Il Rapporto 2023 rilasciato pochi giorni fa dall’IEA (International Energy Agency) fa il punto sullo stato di avanzamento delle energie rinnovabili a livello mondiale ed analizza la fattibilità dell’obiettivo fissato da Cop28 di triplicare – entro il 2030 – l’energia prodotta da fonti rinnovabili. La buona notizia è che l’obiettivo fissato per il 2030 potrebbe essere raggiunto. Durante l’anno appena concluso c’è stato un forte incremento nell’utilizzo delle energie rinnovabili, particolarmente rilevante nel caso cinese. Tuttavia se vogliamo che l’installazione di nuove fonti di energia rinnovabile produca tutti i benefici attesi è necessario intensificare gli investimenti nelle reti di distribuzione e nei sistemi di accumulo dell’energia elettrica.
Il rapporto 2023 sulle energie rinnovabili rilasciato da IEA è un documento di quasi 150 pagine che presenta un quadro aggiornato sullo stato di avanzamento – registrato a livello mondiale – del processo di transizione energetica.
La recente crisi energetica ed il conseguente aumento dei costi dei combustibili fossili hanno spinto molti Paesi a riconsiderare il loro atteggiamento nei confronti delle energie rinnovabili. Aldilà degli indiscutibili vantaggi dal punto di vista ambientale e climatico, le energie rinnovabili rappresentano – anche dal punto di vista strettamente economico – una valida alternativa rispetto ai combustibili fossili.
In particolare, per quanto riguarda la produzione di energia elettrica un kWh prodotto da un impianto fotovoltaico o eolico onshore ha ormai un prezzo quasi sempre inferiore rispetto a quello prodotto da una centrale termoelettrica alimentata a gas naturale o carbone. Senza contare che – a differenza dei combustibili fossili che molti Paesi devono importare dall’estero – le sorgenti di energia rinnovabile producono in loco e non sono soggette alle volatilità degli approvvigionamenti e alle speculazioni di mercato legate a fattori geopolitici.
Nel corso del 2023 la potenza degli impianti di energia rinnovabile installati a livello mondiale è aumentata di poco più di 500 GW (gigawatts), quasi il 50% in più rispetto all’aumento registrato durante l’anno precedente. L’aumento è stato diffuso a livello internazionale, ma è stato particolarmente intenso in Cina. Secondo l’IEA, da qui al 2028 la Cina ospiterà circa il 60% di tutti i nuovi impianti di energia rinnovabile che saranno installati a livello mondiale.
Oltre a svolgere un ruolo primario nello sviluppo e nella produzione di tecnologie per le energie rinnovabili, la Cina sembra avere assunto un ruolo dominante anche nel loro utilizzo. Non dobbiamo dimenticare che la Cina fa ancora largo uso di carbone ed attualmente è uno dei principali responsabili dell’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera.
Il forte aumento nella installazione di impianti fotovoltaici ed eolici fa comunque sperare che la Cina – forse costretta anche dagli enormi danni ambientali prodotti dai suoi impianti energetici tradizionali – abbia deciso di perseguire con maggior decisione la strada della transizione energetica. Se confermata, questa sarebbe una buona notizia per tutto il Mondo.
Tornando a livello globale, la conferenza Cop28 ha recentemente auspicato che – entro il 2030 – la produzione mondiale di energie rinnovabili possa triplicare rispetto ad oggi, raggiungendo il livello di 11.000 GW. Sulla base delle analisi fatte da IEA, procedendo con l’attuale ritmo, nel 2028 arriveremmo al livello di 7.800 GW. Si vede quindi che l’obiettivo 11.000 GW per il 2030 non è irrealistico e che – con uno sforzo aggiuntivo relativamente modesto – potrebbe essere raggiunto.
Non mancano tuttavia le preoccupazioni e le sollecitazioni ad agire soprattutto in talune aree. Attualmente il limite principale alla transizione energetica è rappresentato dall’aumento dei costi legati alla forte inflazione ed ai tassi di interesse elevati che riducono la possibilità di effettuare investimenti a medio-lungo termine.
Ciò vale soprattutto per le economie meno sviluppate. Assistiamo così al paradosso di molti Paesi africani che potrebbero usufruire di ingenti quantità di energie rinnovabili, ma non hanno i capitali per effettuare i necessari investimenti.
I limiti di natura finanziaria hanno fatto sentire il loro effetto negativo in tutto il Mondo, soprattutto nei settori ad alto tasso di investimento. Mi riferisco – in particolare – agli impianti eolici offshore (localizzati in mare aperto). Molti progetti che erano stati pensati quando i tassi di interesse erano molto bassi sono stati sospesi o addirittura cancellati perché non garantivano più un elevato ritorno finanziario. Se – come molti sperano – i tassi di interesse tornassero a scendere verso livelli più accettabili, molti di questi progetti potrebbero tornare d’attualità, ma – almeno per il momento – il settore dell’eolico offshore deve affrontare un momento di affanno.
Il settore dei biocombustibili è particolarmente vivace in talune aree geografiche (ad esempio il Brasile), ma – a livello globale – il ruolo dei biocombustibili sembra limitato alla sostituzione dei combustibili di origine fossile nei settori dove il passaggio all’elettrico non è al momento fattibile (ad esempio il trasporto aereo). Un uso massiccio dei biocombustibili (ad esempio nell’autotrazione) è limitato dal fatto che non disponiamo di terre coltivabili sufficientemente ampie per produrre sia il cibo per quasi 8 miliardi di abitanti che il combustibile per alimentare le loro automobili.
L’idea alternativa di ricavare i biocombustibili dagli scarti della produzione agricola è affascinante, ma si scontra con il fatto che il contenuto energetico degli scarti è comunque basso e insufficiente per produrre una elevata quantità di biocombustibili.
Il rapporto IEA segnala anche i ritardi registrati nella produzione di idrogeno “verde” (generato senza emissioni di anidride carbonica). Ci sono molti progetti “sulla carta“, ma difettano le scelte operative.
Solare fotovoltaico ed energia eolica sono e rimarranno anche nel prossimo futuro i 2 pilastri su cui basare la transizione energetica. Ma per poter sfruttare fino in fondo queste fonti di energia rinnovabile bisognerà procedere celermente con l’adeguamento delle reti di distribuzione e con lo sviluppo di impianti di accumulo dell’energia elettrica che consentano di ovviare alle discontinuità che ne caratterizzano la produzione.
Quello delle reti è un enorme problema perché richiede di ridisegnare completamente le strutture tradizionali che erano state pensate per distribuire – in modo unidirezionale – l’energia prodotta da una grossa centrale elettrica verso gli utenti grandi e piccoli. Le nuove reti dovranno poter gestire un flusso di energia bidirezionale, fortemente variabile in funzione del tempo.
Il bilanciamento di una rete di distribuzione dell’energia elettrica nella quale convivono impianti grandi e piccoli, soggetti a forti fluttuazioni del livello di produzione, richiede inoltre l’esistenza di adeguati sistemi di accumulo che immagazzinino l’energia in eccesso prodotta nei momenti di picco e la rilascino quando la domanda di energia supera la produzione.
La ristrutturazione delle reti elettriche richiederà ingenti investimenti finanziari. In assenza di tali interventi c’è il rischio concreto che l’aumento della potenza installata non corrisponda un un aumento equivalente della energia messa a disposizione degli utenti finali. Ben vengano quindi i maggiori investimenti nelle fonti di energia rinnovabile purché siano accompagnati dal necessario ammodernamento di tutto il sistema di distribuzione dell’energia.
In conclusione i numeri del rapporto IEA dimostrano che ormai le fonti di energia rinnovabile (solare fotovoltaico ed eolico) possono essere competitive rispetto alle energie di origine fossile e che tutto il Mondo, Cina in testa, sta pesantemente investendo nel loro sviluppo.
Accanto ai vantaggi di natura economica c’è da ricordare la superiorità delle fonti di energia rinnovabile dal punto di vista della “sovranità energetica” dei Paesi (come l’Italia) poveri di energie fossili.
Se molti sovranisti di casa nostra comprendessero questo semplice concetto, invece di seguire acriticamente i suggerimenti delle multinazionali del petrolio potrebbero finalmente realizzare che la transizione energetica non è una smania di quelli che loro chiamano “fighetti di sinistra“, ma rappresenta una opportunità per tutti gli italiani.
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