Le nuove strategie dei negazionisti climatici

Un rapporto pubblicato dal Center for Countering Digital Hate (Centro per il contrasto dell’odio digitale) analizza le nuove strategie utilizzate dai negazionisti climatici nei loro interventi sui social media. Di fronte a dati ormai innegabili che confermano l’innalzamento delle temperature globali è drasticamente scesa la percentuale di coloro che negano l’esistenza di tale fenomeno e la sua origine antropica. L’azione dei negazionisti si è spostata verso la critica della transizione energetica e cerca di bloccarne l’implementazione pratica.

Di fronte al fenomeno del riscaldamento globale – fino a pochi anni fa – la maggioranza dei negazionisti climatici cercava di convincerci che il fenomeno semplicemente non esisteva e che comunque non era di origine antropica.

Oggi solo qualche sprovveduto continua a ripetere che “d’estate ha sempre fatto caldo“, ma i social media sono ancora pieni di interventi dei negazionisti climatici che hanno focalizzato la loro azione verso altri obiettivi comunicativi.

Il Center for Countering Digital Hate (CCDH) ha recentemente pubblicato i risultati di uno studio che – anche grazie all’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale – ha analizzato i contenuti dei filmati pubblicati su YouTube da un centinaio di gruppi di negazionisti climatici. Complessivamente sono state analizzate quasi 4.500 ore di filmati apparsi nel 2018 e nel 2023.

Sei anni fa il 65% dei filmati degli scettici del riscaldamento globale negavano l’esistenza di tale fenomeno e la sua origine antropica. Attualmente la percentuale di tali tipi di intervento è scesa al 30%: l’attenzione dei negazionisti si è spostata sulla messa in discussione delle politiche necessarie per l’attuazione della transizione energetica.

Gli argomenti utilizzati sono quelli che sentiamo ripetere spesso anche da alcuni esponenti del Governo italiano: la transizione energetica comporterebbe sacrifici eccessivi, costerebbe troppo e non è detto che le azioni proposte per la sua attuazione possano produrre i risultati sperati.

Un tipico esempio è quello dell’auto elettrica. Nessuna persona di buon senso crede che le auto elettriche possano essere considerate – da sole – come la “panacea per tutti i mali climatici“. Inoltre va anche detto che i benefici climatici prodotti dalle auto elettriche dipendono dal modo con cui si produce l’energia elettrica impiegata per alimentarle e deve tenere conto anche delle emissioni legate ai processi di costruzione e di smantellamento finale delle auto.

Tuttavia, anche tenendo conto di tutti i fattori in gioco, le auto elettriche presentano indubbi vantaggi climatici rispetto ai modelli dotati di motore a combustione interna. Senza contare i problemi ambientali causati dalle auto tradizionali che, con i loro scarichi, ammorbano l’aria delle nostre città.

Se andate a vedere su YouTube i video degli scettici dell’auto elettrica troverete interventi più o meno raffinati nei quali – usando spesso dati alterati – si cerca di fare passare l’idea che le auto elettriche sarebbero addirittura più dannose delle auto tradizionali. Certamente sono molte dannose per le lobby del petrolio, timorose di perdere una parte importante dei loro enormi guadagni.

La strategia comunicativa dei negazionisti climatici è profondamente cambiata tra il 2018 ed oggi. Attualmente la parola d’ordine è “conservare lo status quo il più a lungo possibile“, rimandando gli interventi di transizione energetica a “quando sarà strettamente necessario“. Citando il rapporto CCDH:

Il passaggio narrativo dalla “vecchia negazione” alla “nuova negazione” cerca di minare le soluzioni per mitigare la crisi climatica e ritardare l’azione politica

Questa tattica è potenzialmente assai pericolosa perché il clima è un sistema complesso e non possiamo illuderci di far tornare le cose al loro posto quando lo decidiamo noi. Ci sono soglie che – una volta superate – rischiano di innescare fenomeni irreversibili. Stiamo facendo un pericoloso esperimento globale che potrebbe avere conseguenze disastrose.

Invece di applicare il modello “Don’t Look Up” tanto caro ai politici sovranisti, bisogna agire subito, procedendo il più rapidamente possibile alla transizione energetica. Non sarà una passeggiata, ma – se il processo sarà gestito con intelligenza e capacità di visione – potrà innescare anche nuove opportunità di sviluppo. Ci saranno ovviamente delle categorie professionali che risulteranno danneggiate e per loro bisognerà adottare adeguate politiche pubbliche di sostegno e di riconversione.

Abituiamoci a guardare in faccia la realtà e ad affrontare i problemi senza catastrofismi, ma con impegno e perseveranza. Solo così riusciremo a trovare soluzioni socialmente, economicamente e climaticamente sostenibili che possano aiutarci a superare una sfida che sarà cruciale per il nostro futuro.

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