Terna ha pubblicato il suo rapporto relativo ai consumi elettrici italiani registrati nel corso del primo trimestre 2024. A fronte di un livello complessivo sostanzialmente uguale rispetto a quello dello stesso periodo dell’anno precedente, il primo trimestre del 2024 ha fatto registrare una forte crescita delle importazioni di energia elettrica proveniente dall’estero. Per quanto riguarda la produzione nazionale si osserva un significativo aumento delle energie rinnovabili dovuto principalmente alla forte ripresa della produzione idroelettrica. Cala la produzione nazionale legata all’uso di combustibili fossili, con un vero e proprio crollo nel caso delle centrali termoelettriche alimentate a carbone.
Il consueto rapporto pubblicato da Terna dimostra che nel corso del primo trimestre del 2024 il livello complessivo dei consumi elettrici italiani è rimasto sostanzialmente in linea rispetto a quello dello stesso periodo dell’anno precedente (+0,7%). Si registra invece una vera e propria impennata delle importazioni di energia elettrica proveniente dall’estero, cresciute – in quantità – del 23,7% rispetto al primo trimestre 2023. Le importazioni hanno coperto circa il 21,8% dei consumi elettrici nazionali (tale quota era pari al 17,7% durante il primo trimestre 2023).
In assenza di nuovi significativi investimenti per aumentare la produzione elettrica nazionale, l’Italia si affida sempre più ai produttori esteri. Questo processo è stato favorito dal calo dei prezzi legato alla forte disponibilità di energia elettrica proveniente dalle centrali nucleari francesi. Gli impianti transalpini sembrano aver superato il momento di difficoltà registrato un paio di anni fa quando si resero necessari massicci interventi di manutenzione straordinaria.
Se osserviamo la distribuzione delle fonti energetiche che alimentano la produzione nazionale notiamo che quasi il 40 % dell’energia elettrica generata in Italia durante il primo trimestre 2024 proviene da fonti rinnovabili. Si registra un significativo miglioramento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente quando la quota di rinnovabili arrivava solo al 29%. L’aumento è da attribuire principalmente alla forte ripresa della produzione delle centrali idroelettriche che all’inizio del 2023 scontavano ancora gli effetti della siccità che aveva colpito il nostro Paese nell’estate 2022.
Confrontando trimestre su trimestre, l’idroelettrico è cresciuto di ben l’83,1%. Anche fotovoltaico ed eolico sono in aumento registrando una crescita pari rispettivamente al 5,7% ed al 18,2%. A fronte dell’aumento delle fonti rinnovabili, si registra un forte calo della produzione delle centrali termoelettriche alimentate a combustibili fossili. Il calo trimestre su trimestre è pari mediamente al -18,2%, con un vero e proprio crollo (-82,5%) per le centrali alimentate a carbone.
Questi risultati sono il frutto del venir meno dell’emergenza energetica scattata nel 2022 al momento dell’invasione russa dell’Ucraina. In particolare, sono state quasi completamente chiuse le centrali termoelettriche alimentate a carbone che erano state frettolosamente riattivate nell’autunno del 2022 per affrontare le possibili carenze di energia elettrica causate dalla forte riduzione delle importazioni di gas naturale proveniente dalla Russia.
L’ineffabile ministro Pichetto Fratin ha recentemente annunciato che l’Italia si appresta ad abbandonare definitivamente l’utilizzo del carbone presentando tale azione come un passaggio fondamentale per attuare una concreta transizione energetica. Immagino che il ministro si riferisse all’uso del carbone per la produzione di energia elettrica perché il carbone servirà ancora per alimentare le acciaierie che trattano minerali ferrosi (a meno di non chiudere totalmente tali produzioni). In ogni caso, va sottolineato che nel primo trimestre 2024 la produzione delle centrali termoelettriche alimentate a carbone ha superato di poco il livello di 1 GWh, pari a meno dell’1,5% dei consumi elettrici nazionali.
L’annuncio del ministro non rappresenta una novità di rilievo perché non fa altro che confermare una decisione presa già alcuni anni fa e soprattutto – considerati i livelli attuali di funzionamento delle centrali termoelettriche alimentate a carbone – non inciderà più di tanto sul livello complessivo delle emissioni di CO2 prodotte dall’Italia. L’unico tangibile miglioramento ci sarà per la qualità dell’aria respirata dai cittadini che vivono vicino alle centrali a carbone ancora attive.
Letti così, i dati sembrerebbero indicare uno scenario virtuoso con l’Italia avviata verso una rapida sostituzione delle fonti energetiche di origine fossile.
In realtà la situazione reale è molto meno rosea. Come discusso precedentemente i forti cali nell’utilizzo dei combustibili fossili (ed in particolare del carbone) sono il frutto della cessazione di interventi di emergenza assunti 2 anni fa. Una volta che tale effetto sarà completamente esaurito non ci aspettiamo che il calo nell’uso dei combustibili fossili continui con il ritmo attuale.
Anche il forte aumento della produzione idroelettrica va considerato come transitorio, essendo legato alla fine della siccità. Una volta che i bacini idroelettrici si sono riempiti, non possiamo aspettarci ulteriori aumenti per il futuro (ma solo temere l’arrivo di nuove siccità che potrebbero limitare nuovamente la produzione idroelettrica).
Va ricordato infine che stiamo facendo assai poco per aumentare la produzione di energia elettrica in Italia (anzi stiamo agendo esattamente nella direzione opposta facendo ricorso in modo sempre più massiccio alle importazioni dall’estero).
Una politica efficace per la limitazione delle emissioni di anidride carbonica dovrebbe puntare su un processo di maggiore elettrificazione che favorisca l’utilizzo di auto elettriche, pompe di calore, piani di cottura ad induzione e di altri dispositivi che evitino l’utilizzo diretto dei combustibili di origine fossile. Tale politica dovrebbe essere accompagnata da un adeguato aumento della produzione di energia elettrica che – ovviamente – non dovrebbe provenire da centrali termoelettriche alimentate da combustibili fossili.
Quindi – aldilà dei numeri accattivanti che troviamo nei comunicati stampa di Terna e negli annunci del ministro Pichetto Fratin – ci sarebbe ancora molto da fare se volessimo dotare l’Italia di una politica energetica adeguata.
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