Edison costruisce nuovi impianti di pompaggio idroelettrico (e intanto in Trentino pensiamo solo a incassare i soldi delle bollette)

Edison, una società che ha fatto la storia dell’energia idroelettrica in Italia e che attualmente è controllata da Électricité de France ha annunciato un accordo con Webuild per la costruzione di nuovi impianti di pompaggio idroelettrico con l’obiettivo di sviluppare sistemi di accumulo dell’energia per almeno 0,5 MW di potenza. Il progetto prevede – tra l’altro – la ristrutturazione di invasi già esistenti a Pescopagano (PZ) in Basilicata e a Villarosa (EN) in Sicilia dove, oltre a garantire una adeguata capacità di immagazzinamento dell’energia, saranno ottimizzati anche i sistemi di raccolta delle acque destinate ad uso pubblico. Il progetto si integra con lo sviluppo di nuovi impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) che Edison ha programmato di portare dagli attuali 2 GW fino a 5 GW entro il 2030. Nel frattempo, in Trentino sembra che l’unico argomento degno di discussione sia quello della distribuzione degli utili generati dagli impianti idroelettrici, ma nessuno parla di nuovi investimenti.

Quello idroelettrico è considerato da alcuni un settore “stabile e maturo” ovvero un tipo di attività che non richiede investimenti particolarmente onerosi e che consente – ai fortunati gestori degli impianti – di incassare lauti guadagni (a meno che i piani di produzione non siano scompaginati dalla siccità).

Si potrebbe discutere a lungo sulla “maturità” del settore idroelettrico: è infatti vero che oggi è quasi impossibile pensare alla costruzione di nuovi invasi (soprattutto nelle zone montane a forte vocazione turistica), ma ci sarebbe molto da fare per modernizzare alcuni degli impianti esistenti. Tali interventi sono davvero urgenti se si vogliono sfruttare le opportunità generate dalla crescita dei settori eolico e fotovoltaico che sono efficaci fonti di energie rinnovabili, ma sono caratterizzati da una elevata aleatorietà della produzione.

Per ovviare alla variabilità delle produzione di energia elettrica generata da fonti eoliche e fotovoltaiche è necessario inserire nella rete di distribuzione sistemi di accumulo che possano assorbire l’eccesso di energia generata nei momenti di picco della produzione, restituendola quando la domanda di energia supera l’offerta. Per svolgere questa funzione esistono varie tecnologie: le più diffuse sono gli impianti a batteria e quelli a pompaggio/turbinaggio idroelettrico.

Nel primo caso si usano batterie di grandi dimensioni che vengono caricate o scaricate al fine di stabilizzare la rete di distribuzione dell’energia elettrica. Grazie al progressivo calo del costo delle batterie questa tecnologia sta diventando sempre più competitiva, anche se non è adatta per conservare l’energia accumulata oltre un arco di tempo di alcune ore (è perfetta per gestire la fase giorno/notte di una centrale fotovoltaica, ma non funziona bene per tempi più lunghi a causa dei fenomeni di scarica secondaria delle batterie).

L’alternativa più diffusa ai sistemi di accumulo basati su batterie è costituita dai bacini idroelettrici dotati di centrali di pompaggio/turbinaggio. Questi impianti debbono disporre di 2 invasi, uno a monte ed uno a valle della centrale. Quando la richiesta di energia è inferiore alla produzione, l’eccesso di energia disponibile viene utilizzato per pompare l’acqua dal bacino inferiore a quello superiore. Quando si verifica la condizione opposta si inverte la direzione dell’acqua e la turbina (che è lo stesso sistema di pompaggio a cui è stato cambiato il verso di rotazione) produce energia elettrica che viene restituita alla rete.

I sistemi di pompaggio/turbinaggio non sono una novità e sono stati molto sviluppati in passato, soprattutto nel Nord-Italia quando di notte era possibile importare a basso costo dalla Francia l’energia elettrica in eccesso prodotta dalla sue centrali nucleari. In taluni casi i sistemi di pompaggio vengono utilizzati per recuperare l’energia prodotta nei momenti di minor consumo dalle centrali idroelettriche che non dispongono di un bacino di accumulo inferiore.

La novità tecnologica degli anni più recenti è costituita dalla realizzazione di sistemi di pompaggio/turbinaggio che possono essere commutati nel giro di pochi minuti. Questo fornisce ai sistemi di accumulo idroelettrico una elevata flessibilità d’impiego che li rende particolarmente idonei per intervenire nelle operazioni di stabilizzazione delle reti di distribuzione dell’energia elettrica.

In realtà, un sistema di distribuzione ben equilibrato necessità sia dei sistemi di accumulo a batteria che di quelli di tipo idroelettrico (meglio se si tratta di impianti ad elevata flessibilità). Ciò sarà sempre più vero man mano che si estenderà l’utilizzo di sorgenti rinnovabili caratterizzate da una elevata variabilità temporale del livello di produzione.

Il progetto che Edison ha deciso di portare avanti in collaborazione con Webuild si inserisce proprio in questo filone. Webuild è la più grande società di costruzioni italiana ed opera in tutto il mondo. Attualmente sta sviluppando tramite la sua filiale australiana il mega-progetto di pompaggio/turbinaggio Snowy 2.0 che è in fase di costruzione nello Stato del New South Wales in Australia.

Un obiettivo non secondario del progetto portato avanti da Edison è legato alla ottimizzazione di vecchi invasi anche al fine di migliorare la raccolta delle risorse idriche destinate ad alimentare gli acquedotti (ricordo che gli impianti di pompaggio/turbinaggio non consumano acqua perché si limitano a trasferirla tra i 2 bacini). Questo secondo obiettivo non è meno importante rispetto a quello energetico considerando gli storici problemi di siccità che affliggono il Sud del nostro Paese. Le nuove condotte forzate e le centrali saranno tutte sotterranee in modo da ridurre al minimo l’impatto ambientale degli impianti. Complessivamente il progetto attiverà investimenti per circa 1,2 miliardi di Euro.

Ricordo che Edison – una società che ha fatto la storia dell’energia idroelettrica in Italia – non è più italiana ormai da molti anni. Edison è controllata integralmente dalla società transalpina Électricité de France. Se i francesi hanno deciso di investire in Italia vuol dire che hanno valutato che l’operazione produrrà buoni frutti, anche perché potrà avvalersi delle numerose agevolazioni italiane ed europee destinate a sostenere la transizione energetica.

L’annuncio di Edison stride – a mio parere – con il deludente dibattito che attualmente è in corso nel Trentino a proposito della gestione degli impianti idroelettrici provinciali. Pubblico e privato discutono animatamente su chi debba incassare gli utili generati dagli impianti, ma non vedo alcuna discussione sui possibili investimenti che si potrebbero fare per sfruttare tutte le opportunità offerte dalla transizione energetica. Una visione di breve periodo esclusivamente finanziaria sembra prevalere su tutto, mentre latita qualsiasi vera forma di approfondimento rispetto alle prospettive di sviluppo industriale.

Si tratta – a mio avviso – di un modo di agire profondamente sbagliato anche perché se ci occuperemo solo degli aspetti finanziari di breve periodo succederà che prima o poi perderemo anche le concessioni. Se Provincia e Comuni vogliono essere credibili quando reclamano il controllo degli impianti devono occuparsi – prima di tutto – di offrire prospettive industriali credibili, smettendola di chiedere soltanto che “gli utili non siano intaccati“.

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