ITER è l’acronimo che identifica l’impianto pilota in costruzione nel sud della Francia destinato a provare su scala realistica la produzione di energia grazie al processo di fusione nucleare. Il lancio del progetto fu fatto da Ronald Reagan e Mikhail Gorbachev durante il loro primo incontro internazionale avvenuto a Ginevra nel lontano 1985. L’avvio concreto avvenne 20 anni dopo con la scelta della località francese di Cadarache per la localizzazione dell’impianto. Inizialmente si prevedeva che il primo plasma sarebbe stato prodotto nel 2016, data rapidamente spostata al 2020 e successivamente al 2025. Recentemente è stato annunciato un ulteriore ritardo di almeno 10 anni, con la partenza delle prime operazioni spostata al 2035 ed i veri test di funzionalità previsti non prima del 2039.
La rivista Physics World ha recentemente pubblicato un breve articolo nel quale fa il punto sullo stato di avanzamento del progetto ITER. Il quadro che ne emerge non è molto confortante: si sta attualmente definendo un nuovo importante slittamento dei tempi di realizzazione dell’impianto (almeno 10 anni rispetto alle stime che giravano fino a pochi mesi fa). Il tutto sarà accompagnato da un aumento dei costi pari ad almeno 5 miliardi di Euro.
Il progetto – annunciato in pompa magna dai leader di Stati Uniti e Unione Sovietica nel lontano 1985 – è molto ambizioso e affronta sfide tecnologiche ancora largamente inesplorate. I costi elevatissimi hanno spinto tutta la comunità internazionale ad allearsi per gestire un progetto unitario, ma questo ha generato anche problemi nei momenti di maggiore tensione geopolitica tra i principali partner internazionali. A questo si sono aggiunti i ritardi provocati dalla Covid-19 ed i problemi di fornitura registrati quando – dopo la crisi pandemica – c’è stata una rapida ripresa dell’economia internazionale che ha messo a dura prova le catene di approvvigionamento di numerosi materiali.
I motivi per il ritardo ci sono tutti. Rimane il fatto che – almeno per quanto riguarda il progetto ITER – sembra che la fusione nucleare sia destinata a rimanere nel libro dei sogni ancora per molto tempo. Considerati i tempi di realizzazione dell’impianto (che non sarà una centrale vera e propria, ma solo un dimostratore), le tecnologie di fusione non potranno incidere più di tanto per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica entro l’ormai non lontano 2050.
Va ricordato che – in questo momento – ITER non è l’unico progetto che ha come obiettivo finale la realizzazione di centrali a fusione. Il principale competitore è rappresentato dal progetto americano di fusione inerziale realizzato con laser ad elevatissima potenza. Si tratta – in pratica – di un prodotto secondario dell’idea di “scudo stellare” che Ronald Reagan lanciò quando era presidente degli Stati Uniti. Alla fine lo “scudo stellare” non fu fatto, anche se sono stati realizzati sistemi laser su scala ridotta che recentemente sono stati sperimentati anche in scenari bellici. I laser ad elevatissima potenza sviluppati dal Lawrence Livermore National Laboratory furono rapidamente riciclati per realizzare esperimenti di fusione nucleare. Recentemente questi esperimenti hanno dimostrato – in un numero di casi limitato – di produrre un po’ più di energia rispetto a quella assorbita, ma siamo ancora molto lontani dalla realizzazione di un impianto che possa essere realisticamente utilizzato per la produzione di energia.
Va segnalato che nel corso degli ultimi anni sono nate molte nuove iniziative di carattere sostanzialmente privato volte a realizzare impianti – tipicamente di piccola o media dimensione – che sfruttino la fusione nucleare per la produzione di energia. Si tratta di iniziative che attualmente sono ancora al livello di start-up, spesso finanziate da grandi imprese alla ricerca di idee buone e meritevoli di un ulteriore sviluppo. Si stima che a livello globale gli investimenti attratti nel corso del 2023 dalle aziende attive nel settore della fusione nucleare ammontino a circa 6 miliardi di US$, pari a poco meno dell’1% degli investimenti dedicati alle energie rinnovabili (per una discussione dettagliata di questo punto vi rimando ad un articolo apparso su Il Sole 24Ore). Tutto può succedere e se saremo estremamente fortunati può darsi che almeno una di queste iniziative produca risultati apprezzabili entro un lasso di tempo limitato, ma è estremamente difficile ipotizzare che si possano ottenere risultati concreti in meno di una decina d’anni.
Non vorrei sembrarvi pessimista, ma l’idea che la fusione nucleare possa diventare entro tempi brevi una sorgente consolidata di energia economica, pulita e sostanzialmente illimitata (come ripete un mantra caro a molti politici) mi sembra piuttosto azzardata. Spero vivamente di essere smentito, ma non vedo al momento segnali concreti di inversione rispetto ad una tendenza – consolidata ormai da molto tempo – che continua a far slittare ai “prossimi 20 anni” l’orizzonte temporale entro il quale la fusione nucleare diventerà una realtà concreta.
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