Ogni anno vengono prodotte a livello mondiale circa 170 milioni di tonnellate di ammoniaca, per l’80% circa destinate alla produzione di concimi (la rimanente parte si usa per la produzione di esplosivi, coloranti, farmaci ed altri prodotti chimici). Il sistema di produzione tradizionale si basa sul metodo Haber-Bosch, un processo fortemente energivoro che utilizza come materia prima un combustibile fossile ed è responsabile di una quota significativa (si stima tra l’1 ed il 2%) delle emissioni di anidride carbonica antropogenica. Recentemente, sono stati individuati nuovi possibili utilizzi dell’ammoniaca come un’alternativa ai combustibili tradizionali e – più in generale – come vettore energetico. C’è quindi un grande interesse per lo sviluppo di sistemi di produzione dell’ammoniaca che siano climaticamente sostenibili. Un recente lavoro mostra che – anche per la produzione di ammoniaca – potremmo essere alla vigilia di una profonda rivoluzione “verde“.
Come spesso succede nella storia delle tecnologie, la prima applicazione su vasta scala del metodo sviluppato oltre un secolo fa da Haber e Bosch per la produzione dell’ammoniaca (NH3) fu di tipo bellico. Durante la prima guerra mondiale, la Germania si trovò in difficoltà a causa del sostanziale blocco delle importazioni di nitrato di sodio proveniente dai giacimenti cileni. Per ovviare alle carenze di questo fondamentale componente degli esplosivi furono fatti ingenti investimenti per aumentare la produzione di ammoniaca (da cui si può ricavare il nitrato) utilizzando il metodo inventato da Haber-Bosch che – come materie prime – usava aria, acqua e carbone.
Finita la prima guerra mondiale, il metodo Haber-Bosch si diffuse rapidamente diventando il punto di riferimento per la produzione industriale dell’ammoniaca (attualmente parliamo di circa 170 milioni di tonnellate all’anno). Se l’inizio del metodo Haber-Bosch fu segnato dal suo utilizzo bellico, l’ammoniaca prodotta con tale sistema divenne in seguito un formidabile strumento di pace e prosperità. Vari studi convergono nell’affermare che la possibilità di produrre su vasta scala ed a costi contenuti concimi azotati di sintesi contribuì in modo significativo ad aumentare le produzioni agricole mondiali, facendo segnare un decisivo passo in avanti nel contrasto a fame e carestie.
Il metodo Haber-Bosch è arrivato ai giorni nostri senza subire particolari trasformazioni. Al posto del carbone, spesso si preferisce usare come materia prima il gas naturale e sono stati introdotti diversi miglioramenti tecnici per ridurre i (notevolissimi) consumi energetici, ma la sostanza del processo è sempre la stessa: l’ammoniaca viene formata facendo reagire su un catalizzatore a base di ferro idrogeno ed azoto a temperatura e pressione particolarmente elevate. L’azoto viene prelevato dall’aria mentre l’idrogeno si ricava facendo reagire un combustibile fossile con acqua.
Il metodo Haber-Bosch è uno dei processi industriali che vengono definiti “hard-to-abate” ovvero nei quali è molto difficile intervenire per ottenere una effettiva riduzione delle emissioni di anidride carbonica. L’origine di tali emissioni è duplice: da una parte c’è la CO2 che viene rilasciata durante la fase di produzione dell’idrogeno partendo da un combustibile fossile, mentre la seconda causa va ricercata nelle elevate temperature di processo (comprese tra circa 350 e 550 °C) che richiedono un ulteriore utilizzo di combustibili fossili per riscaldare gli impianti.
Recentemente l’ammoniaca sta attirando una grande attenzione per nuovi tipi di utilizzo. Ad esempio, proprio in questi anni stanno entrando in funzione navi i cui motori possono essere alimentati bruciando ammoniaca invece dei tradizionali combustibili fossili. Se si brucia ammoniaca (che non contiene atomi di carbonio) non si hanno emissioni di CO2.
Più in generale, l’ammoniaca potrebbe essere considerata come un efficace vettore energetico perché può essere immagazzinata e trasportata in forma liquida utilizzando tecnologie ben consolidate (anche dal punto di vista delle norme di sicurezza che devono essere rispettate).
Rispetto all’idrogeno, l’ammoniaca consente di immagazzinare – a parità di volume – una quantità di energia decisamente superiore senza dimenticare che – una volta arrivata nel punto di utilizzo – l’ammoniaca può essere usata direttamente oppure può essere trattata per liberare l’idrogeno in essa contenuto.
Il rinnovato interesse per l’ammoniaca come carburante e vettore energetico privo di carbonio si scontra con le forti emissioni di CO2 che vengono liberate quando l’ammoniaca è prodotta usando il metodo Haber-Bosch. Questa considerazione ha ispirato il lavoro di numerosi ricercatori che si sono dedicati allo sviluppo di metodi alternativi per la produzione di ammoniaca “verde“ (prodotta senza generare emissioni dirette od indirette di CO2).
Esistono vari approcci, alcuni basati su modifiche del metodo Haber-Bosch che prevedono di sostituire i combustibili fossili con energie rinnovabili, utilizzate sia per produrre l’idrogeno tramite elettrolisi dell’acqua, sia per riscaldare la miscela di idrogeno ed azoto fino alla temperatura di reazione.
Un approccio alternativo noto da tempo, ma mai utilizzato su scala industriale, utilizza un processo elettrochimico che avviene all’interno di una cella contenente litio. Sotto opportune condizioni il litio reagisce con l’azoto formando nitruro di litio (Li3N) che successivamente può reagire con una sostanza donatrice di protoni (tipicamente alcol etilico) producendo ammoniaca.
Fino ad oggi la produzione di ammoniaca con metodi elettrochimici in presenza di litio (o di altri catalizzatori) è rimasta una mera curiosità di laboratorio. Le motivazioni che hanno scoraggiato la sua applicazione industriale sono diverse e vanno dalla limitata selettività (in certe condizioni invece di ammoniaca si produce idrogeno) e dalla scarsa efficienza. Tuttavia studi recenti hanno dimostrato che è possibile ottimizzare il processo, ottenendo rese che lo rendono potenzialmente competitivo anche sul piano commerciale.
Un articolo pubblicato recentemente da un gruppo di ricercatori dell’Università di Chicago fa il punto della situazione e stima che le celle elettrochimiche al litio (LiMAS – Lithium-Mediated Ammonia Synthesis) potrebbero essere utilizzate su scala industriale per produrre ammoniaca “verde” al costo di circa 450 US$ per tonnellata. Per confronto, il prezzo medio di produzione dell’ammoniaca ottenuto utilizzando il metodo Haber-Bosch tradizionale è pari a circa 300 US$/t, ma era salito a 1.350 US$/t nel marzo 2022 in concomitanza con la crisi energetica scatenata dall’aggressione russa dell’Ucraina. La versione “verde” del metodo Haber-Bosch – basata sull’uso di energie rinnovabili – ha costi di produzione circa doppi rispetto a quelli stimati per un impianto di tipo LiMAS.
Attualmente, gli Autori stanno collaborando con la start-up General Ammonia Co. per portare su larga scala il loro processo di sintesi dell’ammoniaca sviluppando un impianto pilota che sarà installato nell’area di Chicago.
Come si vede, l’ammoniaca “verde” prodotta con il metodo LiMAS non è ancora completamente competitiva rispetto all’ammoniaca tradizionale, ma non siamo troppo distanti dal punto di equilibrio. Forse – dopo oltre un secolo di onorato servizio – anche per il metodo Haber-Bosch sta per arrivare l’ora del “pensionamento“.
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