In attesa che arrivi in grande quantità la neve vera, le località turistiche del Trentino hanno gestito il periodo natalizio grazie ad un consistente utilizzo della neve artificiale. Secondo notizie di stampa, il 90% della neve su cui si è sciato in Trentino è stata prodotta grazie ai cannoni. Gli ingenti costi energetici andranno ad aggravare i bilanci delle società di gestione degli impianti sciistici, in attesa che “mamma provincia” intervenga con qualche generoso finanziamento. Non è la prima volta che succede e – tutto sommato – non possiamo neppure lamentarci troppo: nelle Alpi occidentali e negli Appennini il mese di dicembre 2023 è stato ancora più avaro di precipitazioni nevose.
Mentre i bollettini meteo annunciano che finalmente – dopo l’Epifania – arriverà il grande freddo e la neve, è ormai il momento di fare il bilancio sull’andamento del turismo durante le vacanze natalizie. In Trentino la stagione è stata salvata grazie all’utilizzo esteso dei cannoni che hanno prodotto il 90% della neve che ricopre le piste da sci. La situazione è abbastanza desolante a bassa quota dove le piste sono strisce bianche immerse in un ambiente brullo, mentre a quote superiori le nevicate – pur non abbondanti – hanno comunque consentito al panorama di acquisire la consueta livrea invernale.
In altre zone d’Italia la situazione è decisamente peggiore. Gli impianti sciistici dell’Appennino sono sostanzialmente fermi ed anche nelle Alpi occidentali si segnala una forte carenza di neve.
La cosa non è sorprendente tenuto conto che in Trentino il mese di dicembre è stato caratterizzato da temperature decisamente superiori rispetto alla media dei decenni precedenti. La situazione è stata aggravata dal fenomeno dell’inversione che ha generato temperature in quota molto più alte rispetto a quelle del fondovalle.
Come ho ripetuto più volte nei miei post non bisogna confondere la meteorologia con la climatologia. L’andamento delle temperature durante il mese di dicembre 2023 non è – di per sé – la prova di un andamento climatico generale. Diverso è il discorso se si analizzano i dati su scala pluriennale: in tal caso si osserva una tendenza all’aumento delle temperature che – per le zone alpine – è addirittura più pronunciato rispetto a quello – già di per sé rilevante – che riguarda le temperature medie misurate a livello planetario.
Possiamo effettivamente parlare di nuova “normalità“. Pur senza escludere che in futuro ci possa essere qualche inverno particolarmente freddo e nevoso, la tendenza dei prossimi decenni punta verso un deciso aumento delle temperature medie. Recenti studi hanno messo in evidenza come – in molti territori – stiamo assistendo ad una riduzione della nevosità che è strettamente correlata a cause di origine antropica.
Questo renderà sempre meno sostenibile (non solo dal punto di vista ambientale e climatico, ma soprattutto da quello economico) un sistema turistico invernale incentrato sulla pratica dello sci. Nel prossimo futuro, a meno di non trasformare il Trentino in un comprensorio sciistico “modello Dubai“, potranno funzionare solo le piste da sci poste ad alta quota.
L’uso dei cannoni da neve è un costoso palliativo, che non può sostituire sempre e comunque la neve naturale. Si tratta di una sorta di “metadone” che viene somministrato in dosi sempre più massicce per tenere – finché si può – la situazione sotto controllo, ma non affronta i problemi alla radice.
Tra l’altro l’innevamento artificiale ha un costo economico rilevante che deve essere pagato dai turisti (rendendo i soggiorni invernali meno attrattivi) oppure viene scaricato sulla collettività. Ad un certo punto però, la collettività dovrà porsi la domanda se dobbiamo pagare le tasse per sostenere gli impiantisti o per avere adeguati servizi sanitari e assistenziali. La coperta è corta e non si può tirare troppo.
Di fronte a tale situazione, non posso che esprimere il mio sconcerto di fronte ai nostri governanti (provinciali e nazionali) che fanno finta di niente, illudendosi di poter risolvere i problemi erogando contributi a fondo perduto e costruendo qualche bacino idrico addizionale.
Ci sarebbe bisogno di un ripensamento generale del sistema turistico della montagna trentina che individui vie alternative rispetto a quelle che sono state seguite fino ad oggi. Ci vorrebbe coraggio e concretezza oltre ad una capacità di programmazione di medio-lungo periodo che purtroppo sembra latitare.
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