Un interessante e provocatorio articolo pubblicato da Fabio Deotto discute delle difficoltà che la nostra società affronta quando si tratta di abbandonare l’uso dei combustibili fossili. Potremmo dire di essere “drogati da energie fossili” perché – pur consapevoli dei danni ambientali e climatici prodotti da tali fonti energetiche – facciamo di tutto per continuare ad utilizzarle. In tale logica, i biocarburanti possono essere considerati come una sorta di metadone che ci viene proposto per tenere sotto controllo la nostra dipendenza, senza fare nulla per superarla.
Oggi a Venaria (Torino) entrerà nel vivo la riunione di ministri del G7 dedicata ai temi climatici ed ambientali. Aldilà della passerella di ministri e delle proteste più o meno plateali (spero non violente) dei contestatori, non mi aspetto che da questa riunione possa uscire nulla di interessante (felice di ricredermi se dovesse accadere il contrario!).
Immagino che la delegazione italiana farà tutto il possibile per mettere nuovi paletti verso la transizione orientata ad un uso sempre più esteso dell’energia elettrica a basso tasso di emissioni climalteranti. La linea è stata chiaramente indicata dal premier Meloni che, durante la recente scenografica presentazione della sua candidatura europea, ha dichiarato: “sarebbe una pazzia smettere di vendere auto dotate di motore a combustione interna dopo il 2035“.
Qualcuno dovrebbe spiegarle che da qui a 10 anni, il costo di un’auto elettrica sarà – a parità di prestazioni – il 30% in meno rispetto a quello di un’auto dotata di motore a combustione interna. Inoltre l’auto elettrica sarà compatibile con sistemi di guida autonoma avanzata che difficilmente si possono integrare in un’auto tradizionale. Senza contare che i costi di manutenzione di un’auto elettrica saranno meno della metà rispetto a quelli di un’auto dotata di motore a combustione interna.
Nel 2035, soltanto uno sprovveduto penserà seriamente di acquistare un’auto nuova di tipo tradizionale, indipendentemente da quanto stabilito dai regolamenti europei. Purtroppo la linea del Governo italiano sul tema dell’energia è sempre più appiattita sulle indicazioni provenienti dall’ENI, con il presidente del Consiglio ed i suoi ministri ridotti al ruolo di acritici portavoce.
Immagino che durante questa 2 giorni dedicata a clima e ambiente sentiremo riproporre fino allo sfinimento il tema della cosiddetta “neutralità tecnologica” un concetto apparentemente di buon senso, ma denso di trabocchetti se usato in modo inadeguato.
L’idea della neutralità tecnologica in tema climatico è il leitmotiv delle aziende che hanno forti interessi collegati all’utilizzo dei combustibili fossili. Dopo aver a lungo negato l’esistenza stessa del riscaldamento globale e dopo aver foraggiato pseudo-scienziati negazionisti ed altri ciarlatani pronti a negare l’evidenza attribuendo l’aumento delle temperature medie globali a non meglio identificati “fattori esterni“, i signori delle energie fossili hanno elaborato nuove strategie per salvaguardare il loro business.
L’idea di fondo è quella di continuare ad utilizzare i motori a combustione interna (sia per l’autotrazione che per produrre energia elettrica), mitigando gli effetti climalteranti grazie a: 1) la cattura e l’immagazzinamento dell’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili e 2) l’utilizzo di carburanti alternativi ottenuti trasformando prodotti agricoli o per sintesi chimica (sintetizzati fissando l’anidride carbonica presente nell’aria).
Questi 2 strumenti sono pensati come la “chiave di volta” che consentirebbe di mantenere prosperi i loro affari, bloccando ogni forma di transizione energetica, in particolare quella orientata verso un uso sempre più diffuso dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.
Chiunque si trovasse al posto del ceo di ENI o di qualsiasi altra multinazionale delle energie fossili probabilmente adotterebbe politiche simili, ispirate al concetto di “business as usual“. L’importante per tali aziende è massimizzare i profitti e pazienza se questo avviene a scapito del bene comune. Trovo però scandaloso che l’attuale Governo italiano sia totalmente appiattito su tali posizioni e non capisca che ciò che è meglio per ENI non è necessariamente meglio per l’Italia.
La dipendenza politica del Governo italiano rispetto alle strategie elaborate da ENI è totale e impedisce al nostro Paese di esplorare adeguatamente nuove strade che potrebbero essere vantaggiose per la grande maggioranza dei cittadini.
Quello dei biocarburanti (che un interessante articolo di Fabio Deotto definisce come il “metadone dei tossici da combustibili fossili“) è uno dei cavalli di battaglia di ENI e del Governo italiano, anche se tutti sanno che i biocarburanti non possono essere sostitutivi rispetto ai carburanti di origine fossile, a meno di non ridurre alla fame miliardi di persone.
Le terre coltivabili sono quelle che sono e nessuna persona di buon senso può illudersi che oggi ci siano spazi per accrescere enormemente le produzioni agricole (a meno di non radere al suolo le poche foreste rimaste). Come ho già discusso in dettaglio in precedenti post, sarebbe già un enorme successo se riuscissimo a produrre biocarburanti sufficienti per soddisfare la richiesta proveniente da settori “hard-to-abate” come – ad esempio – quello dei carburanti per uso avionico. Ma pensare – come dice il Governo italiano – di usare i biocarburanti in modo diffuso sostituendo sistematicamente i carburanti di origine fossile è una follia (anche economica, perché per produrli dovremmo usare terreni fertili sottratti a produzioni agroalimentari ad alto valore aggiunto). Senza contare che dal punto di vista ambientale (ossidi di azoto, polveri sottili, ecc.) i motori a combustione interna alimentati con biocarburanti inquinano l’aria esattamente come quelli alimentati da combustibili di origine fossile.
Discorsi analoghi si possono fare per tutti gli altri capisaldi della “neutralità tecnologica” in tema energetico. Si tratta di soluzioni solo parziali che possono dare un contributo per rallentare l’aumento della concentrazione di anidride carbonica e di altri gas serra nell’atmosfera, ma non rappresentano una soluzione di lungo periodo.
Spesso la “neutralità tecnologica” è una bandiera sventolata da chi vorrebbe bloccare la transizione energetica e – in modo un po’ furbetto – presenta approcci fintamente alternativi rispetto al risparmio energetico e ad un uso sempre più esteso delle energie rinnovabili.
Come scrive Fabio Deotto siamo dei drogati da energie fossili che non riescono neppure ad immaginare un mondo che non sia più basato su petrolio e gas naturale. E – piuttosto che smettere – siamo pronti ad assumere dosi sempre più massicce del metadone che ci viene propinato sotto l’etichetta della “neutralità tecnologica“.
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