessimo nuovamente il collo nel cappio di Putin). La fine della guerra contribuirebbe comunque ad allentare le tensioni internazionali, oltre a permettere al martoriato popolo ucraino di tornare a sperare in un futuro migliore.

Dal punto di vista geopolitico la crisi arabo-israeliana e – più in generale – le tensioni presenti in Medio Oriente rappresentano il rischio maggiore per la stabilità dei mercati energetici.

L’Italia sta “camminando in un campo minato“: la Russia non è più il nostro principale fornitore energetico, ma ora questo ruolo è stato assunto dall’Algeria che notoriamente offre un forte sostegno politico ad Hamas e ad altri gruppi terroristici di ispirazione islamista.

La scelta di aumentare le forniture algerine poteva avere senso – come soluzione temporanea – un anno fa, al culmine della crisi energetica, ma se confermata nel lungo periodo esporrebbe l’Italia a nuovi rischi che difficilmente potranno essere mitigati dall’attuazione del fantomatico “Piano Mattei“. Sarebbe molto meglio puntare su un ampliamento del numero dei fornitori, evitando che ci siano – come succede oggi nel caso dell’Algeria e fino al 2022 con la Russia – Paesi che svolgono un ruolo dominante e che potrebbero metterci in crisi con la semplice minaccia di un blocco delle forniture.

Meglio ancora sarebbe ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio (siamo il Paese che ha il tasso di importazione più elevato tra le grandi nazioni europee). Così facendo, ridurremmo il nostro impatto sul clima e – contemporaneamente – renderemmo più stabili e sicuri i nostri approvvigionamenti energetici.

Un ulteriore elemento di preoccupazione è legato agli attacchi alla navigazione che stanno avvenendo nel Mar Rosso. L’instabilità che caratterizza la parte meridionale della penisola arabica ha una storia antica ed è fomentata dalla rivalità esistente tra Arabia Saudita ed Iran. Gli attacchi alle navi mercantili – che, secondo gli insorti Houti, costituiscono una reazione ai bombardamenti israeliani su Gaza – rischiano di estendere il conflitto ben oltre alla scala locale, con potenziali gravi conseguenze sui costi del commercio internazionale e sulla regolarità delle forniture di petrolio e gas naturale.

In altri momenti, le notizie provenienti dallo Yemen avrebbero innescato una forte spirale speculativa sui prezzi energetici. Fino ad oggi non è accaduto nulla di tutto ciò, ma non possiamo escludere che possa accadere nel prossimo futuro, soprattutto se gli Stati Uniti e gli altri mediatori che si muovono nell’area non riusciranno a disinnescare le tante tensioni che stanno agitando il Medio Oriente.

Non sarà facile trovare soluzioni che garantiscano a tutti i popoli coinvolti sicurezza e certezza dei propri diritti, ma finché la “polveriera” mediorientale non sarà messa in sicurezza, ci sarà un costante pericolo di crisi con potenziali gravissime conseguenze anche per i prezzi energetici.

Questo è l’ultimo post del 2023. Non posso che concluderlo augurando a tutti che il 2024 sia un Anno di Pace!

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