Il mistero buffo delle scorie di Pichetto Fratin

Presentando l’imminente riunione dei ministri del G7 dedicata alle tematiche energetiche, ambientali e climatiche, il Ministro Pichetto Fratin ha affrontato anche l’annoso tema della localizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari. La novità del giorno è che forse potremmo anche farne a meno, affittando – con un contratto “a lungo termine” – un sito di stoccaggio situato in un Paese straniero. Di fronte all’incapacità di decidere, si prospetta una soluzione assurda da molti punti di vista, a partire da quello della sicurezza.

Molti ritengono che il premier Meloni farà tra breve tempo un “rimpasto” per sostituire – alla luce dei risultati non sempre esaltanti dei primo anno e mezzo di governo – alcuni dei ministri attualmente in carica. Si tratterebbe di una scelta a mio avviso necessaria anche se poco probabile, almeno fino a quando non si conosceranno i risultati delle elezioni europee che si terranno nel prossimo giugno.

Molti osservatori politici ritengono che tra i ministri in “pole position” per l’uscita dal Governo ci sia anche l’on. Pichetto Fratin. Il suo caso è apparso anomalo fin da subito: si tratta – a memoria dei cronisti parlamentari – del primo esempio di un ministro della Repubblica che sia stato nominato affiancandogli un “badante” per consigliarlo durante la fase iniziale della sua attività. Il badante in questione era il prof. Roberto Cingolani, tecnico scelto da Mario Draghi come predecessore dell’on. Pichetto Fratin al Ministro dell’ambiente ed attualmente amministratore delegato di Leonardo. Potremmo definirlo un “badante di lusso” anche se – visti i risultati – sembra che sia servito a ben poco.

Il ministro Pichetto Fratin non ha una specifica preparazione tecnica sull’argomento, ma evidentemente non è stato neppure capace di circondarsi di consiglieri che lo aiutino nel suo difficile lavoro. I suoi interventi appaiono spesso “campati per aria“, soprattutto quando parla di energia nucleare (di cui è un acceso sostenitore).

Fin dal momento della nomina il ministro Pichetto Fratin aveva in bella evidenza sulla sua scrivania il dossier relativo alla scelta del deposito nazionale delle scorie italiane, una infrastruttura di cui l’Italia non si è mai dotata e che è prioritaria se si vuole affrontare in modo serio il tema dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia.

Dopo un anno e mezzo è ancora tutto fermo. Sono stati individuate 51 possibili località che potrebbero ospitare il deposito, ma nessuno dei comuni interessati si è detto disponibile ad accoglierlo.

Preso atto delle difficoltà, oggi il Ministro ha dichiarato: “Potremmo realizzare un deposito geologico, ma potremmo anche pagare un canone di locazione per molti anni ad un altro Paese“.

La prima considerazione che mi è venuta in mente quando ho sentito l’annuncio del ministro Pichetto Fratin è stata: “speriamo che il deposito estero sia localizzato in un Paese affidabile e non sia troppo distante dall’Italia“. Spostare scorie radioattive non è una operazione semplice, soprattutto quando abbiamo a che fare con il combustibile esaurito delle centrali di seconda o terza generazione. Questo materiale contiene radioisotopi molto pericolosi. In passato si era pensato – ad esempio – di far trattare le scorie prodotte dai reattori in impianti giapponesi che dispongono di una tecnologia molto avanzata. L’idea è stata scartata perché si è valutato che l’eventuale naufragio di una nave carica di scorie radioattive avrebbe rappresentato un rischio troppo elevato.

Un altro grosso problema è quello che le scorie nucleari – se finiscono nelle mani sbagliate – possono essere utilizzate per la costruzione di armi nucleari o solo “semplicemente” per costruire le cosiddette “bombe atomiche sporche“, una miscela di esplosivo convenzionale e di scorie radioattive che non innesca la fissione nucleare, ma può comunque provocare notevoli danni.

La soluzione ottimale è senz’altro quella di trattare i residui prodotti dalle centrali nucleari in luoghi posti il più possibile vicino a dove sono stati generati, meglio se in un centro in grado di immagazzinare i radioisotopi con emivita più lunga (decine di migliaia di anni) utilizzando depositi che garantiscano una stabilità adeguata su tempi di scala geologica.

Chissà come il ministro Pichetto Fratin abbia valutato quale sia “un congruo numero di anni” per la durata del contratto d’affitto. Speriamo che tra qualche decina d’anni le scorie non ci ritornino indietro a causa della scadenza del contratto d’affitto!

Trovo un po’ paradossale che un Governo che si proclama sovranista e tifoso del made-in-Italy ipotizzi di affidarsi ad una soluzione straniera quando deve affrontare il problema delle scorie nucleari. Alla fine, sembra che prevalga il principio “occhio non vede, cuore non duole“.

Personalmente, credo che se l’Italia vuole davvero sviluppare un piano credibile per l’utilizzo dell’energia nucleare non possa delegare all’estero la soluzione del deposito delle scorie nucleari. Il problema si porrà con particolare intensità se – invece di attendere che entrino in funzione le centrali di quarta generazione – la scelta italiana fosse quella di adottare i cosiddetti SMR di terza generazione tanto cari al ministro Pichetto Fratin. Gli SMR producono, a parità di energia prodotta – una quantità di scorie radioattive più alta rispetto alle centrali tradizionali di seconda e terza generazione. Di conseguenza, il problema del trattamento dei combustibili esausti e dell’immagazzinamento delle scorie andrà affrontato senza cercare scorciatoie.

Il compito del ministro Pichetto Fratin sarebbe quello di affidare a tecnici competenti (e indipendenti dalla politica) la scelta del sito che soddisfa al meglio le condizioni necessarie per ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari. Va messo nel conto che la scelta del sito scatenerà le reazioni dei NIMBY di tutta Italia e che il Governo dovrà esercitare la sua autorità per imporre la soluzione. Questo potrà essere fatto solo se l’operazione verrà condotta con la necessaria trasparenza e se l’opinione pubblica sarà adeguatamente informata del rapporto rischi-benefici delle decisioni assunte.

Quella di esportare le scorie nucleari più pericolose all’estero mi sembra solo una furbata, non degna di una politica energetica seria.

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